Translate

venerdì 28 settembre 2018

il mito di Napoleone nell'età della restaurazione

il mito di Napoleone nell'età della restaurazione

I giovani nati al tempo della rivoluzione o di Napoleone furono gli spiriti che maggiormente patirono l'età della restaurazione : per loro l'Imperatore  restava un mito abbagliante  di cui si dovevano accontentare di ricevere una luce riflessa attraverso i ricordi e i racconti dei genitori. Una luminosa stagione di gloria li aveva sfiorati,  ma non raggiunti, e perciò  più grande era la delusione che provavano e insieme l'insoddisfazione  che li angosciava. Il presente  ai loro occhi si presentava piatto e mortificante, non aveva per i loro cuori  nessuna attrattiva non offriva né ideali né sogni né speranze gettandoli nel vuoto opaco  della malinconia  e della noia : la malattia romantica  comincia a insinuarsi negli spiriti  più sensibili  e a tormentarli. Ma l'assenza degli ideali  può spingere gli spiriti desiderosi  di affermarsi ad agire senza scrupoli adattandosi al mutamento dei tempi in una società avida di successo e di guadagni.
Stendhal e De Musset ci hanno lasciato pagine indimenticabili in cui si riflette  lo stato d'animo con cui il mito di Napoleone  è rivissuto nel periodo della restaurazione : ma mentre Stendhal nato nel 1783  aveva preso parte alle campagne d'Italia e di Russia, il più giovane De Musset del 1810, appartiene per formazione ed esperienza diretta ad un periodo culturale e politico successivo. Di qui il diverso atteggiamento dei due scrittori.

giovedì 27 settembre 2018

il cinque maggio - Manzoni

il cinque maggio - Manzoni

La morte di Napoleone riportò alla mente di tutti le imprese dell'imperatore e riaccese le polemiche tra chi ne proclamava la grandezza e chi ne infangava la memoria. Napoleone non è più: attonito commosso  il mondo pensa alla sua ultima ora e si domanderà se nascerà uno spirito altrettanto grande. Il poeta  che ne ha seguito le alterne vicende della vita senza unire la sua alle mille voci  ora servilmente plaudenti  ora codardamente oltraggiose, di fronte alla morte prova un'intensa commozione ed innalza sulla sua tomba  un inno forse immortale. La sua ispirazione non è politica ma intensamente religiosa : i posteri giudicheranno  le imprese e la gloria di Napoleone egli invece si limita a chinarsi a Dio che volle stampare nello spirito di Napoleone un'orma così grande della sua potenza.
Il suo destino infatti non fu comune; egli provò tutto : raggiunse l'inebriante potenza e soffrì il più squallido esilio. Di tutta la vicenda  napoleonica l'umanissima sensibilità del poeta, che con cristiana pietà  si accosta a chi soffre, si sofferma a considerare non il momento della gloria ma il periodo della desolazione nella solitudine di Sant'Elena: la sofferenza che riscatta ogni colpa risveglia il nostro spirito di carità  e ci induce a meditare sul destino umano  e sulla invisibile presenza di Dio  che governa ogni cosa.
Nel silenzio e nell'abbandono di sant'Elena Napoleone trovò la fede: il confronto tra l'esaltante passato  e il desolato presente lo  avrebbe gettato nella disperazione se il pensiero di Dio  non lo avesse consolato aprendogli il cuore: le cose della terra e le sue effimere glorie perdono valore di fronte al cielo perché solo in esso riposa una vera e sicura speranza. Così Dio scese a confortare Napoleone morente  ormai purificato dalla sofferenza e redento dal dolore. Alla sua tomba  dunque gli uomini  devono rivolgersi  con cristiano pensiero  di rispetto e di meditazione.
Dalla umana e terrena vicenda napoleonica esce vittoriosa la Fede trionfatrice sulle glorie e sui dolori  tanto degli uomini comuni quando di quelli spiritualmente più ricchi e perciò più soggetti  secondo il pensiero romantico  all'esaltazione e all'abbattimento.


Opere varie Manzoni 1881-695.1.png


IL CINQUE MAGGIO

ode.
Opere varie Manzoni 1881-695.2.png




Ei fu. Siccome immobile,
Dato il mortal sospiro,
Stette la spoglia immemore
Orba di tanto spiro,
Così percossa, attonita 5
La terra al nunzio sta,

Muta pensando all’ultima
Ora dell’uom fatale;
Nè sa quando una simile
Orma di piè mortale10
La sua cruenta polvere
A calpestar verrà.

Lui folgorante in solio
Vide il mio genio e tacque;
Quando, con vece assidua,15
Cadde, risorse e giacque,
Di mille voci al sonito
Mista la sua non ha:

Vergin di servo encomio
E di codardo oltraggio,20
Sorge or commosso al subito
Sparir di tanto raggio:
E scioglie all’urna un cantico
Che forse non morrà.


Dall’Alpi alle Piramidi,25
Dal Manzanarre al Reno,
Di quel securo il fulmine
Tenea dietro al baleno;
Scoppiò da Scilla al Tanai,
Dall’uno all’altro mar.30

Fu vera gloria? Ai posteri
L’ardua sentenza
: nui
Chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
Del creator suo spirito35
Più vasta orma stampar.

La procellosa e trepida
Gioia d’un gran disegno,
L’ansia d’un cor che indocile
Serve, pensando al regno;40
E il giunge, e tiene un premio
Ch’era follia sperar;

Tutto ei provò: la gloria
Maggior dopo il periglio
,
La fuga e la vittoria,45
 La reggia e il tristo esiglio:
Due volte nella polvere,
Due volte sull’altar.

Ei si nomò: due secoli,
L’un contro l’altro armato,50
Sommessi a lui si volsero,
Come aspettando il fato;
Ei fe’ silenzio, ed arbitro
S’assise in mezzo a lor.

E sparve, e i dì nell’ozio55
Chiuse in sì breve sponda,
Segno d’immensa invidia
E di pietà profonda,
D’inestinguibil odio
E d’indomato amor.60

Come sul capo al naufrago
L’onda s’avvolve e pesa,
L’onda su cui del misero,
Alta pur dianzi e tesa,
Scorrea la vista a scernere65
Prode remote invan;

Tal su quell’alma il cumulo
Delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
Narrar se stesso imprese,70
E sull’eterne pagine
Cadde la stanca man!

Oh quante volte, al tacito
Morir d’un giorno inerte,
Chinati i rai fulminei,75
Le braccia al sen conserte,
Stette, e dei dì che furono
L’assalse il sovvenir!

E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,80
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.

Ahi! forse a tanto strazio85
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò;90

E l’avviò, pei floridi
Sentier della speranza,
Ai campi eterni, al premio
Che i desidéri avanza,
Dov’è silenzio e tenebre95
La gloria che passò.


Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!

Scrivi ancor questo, allegrati;
Chè più superba altezza100
Al disonor del Golgota
Giammai non si chinò.

Tu dalle stanche ceneri
Sperdi ogni ria parola:
Il Dio che atterra e suscita,105
Che affanna e che consola
,
Sulla deserta coltrice
Accanto a lui posò.108



 Nella lirica manzoniana si contrappongono  due interpretazioni  della figura di Napoleone : come mito romantico di personalità d'eccezione e come testimonianza della concezione cristiana della storia.
Ci troviamo di fronte ad un momento epico e ad un momento  riflessivo che di diversificano anche sul piano stilistico.
Il momento epico appare scandito anzitutto da alcuni usi verbali che si ripetono  in successione : l'Ei fu iniziale è ripreso da tutto Ei provò  Ei si nomò ecc.
Intorno a questa linea si dispongono altre strutture ricorrenti : le sequenze di asindeti  da cui sono collegate le serie incalzanti delle imprese ( Dall'Alpi alle piramidi ) la frequenza di costruzioni per iperbato ( Lui folgorante in solio ) le contrapposizioni ( la fuga e la vittoria )
IL punto di svolta dell'ode il passaggio dal momento epico a quello riflessivo  è segnato  da una variazione dell'uso verbale fondamentale : E sparve  e i dì dell'ozio ... d'ora in poi ei scomparve dall'ode, Napoleone  cessa di essere il gigante che incombeva su tutta la storia umana diventa figura elegiaca colta nella sua interiorità ( stette ......; e ripensò ..... ; cadde lo spirto  anelo e disperò). E dopo l'annuncio  sparve, a segnare una pausa  di stacco tra il tmepo incalzante delle vicende epiche e quello fermo della meditazione si colloca l'unica ampia similitudine come sul capo al naufrago ...

il giovine eroe - Foscolo

il giovine eroe - Foscolo

L'entusiasmo di Foscolo per Napoleone venne meno dopo il trattato di Campoformio. Nel 1799 il poeta ripubblicò l'ode Bonaparte liberatore premettendole una lettera nella quale esortava Napoleone a non dimenticarsi la libertà che aveva portato ai popoli  e a meditare che, se l'avesse tradita per diventare un tiranno, il suo nome sarebbe infamato per l'eternità.
Il tormento per la passione politica delusa, anima, come si è visto le Ultime lettere di Jacopo Ortis : in esse si può leggere la pagina ferocemente antinapoleonica che riproduciamo.
Nella lettera del 17 marzo 1798 Jacopo sfoga con asprezza il suo sdegno contro Napoleone. Molti si fidano ancora di lui, ma non Jacopo, cioè Foscolo, il quale non può non diffidare di chi ha rivelato  animo volgare e crudele, ha deluso  con vile astuzia le speranze dei patrioti , ha sottoscritto una costituzione democratica per Venezia pur avendo  già ceduto la città agli Austriaci. Le leggi egoistiche della politica hanno ormai abituato gli uomini  ai vergognosi trattati che vendono i popoli come se fossero branchi di pecore, ma questo  pensiero non può consolare  che ha preso  la patria e ne piange il turpe tradimento. Non si dica che Napoleone è italiano di origine e quindi un giorno aiuterà la sua terra : Napoleone è un tiranno  e i tiranni non hanno patria.
E' una pagina ferma e polemicamente  efficace, ispirata da una sincera passione politica, da un dolente amor patrio e da un profondo risentimento morale.

"Moltissimi intanto si fidano nel Giovin Eroe nato di sangue italiano; nato dove si parla il nostro idioma. Io  da un animo basso e crudele, non m'aspetterò mai cosa utile ed alta per noi. Che importa ch'abbia il vigore e il fremito del leone, se ha la mente volpina, e se ne compiace ?  Sì basso e crudele - né gli epiteti sono esagerati. A che non ha egli venduto Venezia con aperta generosa ferocia ? Selim I che fece scannare sul Nilo  trenta mila guerrieri Circassi  arresisi alla sua fede, e Nadir Schah che nel nostro secolo  trucidò trecento mila indiani, sono più atroci  bensì meno spregevoli. Vidi con gli occhi miei una costituzione democratica postillata dal Giovin Eroe, postillata di mano sua, e mandata  da Passeriano a Venezia perché l'accettasse; e il trattato di Campoformio  era già  più giorni firmato e Venezia era trafficata, e la fiducia che l'Eroe nutriva in noi tutti ha riempito l'Italia di proscrizioni, d'emigrazioni e d'esili. - Non accuso la ragion di stato che vende, come branchi di pecore, le nazioni : così  fu sempre, e così sarà : piango la patria mia,
                                                  che mi fu tolta e il modo ancor m'offende
- Nasce italiano, e soccorrerà  un giorno alla patria : altri sel creda; io risposi e risponderò sempre  :
- la Natura lo ha creato tiranno: e il tiranno non guarda a patria; e non l'ha.

mercoledì 26 settembre 2018

Bonaparte liberatore - Foscolo

Bona parte liberatore - Foscolo

I versi di Foscolo tratti dall'ode Bonaparte liberatore scritta  nel maggio del 1797 e stampata a pubbliche spese per decreto della Giunta di difesa generale della Repubblica cispadana come ricorda l'autore, nell'atmosfera ardente di entusiasmo  suscitato  dalle strepitose vittorie di Napoleone che con la sua prima  campagna in Italia sbaragliò l'esercito sardo costrinse alla resa l'imperatore e dette vita alla Cispadana e ad altre repubbliche democratiche a imitazione della repubblica francese.
In questo periodo e in questa lirica Napoleone appare il campione della libertà contro la tirannide. L'ode esaltazione nello stesso tempo della libertà e di Napoleone ha una struttura nel gusto neoclassico del tempo e riflette la formazione  letteraria del poeta.
Dall'ode piuttosto lunga e pesante riportiamo pochi versi quelli nei quali la raffigurazione di Napoleone, malgrado  l'apparato retorico completamente estraneo al nostro gusto e alla nostra sensibilità, rivela pienamente l'entusiasmo e l'adesione del giovane Foscolo fremente di sincero ardore di libertà  per essa come sappiamo ha già dovuto esulare dall'amata Venezia e allontanarsi dalla adorata madre e dagli amici. Per comprendere meglio il testo si ricordi che nell'ode il poeta si rivolge direttamente alla libertà.

BONAPARTE LIBERATORE


[...]
E guerrier veggo di fiorente alloro
Cinto le bionde chiome
Su cui purpuree tremolando vanno
Candide azzurre piume; egli al tuo nome
Suo brando snuda e abbatte, arde, devasta;
Senno de' suoi corsier governa il morso 
Ardir li 'ncalza e de' marziali il coro
Genj lo irraggia, e dietro lui si stanno
In aer librate con perpetuo corso
Sorte, Vittoria, e Fama.
[...]
Deh ! mira, come flagellata a terra
Italia serva immobilmente giace
Per disperazion fatta secura :
E furor matto e improvida paura
Le movi  intorno di rapace guerra ? [...]
Ma tu, feroce Dea, non badi e passi
E a tuon de' bronzi e al fuminar tremendo
E a l'ululo guerrier perndonsi i carmi.
Cede Sabaudia, e in alto orribilmente
Del tuo giovin Campion splende la lancia;
Tutto trema e si prostra anzi i suoi passi,
E l'Aquila  real fugge stridendo
Ferita ne le penne e ne la pancia.
Gallia intuona  e diffonde
Di libertade il nome
E mare e cielo Libertà risponde :
l'Angel di morte per le imbelli chiome
Squassa ed ostende coronata la testa :
Liberà ! grida a le provincie dome.

sabato 22 settembre 2018

Il mito di Napoleone

Il mito di Napoleone

La figura e l'opera di Napoleone grandeggiato a cavallo tra il XVII e il XIX secolo  : erede della Rivoluzione francese ne diffuse le idee e le conquiste per tutta Europa, sconvolgendo  con la sua presemza e la sua azione l'intero continente. La fine dell'impero napoleonico chiuse un'epoca  di grandiose vicende e di generosi entusiasmi; ma l'Europa non tornò  quella di prima. I germi di un mondo nuovo  erano stati ormai gettati.
L'Europa dei sovrani e dell'assolutismo era tramontata e stava nascendo l'Europa delle nazioni  e della libertà. Oggetto contemporaneamente  di amore e di odio  Napoleone entrò subito nella vicenda : il suo fu il primo mito romantico a investire le coscienze e ad accendere le fantasie con giudizi e sentimenti talora contrastanti, anche in una stessa persona.
Questo ad esempio accadde non solo a Foscolo  ma anche al grande musicista tedesco Beethoven, che nel 1804 aveva concepito una grandiosa sinfonia (la numero 3)  in omaggio al genio di Napoleone  primo console, che gli sembrava incarnasse i suoi ideali di libertà e di democrazia; però  quando Napoleone  si fece incoronare imperatore, Beethoven cancellò la dedica e la sostituì con il titolo  con cui oggi è nota di " sinfonia Eroica , composta per festeggiare il ricordo di un grand'uomo "
A noi qui ora non interessa registrare il dibattito  storico politico che si sviluppò sulla sua opera e che non si è  ancora del tutto  concluso

mercoledì 19 settembre 2018

Aroldo di George Byron

Aroldo di George Byron


Il Pellegrinaggio di Aroldo (1812-1818) è un poema a sfondo autobiografico in strofe di nove versi, nel quale si descrivono i viaggi e le riflessioni di un giovane inglese che, sazio della vita sino allora condotta tra bagordi e turpitudini, lascia volontariamente la patria e vaga tra la penisola iberica la Grecia e l'Italia. Le descrizioni  e le riflessioni  che costituiscono la vera ossatura dell'opera hanno come punto di riferimento  la personalità di Aroldo, marcata dal vizio dalla noia, dall'amore della solitudine, dal dramma segreto che lo tormenta dal gusto dell'esilio volontario dal disprezzo della gente comune cioè dai tipici atteggiamenti romantici  che in lui  si complicano perché in parte sono autentici  e in parte artificiosi in quanto costituiscono una posa studiata del personaggio Byron.
Per la caratterizzazione dell'eroe romantico Aroldo eroe che cerca fuga dagli uomini e dalla realtà decisa nel primo brano per sazietà di piacere interiore scontentezza e nel secondo per incapacità di rapporti umani e conseguente disgusto per i propri simili, indifferenza per tutti e lucida disperazione. Il sentimento potrebbe essere sincero ma la sua rappresentazione caricata ed enfatica e nello stesso tempo compiaciuta ci porta verso una forma di estetismo  cupo e tenebroso. Il linguaggio nel complesso è sostenuto  e costruito retoricamente si sente la volontà di colpire il lettore con una certa aura poetica e una particolare enfasi nel modo di presentare situazioni o di riflettere su atteggiamenti  dello spirito  attraverso vocaboli sintassi  ed immagini ricercate. Siamo lontani dal clima magniloquente di Chyateaubriand, ma ci troviamo sempre in un genere di discorso poetico di consapevole sostenutezza formale che corrisponde al modo di atteggiarsi e di presentarsi del personaggio Byron. Non sarà difficile per il lettore individuare le parole e le immagini che  più marcatamente incidono il profilo interiore del protagonista.

domenica 16 settembre 2018

François- René de Chateaubriand

Chateaubriand  - Renato

François-René  de Chateaubriand (1768-1848)  discende da una antica famiglia aristocratica è la personalità più emblematica dei precursori del romanticismo.
Trascorse l'infanzia solitaria e sognante tra lande e brughiere selvagge di fronte ai flutti dell'Atlantico  a Combourg  e a Saint-Malò dove era nato, sulla costa bretone; allo scoppio della Rivoluzione si recò in America, dove per sette mesi visitò le regioni poco conosciute sulla traccia dei grandi esploratori sino alle terre dei grandi laghi. Tornato in patria nel'93 combatté a fianco degli emigrati e fu quindi costretto ad andare in esilio a Londra, dove visse miseramente.
Amnistiato, ritornò in patria, e ricoprì importanti cariche politiche sotto Napoleone e, durante la Restaurazione sotto i Borboni, ma sempre con un certo spirito di indipendenza che lo portò a gesti clamorosi di rifiuto e di rottura  prima con Napoleone e poi con Luigi Filippo, che rientrano nel gusto un po' troppo  esibizionistico dello scrittore sempre pronto a sfruttare ogni occasione per costruire il proprio personaggio  non solo  per i contemporanei, ma anche per i posteri.
Tutte le sue opere sono profondamente permeate da una sensibilità romantica piuttosto estenuata e morbosamente torbida che si riflette in uno stilo troppo spesso enfatico e ridondante : per questa retorica di fondo tanto il personaggio quanto l'opera  in un certo senso anticipano i languori i turbamenti  e l'esasperato  individualismo della sensibilità decadentistica.
Fu sepolto per suo desiderio  su uno scoglio solitario davanti all'Atlantico presso Saint-Malò.

venerdì 14 settembre 2018

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis

Le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo (1778-1827) possono essere  considerate il primo romanzo italiano moderno. Furono scritte negli ultimi anni del '700 e pubblicate  nel 1802 durante l'esilio londinese ebbero la revisione definitiva. Opera sostanzialmente autobiografica  redatta in forma epistolare secondo l'uso  del tempo, nasconde le passioni e le delusioni di Foscolo sotto la figura del giovane Jacopo Ortis, uno studente che dopo il trattato di Campoformio deve abbandonare Venezia perché sospetto aglio Austriaci per le sue idee liberali e si rifugia su colli Euganei  dove conosce Teresa, infelicemente fidanzata per opportunità familiari se ne innamora e ne è ricambiato; però  come ha dovuto rinunciare al sogno di libertà per la patria, così deve rinunciare al sogno d'amore, e non potendo vivere in schiavitù  e senza Teresa dopo aver peregrinato per città  e regioni italiane  ove il ricordo del passato e la situazione presente alimentando  soprattutto la delusione politica alla notizia delle nozze di Teresa si uccide. le lettere sono indirizzate ad un amico Lorenzo Alderani che dopo la morte  di Jacopo le pubblicherà  per eternare i ricordo dell'infelice giovane.
Alla mente di Foscolo  fu certo presente la tragica vicenda di Werther, ma l'ispirazione delle due opere è profondamente diversa : infatti Werther si uccide solo per disperazione d'amore  mentre Jacopo, erede spirituale di Alfieri  e fremente dell'ardore di libertà, rinuncia alla vita perché incapace di sopravvivere alla duplice delusione politica e sentimentale. Il motivo  politico caratterizza, come vedremo, sin dall'inizio l'opera e ad esso è congiunto il tema della morte : per vivere da liberi e da forti bisogna imparare a poter liberamente e fortemente morire; l'amore di Teresa dapprima dà al giovane la forza di resistere all'obbrobrio della servitù e della viltà degli italiani, ma in seguito , quand'anch'esso con le nozze di Teresa appare definitivamente irrealizzabile, riconferma in Jacopo la convinzione che la vita non ha più senso per che la considera ormai senza valore. Come dice lo stesso Foscolo  commentando i proprio romanzo, nell'Ortis il vero contrasto sta tra la disperazione delle passioni e il naturale amore per la vita : i sentimenti, eccitati in lui dalla giovane che desidera e che non potrà mai sposare  e dalla patria che ha perduto e che inutilmente  anela di vendicare, forniscono  nuove armi ala disperazione superando il normale orrore per la morte. Il suicidio è già scontato  sin dalla prima lettera e non giunge perciò inatteso : come forma di protesta alfieriana e romantica ha un profondo valore spirituale perché nella evidenza della voluta esasperazione dei sentimenti e dei gesti simboleggia una condizione altamente virile e eroica : la vita è bella e amata dagli uomini a patto però che sia vissuta intensamente e in nome di nobili e generosi ideali, perché in caso contrario non è degna di essere chiamata vita.

giovedì 13 settembre 2018

I dolori del giovane Werther

I dolori del giovane Werther

I dolori del giovane Werther riflettono un'esperienza autobiografica di Goethe a ventitré anni: nato a Francoforte sul Meno ne 1749 nel 1772 passò a Wetzlar con l'intenzione, per la verità scarsamente realizzata, di fare pratica presso il tribunale supremo dell'Impero, qui si innamorò della fidanzata di un amico Charlotte Buff alla quale rinunciò con dolore e fatica, trasferendo due anni dopo la storia della propria appassionata e tormentata esperienza nel romanzo che divenne subito famoso. Il romanzo è un romanzo epistolare. La vicenda piuttosto semplice e lineare: Werther ritirandosi  a vivere in campagna, conosce Carlotta, se ne innamora e in seguito viene a sapere che ella è promessa all'onesto, ma arido amico, Alberto  di cui diventerà amico; mentre nel suo cuore cresce la passione anche perché si accorge che il sentimento è ricambiato, Carlotta e Alberto si sposano; vinto dall'impossibilità di realizzare il sogno d'amore e tormentato per il contrasto tra la propria passione e il dovere di non turbare la felicità di Alberto e Carlotta, Werther si uccide.
Werther, secondo le parole dello stesso Goethe, è un giovane dotato di sentimento profondo e puro e di vera penetrazione, facile a smarrirsi  in sogni fantastici e incapace di resistere all'infelice passione che lo travolge: è sostanzialmente un debole che non riesce a trovare la forza di affrontare virilmente la realtà, e solo nella natura prova conforto  e commiserazione ai tormenti del cuore. Erede dello spirito russoviano, sente disgusto per la società e per le sue convenzioni, ma non sa ribellarsi con la decisione e l'empito dei veri rivoluzionari. Il suo stato d'animo di fondo tra gli estremi del luminoso entusiasmo e del cupo abbattimento, un male dello spirito di quelle generazioni che sarà tipico del romanticismo. La descrizione di questo tipo di personalità e al drammatica conclusione del suicidio ( che è da considerarsi una forma di ripiegamento e di rinuncia di fronte alle contraddizioni  e dal dramma dell'esistenza) faranno di Werther un simbolo e in lui si riconosceranno generazioni di giovani.

mercoledì 12 settembre 2018

l'eroe romantico

l'eroe romantico

Il romanticismo, prima ancora di diventare un movimento culturale e letterario, fu uno stato d'animo un sentimento, un modo di atteggiarsi di fronte alla vita e alla società.
Le caratteristiche dell'eroe romantico non presentano grandi variazioni da opera a opera, anche se ciascuno di essi ha una sua nota e un suo motivo particolare : quello che soprattutto li distingue l'uno dall'altro è la peculiarità del linguaggio con cui ciascuno scrittore costruisce il suo personaggio, lo stile con cui gli dà vita e ne determina il profilo e l'atmosfera che lo circonda.
L'eroe romantico è interiormente tormentato da un dramma che spesso non ha nome e che non può trovare soluzione se non nella morte : il tormento interiore lo spinge fuori dalla società nel seno accogliente  della natura, ma la solitudine genera malinconia, noia, vuoto. Dall'avversità del destino, dall'incomprensione  degli altri e dall'innata irrequieta scontentezza derivano spesso uno spirito torvo di ribellione uno stato di acuta sofferenza, un angoscia sorda e mortale, ma il tormento non di rado è accompagnato da una sorta di dolce voluttà del dolore, da un compiacimento morboso per la propria condizione di vittima. Il paesaggio in cui l'eroe romantico lamenta tra le lacrime la sua sorte infelice è selvaggio cupo e tempestoso : una perfetta rispondenza di toni ne fa l'uno lo specchio dell'altro.
Il primo eroe romantico è Werther (1774) nel quale Goethe trascrive trepidamente la tragica vicenda d'amore dal momento idillico della nascente passione al  momento drammatico del distacco. Werther, a cui ispirarono consciamente o inconsciamente tutte le opere successive fu un vero e proprio modello non solo di letteratura  ma anche di vita.
In  Jacopo Ortis (1802) di Foscolo al dramma dell'amore impossibile si aggiunge il dramma più virile eroico della passione politica delusa e mortificata dall'altrui tradimento e dall'ignavia degli italiani.
Renato (1802) di Chateaubriand, sentendosi estraneo al proprio paese e alla civiltà in cui è nato, porta la sua sofferenza e la sua irrequietudine nell'inconsueta atmosfera di lussureggianti paesaggi esotici che meglio rispondono al bisogno di uno spirito sradicato dal mondo.
Più torbido e mosso, Aroldo (1812) di Byron sfoga il disprezzo per gli uomini e la ribellione alla società con la fuga e l'evasione in paesi stranieri; ma il lungo errare non placa la solitudine che gli pesa nell'animo e il tormento che lo travaglia.
A questi eroi, che in parte precedono l'elaborazione delle teorie romantiche e la costituzione di vere e proprie scuole e correnti poetiche nei vari paesi europei, se ne aggiungeranno altri come Adolfo (1816) di Benjamin Constant, Adelchi (1822) di Manzoni, Eugenio Oneghin (1823-31) di Aleksàndr Puskin. Da questi personaggi deriveranno altre figure che però ci sembrano ormai estranee all'area romantica, anche se  ne conservano tratti caratteristici.
Ancora un'osservazione : accanto all'eroe romantico e alla sua languida malattia dell'anima negli stessi anni un'altra figura accese al fantasia e il sentimento : Napoleone, un eroe in più di una generazione di giovani.

Vittorio Alfieri

Vittorio Alfieri

Vittorio Alfieri (1749-1803) è la personalità più "europea" del settecento  italiano. Nato ad Asti da una famiglia nobile, dopo una lunga serie di viaggi attraverso Italia, Francia, Inghilterra, Olanda, Prussia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Russia, Spagna e Portogallo, consumati parte da avventure e dissipatezze, parte in contatti umani e culturali e in osservazioni e meditazioni che lasciarono il segno nello spirito inquieto, abbandonò il Piemonte  troppo angusto e retrivo per la sua personalità singolarmente vivace e irruente, e si  trasferì in Toscana  dedicandosi totalmente allo studio e alla letteratura. Scoperta una nativa vocazione per il teatro, compose diciannove tragedie (tra le più note ricordiamo il Saul e La Mirra), che pubblicò a Parigi, dove allora si trovava, nel 1789, l'anno della Rivoluzione. A causa degli eccessi rivoluzionari ne fuggì  non senza rischi e difficoltà e ritornò a Firenze, dove più tardi morì e dove fu sepolto nella chiesa di Santa Croce.
Pur vivendo nella seconda metà del Settecento, Alfieri ha una sensibilità già apertamente romantica. Dagli illuministi derivò l'amore per la libertà e l'odio per ogni forma di tirannide, la coscienza della missione civile della letteratura, la polemica contro ogni sopruso e ogni limitazione; ma dell'illuminismo gli mancò soprattutto la fede illimitata nella ragione. Il suo spirito, animato e tormentato da un senso altamente tragico dell'esistenza, fu  caratterizzato da intensa e calda passionalità, prorompente e orgogliosa individualità viva commozione di fronte agli spettacoli o grandiosi o orridi della natura, cupo pessimismo amor patrio e coscienza nazionale.
L'ardore di libertà e l'odio per la tirannide fremono in tutte le sue opere, particolarmente nelle tragedie, classiche  per la forma ma già romantiche per l'ispirazione, dove questi sentimenti si evidenziano nei personaggi contrapposti della vittima e del tiranno in un clima drammatico teso e concitato : ma ciascuno dei personaggi è intimamente tormentato da un conflitto interiore che ne lacera l'animo e lo chiude in una cupa solitudine. In una produzione alfieriana vive in effetti sempre lo stesso personaggio tragico, che avverte drammaticamente tutte le limitazioni che gli eventi, le situazioni o la società pongono al suo spirito : l'ansia di essere se stesso e il bisogno di libertà fanno sì che egli si ritragga fremente entro se stesso, in una solitudine cupa e scontrosa.
Questo eterno personaggio è anche presente nelle pagine autobiografiche della Vita una autobiografia più del mondo interiore che delle vicende esteriori, da dove abbiamo tratto un breve squarcio significativo, che ci descrive nello stesso tempo un paesaggio inconsueto e grandioso e i sentimenti che esso suscita. Nella distesa ghiacciata del Baltico Alfieri trova una forza ostile che, opponendoglisi con tutta la sua maestosa e solenne imponenza, ne suscita l'ardore pugnace e un titanico empito di lotta. Tra gli uomini e la natura si scatena una sorda e affascinante battaglia in essa lo scrittore  ritrova l'energia che anima gli uomini liberi contro i tiranni, e fremente vi si immerge. Anche contro i ghiacci l'unico rimedio sarà un'arma, l'eterna vendicatrice e punitrice di soprusi e violenze, un'ascia che egli brandisce come i suoi personaggi brandiscono un pugnale contro il tiranno.
La prosa alfieriana rivela l'educazione classica e la tormentosa ricerca di uno stile personale  ed è caratterizzata da un ritmo rapido senza soste né interruzioni pienamente rispondente alla tensione interiore dello scrittore.

martedì 11 settembre 2018

Jean Jacques Rousseau

Jean Jacques Rousseau

Jean Jacques Rousseau ha un posto tutto particolare nella cultura del settecento. Nato da una umile famiglia a Ginevra nel 1712 e morto in povertà a Parigi nel 1778, ebbe una vita piuttosto travagliata non solo esteriormente per i continui spostamenti  tra la nativa Svizzera e la Francia, ma anche interiormente come dimostra il passaggio dal protestantesimo al cattolicesimo e il ritorno al protestantesimo. Nella battagliata contro l'assolutismo Rousseau rifiuta in modo energico la sovranità ai re sostenendo che essa appartiene soltanto al popolo: di qui il particolare significato sociale del suo concetto di democrazia che a ogni altro valore antepone la libertà e l'uguaglianza di tutti i cittadini.
Per Rousseau l'uomo è per natura buono, ma la civiltà lo guasta e ne provoca la decadenza : la società  dunque con i suoi pregiudizi e le sue ingiustizie  è la causa della corruzione  e delle sventure umane. Bisogna perciò ritornare allo stato in natura in tutti i campi da quello educativo illustrato nell'Emilio (1762). Anche l'opera letteraria di Rousseau ne riflette il pensiero : ad esempio nel romanzo epistolare La Nuova Eloisa (1761) l'amore è contrastato dai pregiudizi sociali, ai quali  si oppone l'esaltazione della rinuncia e della vita semplice e virtuosa. L'opera più tipicamente russoviana sono però Le Confessioni  (iniziate nel '66 pubblicate postume nel '82-'89) nelle quali lo scrittore  sviluppa con più diretta passionalità l'indagine dei sentimenti, il contrasto tra l'individuo e la società, il fascino della natura, il bisogno di solitudine, l'ansia di pace e di serenità interiore.
Come si vede in Rousseau la voce del sentimento  è più importante del richiamo della ragione : per questo  la figura anticipa la sensibilità romantica, soprattutto  per l'amore appassionato della natura, nel cui seno può trovare pace l'animo tormentato dell'uomo.

Gotthold Ephraim Lessing

Gotthold Ephraim Lessing

La battaglia illuministica contro le forme antiquate del pensiero e le strutture oppressive degli stati assoluti in nome di un totale rinnovamento della vita culturale, politica e sociale trova la forma più alta di espressione e di equilibrio in Gotthold Ephraim Lessing (1729-81) , vissuto a più riprese nella città natale di Berlino al tempo di Federico II, il sovrano illuminato amico e amministratore di Voltaire, in un periodo di grande fervore intellettuale, ma anche di guerre (quella dei sette anni) di contrasti di incomprensioni.
Lessing amò la verità però non come possesso sicuro e immutabile, ma come ricerca ininterrotta, perennemente insoddisfatta. Diceva che se Fio gli avesse offerto la verità chiusa nella mano destra e nella sinistra solo l'esigenza di ricercarla anche a prezzo di continui errori, egli avrebbe scelto il dono della mano sinistra perché la pura verità appartiene solo a Dio . Quello che conta no è dunque il possesso della verità, ma il bisogno di essa, la sincerità e la fede con le quali si va costantemente alla ricerca, e una coerente pratica di vita. In un'età in cui si venerò la ragione, ma ci si comportò spesso con incomprensione e intolleranza nei confronti di avversari e nemici (basterà  ricordare la durezza di certe polemiche e gli eccessi del Terrore per altro comprensibili nel clima della Rivoluzione) Lessing predicò la tolleranza e la fiducia nella ragione e nel conseguente progresso della civiltà umana, che si può ottenere se gli uomini hanno la forza di comprendersi e di operare in un clima di reciproco amore e rispetto. Questi principi  valgono anche per la religione, che pure aveva diviso spesso anche crudamente nei secoli  gli uomini per la differenza delle fedi.
Nel Nathan il saggio Lessing riprende con altro spirito una novella del Boccaccio : il Saladino chiede all'ebreo Nathan quale delle tre religioni l'ebraica, la cristiana e la mussulmana sia vera, e Nathan con una parabola gli dimostra che non è possibile saperlo, mentre è possibile giudicare la validità dei principi dai buoni risultati che ne conseguono nella vita pratica. Ogni religione dunque vale per la morale a cui ha saputo dar vita ed ogni uomo deve essere giudicato no per la religione (o per i principi ) che professa, ma per il suo modo di comportarsi e di operare, con spirito di giustizia  e di bontà per tutti. Al di sopra delle confessioni religiose Lessing auspica quella religione terrena e laica, feconda di civiltà e di progresso che è la religione dell'umanità e che soltanto la fede nella ragione e a ricerca della verità possono farci raggiungere. In questo consiste la novità e la perennità del suo insegnamento.
Il teatro di Lessing che fu in particolare nel Nathan il saggio  un mezzo efficace  per dibattere e diffondere delle idee. Attraverso il dialogo noi assistiamo alla progressiva conquista e affermazione di una verità : infatti i due interlocutori rendono concreto in tutti i suoi aspetti e momenti il procedimento  razionale per affrontare il problema della religione. Dal dubbio sulla verità si passa alla scelta della parabola come approccio figurato a giungere alla soluzione superando obiezioni e osservazioni fino al convincimento concretamente espresso dal Saladino.

lunedì 10 settembre 2018

Giuseppe Parini

Giuseppe Parini

Giuseppe Parini (1729-1799) è la figura più importante della cultura milanese della seconda metà del Settecento. Di umili origini, fu avviato alla carriera ecclesiastica più per il bisogno  che per vocazione : secondo l'usanza del tempo fece il precettore presso una famiglia di nobili, i fuchi Serbelloni, che abbandonò dopo aver preso le difese di una cameriera schiaffeggiata dalla duchessa. Visse i dignitosa povertà dando prova di non comune dirittura morale e libertà spirituale, che gli procurarono incarichi pubblici tanto dal governo austriaco di Maria Teresa, la sovrana "illuminata" della Lombardia, quanto dalla nuova municipalità insediatasi dopo l'arrivo  dei Francesi di Napoleone a Milan. Nella sua personalità  moralmente integerrima  convivono principi  cristiani e gli ideali illuministici  e rivoluzionari che informarono la sua vita facendone un esempio di serietà morale  e di impegno civile e sociale. L'origine contadina e il contatto con la classe nobiliare prima e con le esasperazioni e le intransigenze dei rivoluzionari poi gli fecero sognare una forma di società in cui non ci fossero più ingiustizie ne soprusi, dove il rispetto e la tolleranza si fondessero con l'amore del prossimo  e la ricerca della verità, del bene e dell'utile per tutti  e dove su tutto dominassero comprensione e senso del dovere, moderazione ed equilibrio.
La sua opera principale è Il Giorno, un poemetto in quattro parti ( le prime due uscirono rispettivamente nel '63  e nel '65 e le ultime nel 1801, postume), nel quale il poeta  si prefigge lo scopo di correggere i difetti e i vizi dell'aristocrazia a lui ben noti per conoscenza personale; ma invece di combatterli  apertamente e direttamente egli usa l'arma più sottile dell'ironia : spesso il sorriso  tempera la durezza della condanna e non suscita mai l'odio  o la violenza che caratterizzano invece la rivoluzione francese.
In lui  i principi illuministici e rivoluzionari furono infatti  temperati dallo spirito di carità proprio del cristianesimo.
Fingendosi precettore di un "giovin signore" lo accompagna attraverso le sue futili e frivole attività : la descrizione della giornata oziosa e vuota dell'aggraziato bellimbusto richiama alla mente per contrapposto la dura fatica del contadino e dell'artigiano : implicitamente  il poeta traccia una netta demarcazione tra due forme antitetiche di vita  separando  nettamente i due mondi opposti  dell'aggraziata ma parassitaria nobiltà del popolo condannato a una disumana fatica. Ne emerge  l'ideale di una società più giusta dove l'uguaglianza proclamata dagli illuministi si fonde con l'amore predicato dal cristianesimo.
Il ridicolo  accompagna costantemente il giovin signore  e suscita di riflesso  la reazione morale del lettore; nei momenti di più grave tensione l'ironia si inasprisce nei toni più duri  del sarcasmo e dell'aperta condanna.
Al mondo aristocratico  satireggiato nel Giorno fa da contrappeso la celebrazione dei valori che dovrebbero informare la nuova società  e che il poeta illustra nelle Odi (1757-70), dove sono ripresi liricamente i programmi di rinnovamento materiale e spirituale per i quali Parini si batté.
La poesia del Parini formalmente rientra nel clima della cultura classicistica del tempo. L'armonia che caratterizza lo stile classicheggiante e ne informa le strutture del discorso esprime compiutamente l'equilibrio interiore he anima la personalità e il programma civile e sociale del Parini; e nello stesso tempo l'aulicità preziosa e solenne del linguaggio usata per descrivere un mondo così vuoto e misero pur nella sua grandiosità esteriore si rivela la forma più adatta a sottolinearne, accentuandola la pochezza interiore.
Il Giorno rientra negli schemi classicistici dei generi letterari per il suo contenuto didascalico e per il suo carattere satirico può essere  considerato un poema didascalico-satirico  in quanto il poeta, sotto le vesti di un precettore, finge di dare ai giovani nobili gli insegnamenti  necessari per muoversi nel bel mondo aristocratico mentre in effetti investe quel mondo con la sua ironia satireggiandolo e condannandolo senza riserve, soprattutto, come si è già detto, attraverso l'uso sapiente del linguaggio aulico e altisonante della tradizione classica.
Usando questa particolare forma di espressione il poeta evidenzia il suo atteggiamento spirituale : con la sua diversità di tono serio nella prima parte ironico nella seconda il Parini contrappone il mondo della gente comune al mondo aristocratico sottolineandone le differenze materiale e spirituali e riversando tutta la sua simpatia sugli umili.

domenica 9 settembre 2018

letteratura - il romanzo fillosofico

letteratura - il romanzo filosofico

Il conte philosophique o racconto filosofico  è un genere letterario che si adatta perfettamente alla mentalità e al gusto razionalistico dell'illuminismo. L'invenzione fantastica, sempre lucida e controllata, riesce a smontare una tesi filosofica o a illuminare gli aspetti oscuri o contraddittori di una situazione politica, sociale o, più semplicemente, umana, trascinando il lettore attraverso l'evidenza, la vivacità e la chiarezza del racconto ad accogliere la verità che lo scrittore-filosofo gli vuole mostrare. Lo spirito del conte philosophique  è lo spirito polemico del pamphlet, del libello satirico che alterna il sorriso all'accusa violenta e spregiudicata.
Maestro nel pamphlet fu l'inglese Swift, del quale bisognerebbe leggere la "proposta ragionevole per evitare che  i bambini degli irlandesi siano peso ai loro genitori ed al paese, e per renderli uniti al pubblico" : per denunciare in modo più vigoroso e incisivo la politica inglese responsabile della morte per stenti di tanti poveri bambini irlandesi lo scrittore sostiene sarcasticamente la proposta di allevare i bimbi irlandesi per venderli ai nobili e ai ricchi inglesi che con le loro tenere carni si preparino piatti prelibati per i loro pranzi succulenti.
Maestri nel conte philosophique furono  i francesi : di Voltaire ricordiamo  oltre a Candido  o l'ottimismo, Zadig o il destino ( Zadig, virtuoso e saggio siccome il destino gli si accanisce contro  togliendogli quando si è conquistato con i suoi meriti, dubita che il destino aiuti solo i malvagi a danno dei buoni, finchè un eremita gli dimostra che sulla terra i caso non esiste ma tutto è prova ovvero punizione o ricompensa o previdenza)e Micromegas( il protagonista un abitante della stella Sirio, deride la vecchia credenza che l'uomo sia il centro e il fine dell'universo), e di Diderot La religiosa (l'opera condanna la forzata vita calustrale e può essere utilmente confrontata con le pagine dei Promessi Sposi  relative alla monaca di Monza), Il nipote di Rameau ( denunzia della morale esclusivamente utilitaristica) e Giacomo il fatalista( polemica contro la filosofia deterministica, secondo la quale quanto accade all'uomo sulla terra deriva non dalla sua volontà, ma da Dio o dal caso).
Ripreso da Italo Calvino nei tre romanzi allegorici riuniti sotto il titolo I nostri antenati, scritti tra il '52 e il '59  più per passatempo, come rivela l'autore, che per approfondimento filosofico, bisogno semmai maturato durante la stesura delle tre singolari storie : si tratta del Conte Dimezzato ( l'uomo è spiritualmente dimezzato, mutilato, incompleto, nemico a se stesso), del Barone rampante (per sentirsi veramente  con gli altri bisogna essere separati dagli altri, perché solo  chi sa contenere e disciplinare le sue esigenze e i propri desideri si realizza pienamente) ed Cavaliere inesistente (il problema più angoscioso del mostro tempo no è ormai più la perdita di una parte di se stessi ma il non esserci per nulla). Le tre operette mostrano dunque al di là dell'interesse per la bizzarria e la vivacità della narrazione, un fondo amaro di riflessione.
Ai contes philosophique si ispira anche Leonardo Sciascia particolarmente sensibile ai problemi della società  e animato da un severo impegno civile : i suoi romanzi  e le sule ricostruzioni storiche che riflettono sul fenomeno della mafia e sulla decomposizione della società civile ( Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Morte dell'inquisitore, Il contesto, Toto modo)  fanno pensare ai pamphlet illuministici, ai quali  direttamente rimanda il Candido ( del '77), un apologo contro gli intellettuali  progressisti che vorrebbero confondere tra loro le esigenza del cattolicesimo e del comunismo

venerdì 7 settembre 2018

Voltaire

Voltaire

Voltaire (1694-1778) il cui vero nome fu François-Marie Arouet è la figura più rappresentativa dell'Illuminismo. Per il suo atteggiamento irriverente contro la nobiltà parigina fu rinchiuso due volte nel carcere della Bastiglia e costretto all'esilio in Inghilterra, dove respirò il clima di una società culturalmente aperta e viva e politicamente libera e democratica, che, al suo ritorno, descrisse e fece conoscere in patria.
Dopo un breve soggiorno in Prussia, alla corte di Federico II trascorse in Svizzera gli ultimi vent'anni, riverito e ricercato dai più begli ingegni del tempo. Conobbe le personalità più consapevolmente e seriamente impegnate per il rinnovamento culturale e politico della società. Alla giovanile preparazione umanistica affiancò interessi e studi scientifici;  le sue opere spaziano in tutti i campi, dalla letteratura alla storia, dalla filosofia alla politica, e contribuirono a diffondere le nuove idee di rinnovamento  del pensiero e delle strutture della società.
L'opera più brillante di Voltaire è Candido (1759 ), un romanzo filosofico, nel quale lo scrittore si propone di deridere il facile ottimismo della filosofia del suo tempo che considerava il nostro il migliore dei mondi possibili.
Il giovane Candido vive in Westfalia nel castello del barone Tunder-ten-Tronckh dove ascolta le lezioni del precettore Pangloss, sostenitore del principio che noi viviamo nei migliore dei mondi possibili. La vita però sarà per lui un seguito di disavventure. Innamoratosi della figlia del barone Cunegonda è cacciato dal castello ed è costretto ad arruolarsi nell'esercito del re dei Bulgari, famoso per la sua ferrea disciplina. Fuggito in Olanda, ritrova Pangloss, sempre e malgrado tutto ottimista, che gli narra la strage compiuta dai Bulgari nel castello; insieme, grazie a un anabattista, raggiungono Lisbona, dove sopravvivono al terremoto e alla condanna a morta pronunciata dal tribunale dell'Inquisizione. Con l'aiuto di Cunegonda, fortunosamente salvatasi dal massacro dei Bulgari, si rifugia in Paraguay nello stato comunistico fondato e diretto dai Gesuiti, ma anche qui deve scappare e passa nell'Eldorado col fedele servo Cacambo, un ex galeotto. Qui raccoglie immensi tesori, torna in Europa e finisce a Costantinopoli dove con la ritrovata Cunegonda, con Pangloss scampato miracolosamente alla forca, e con gli altri amici decide di far vita in comune E pangloss conclude che se tutte le disavventure pallate li hanno portati a vivere insieme serenamente e felici, questo prova la sua tesi ottimistica.
La condanna delle tesi ottimistiche che "tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili" traspare dalla stessa trama; ma dietro le mirabolanti vicende di Candido rivive l'età travagliata della Guerra dei Sette anni, il luttuoso evento del terremoto di Lisbona, le colonie comunistiche e teocratiche dei Gesuiti in Paraguay, le terribili sentenze dell'Inquisizione, la ferrea e disumana disciplina dell'esercito prussiano (facilmente riconoscibile nelle spietate truppe bulgare), il miraggio delle ricchezze nelle terre del mitico Eldorado. Il racconto, pur nella sua boriosa e scanzonata vivacità ha un fondo amaro e pensoso, che fa riflettere sulla vera natura dell'uomo e della sua esistenza : solo la lucidità  della ragione e la saggezza che ne deriva possono guidare e sorreggere attraverso gli ostacoli opposti dalla forza delle cose, da leggi assurde, pregiudizi insensati, feroci contrasti di religione, istituzioni politiche e sociali che invece di promuovere la libertà umana la soffocano abbruttendo l'individuo.
La descrizione dell'Eldorado rimanda alla contrapposizione all'Europa, di cui si condanna, dietro il velo trasparente dell'ironia, la sfrenata avidità di ricchezze, il disinteresse dei governi per il bene dei popoli, l'alterigia e l'irraggiungibilità dei sovrani ; parallelamente si auspica un mondo di uomini liberi, onesti, rispettosi dei diritti altrui, amanti delle scienze e delle arti , del bello e dell'utile.

Jonathan Swift

Jonathan Swift

Jonathan Swift (1667-1745) nacque a Dublino a una famiglia inglese. Visse a Londra dove partecipò attivamente alla vita politica, e a Dublino dov'era decano della cattedrale. Ebbe un'esistenza dolorosa e travagliata : dopo un'infanzia sostanzialmente priva degli affetti  famigliari fu tormentato quasi ininterrottamente da un male misterioso implacabile, e trascorse la vecchiaia nella sordità e, ultimamente nella follia. Personalità prepotente e aliena dal compromesso, chiusa nella rigidità e nell'intolleranza, incapace di accogliere il punto di vista degli altri, sostanzialmente cupo e pessimista, lottò ogni forma di ingiustizia, di stupidità, di debolezza; fu un polemista feroce di un sarcasmo amaro e violento , e un grande giudice aspro e rigido dei suoi contemporanei e dell'uomo in generale.
La sua opera più nota sono I viaggi di Gulliver (1720-26), un libro che per tradizione appartiene alla letteratura infantile, ma che non è affatto un'opera per ragazzi. Attraverso le avventure del protagonista tra i nani dell'isola di Lilliput, i giganti di Bodingnag, nell'isola volante di Laputa e nel paese dei cavalli sapienti  lo scrittore denuncia colpe e vizi della società contemporanea, colpendo con la sua satira implacabile i partiti politici, la corte, le sette religiose, i filosofi, gli scienziati , gli inventori, i corruttori d'ogni tempo  e d'ogni luogo  che hanno procurato all'umanità ogni sorta idi malanni, di lutti  e di guerre. Nella prime due parti il racconto è illuminato dalla fantasia che portando il protagonista dal mondo minuscolo  dei lillipuziani (ove tutto, dalla pompa della corte imperiale alle imprese militari, diventa grottesco)  a quello smisurato dei giganti ( dove l'uomo  rimpicciolito all'estremo rivela la sua sostanziale debolezza e fragilità) riesce  a ridurre a più giusta misura e prospettiva  l'umanità spogliandone ogni vana illusione; nelle  due restanti parti  il tono diventa  più acre e risentito, il sorriso si spegne e la vita umana si rivela  non solo priva di saggezza e di felicità, ma addirittura ripugnante e bestiale, come  appare dal confronto tra i cavalli sapienti e i disgustosi Yohoo, a cui gli uomini tanto assomigliano.
La polemica dello Swift è ovviamente diretta contro gli inglesi, ma coinvolge l'intera umanità  del suo e di ogni tempo.
 La caratteristica dell'opera consiste nella capacità di trasferire in un mondo immaginario il mondo reale. L'avvio del racconto è realistico : Gulliver parte per un viaggio, la nave fa naufragio ed egli s'avventura in un paese sconosciuto; qui tutto è descritto con franco piglio realistico anche se si tratta di personaggi  e di situazioni irreali che fanno pensare alla moderna fantascienza ; l'avventura poi si conclude con il ritorno in patria nel seno della famiglia, per riprendere  poco dopo con un altro viaggio, un altro naufragio e nuove fantastiche vicende. Il tono realistico della narrazione dà concretezza alla vera sostanza del romanzo , che non è , come sembrerebbe, la vicenda, ma la satira contro le istituzioni umane e le correlativa aspirazione a un nuovo tipo di società da realizzarsi  attraverso proposte dettate dalla ragione ma sostanzialmente utopistiche.
I romanzo quindi deve esser letto seguendo i due piani paralleli del racconto fantastico e della polemica puntuale e concreta. Così nel brano che segue la linearità della esposizione con i suoi periodi di particolare brevità e chiarezza consente di cogliere nello stesso tempo  la descrizione degli straordinari spettacoli della corte imperiale di Lilliput e la satira contro la corruzione della corte e della vita politica inglese, dominante dall'ambizione e dalla brama di onori: quei nanetti così pieni di sussiego e pur fragilissimi sono l'amara caricatura degli inglesi che invece si ritengono tanto potenti e importanti. In particolare la satira vuole colpire il primo ministro Whigs Roberto Walpole  ( celato sotto il nome di Flimnap) e la sua abilità , moralmente riprovevole, nel mantenere il potere con una politica spericolata e corrotta di compromessi, concessioni e voltafaccia di ogni genere. Allo stesso partito whigs, allora al governo, appartiene anche il ministro celato sotto il nome di Reldresal, di cui qui non importa scoprire l'identità, come non importa chiarire tutte le successive allusioni ad episodi della vita politica inglese del tempo : basta coglierne la violenta carica satirica e polemica.
Leggendo più attentamente tra le righe appare la condanna del mondo politico contemporaneo non solo inglese, e l'ideale di una società in cui dovrebbero trionfare onestà, capacità e competenza, lealtà interesse e senso del dovere.

giovedì 6 settembre 2018

settecento in Europa

settecento in Europa

Scoperte scientifiche e conseguenti applicazioni tecniche rivoluzionano la vita economica facendola passare da una struttura agricola e artigianale a una struttura capitalistica e industriale; grazie al suo progressivo sviluppo in tutti i campi la borghesia gradualmente scalza dalle posizioni di privilegio sino allora godute il clero e l'aristocrazia su cui si fondava il potere assoluto dei sovrani. L'ascesa dell'intraprendente borghesia intellettuale e mercantile prepara così alla fine dei regimi assoluti : la rivoluzione americana del 1776-83 e la rivoluzione francese del 1789  sono la conclusione di questo lungo processo di trasformazione e l'inizio  di una nuova società civile.
L'Inghilterra è il primo paese a conoscere l'esigenza del rinnovamento. La cultura inglese del tempo ha carattere sostanzialmente pratico e razionalistico: per promuovere lo sviluppo della società  si rifiuta di accettare come dogma indiscutibile quanto la tradizione e l'autorità continuano a imporre e si affrontano i problemi della vita e della realtà basandosi esclusivamente sulla forza della ragione.
Questa mentalità razionalistica dell'Inghilterra si diffonde nei più importanti paesi europei, dove la situazione politica economica e sociale non presenta grosse diversità e dove la borghesia anela ad emanciparsi  dalle classi e dalle strutture tradizionali che inceppano il progresso e mortificano l'individuo nella sua autonoma capacità di pensare e di vivere liberamente.
I paesi  dove l'esempio  inglese è maggiormente  seguito sono la Francia, l'Austria, la Prussia e la Russia, ma con notevoli diversità tra loro.
La Francia darà il maggior contributo al fervore di ricerche e di iniziative che rivoluzionano il modo di pensare e di affrontare problemi economici  politici filosofici culturali e pratici di ogni genere e culminano nell'Enciclopedia ( il primo volume è del 1751, l'ultimo del '72), la grandiosa opera destinata a diventare il più importante veicolo di diffusione e di divulgazione delle nuove idee; ma questo grandioso movimento che prende il nome di illuminismo (dalla fiducia nel "lumi" della ragione che permettono all'uovo di vincere le tenebre dell'ignoranza e del pregiudizio e di rinnovare le strutture sociali per un'effettiva liberazione degli individui e un reale progresso della società) corrisponde a una ostinata difesa dei secolari privilegi, e questo atteggiamento negativo provocherà lo scoppio della rivoluzione. Invece in Austria, Prussia  e Russia il processo di rinnovamento promosso dall'Illuminismo trova u insperato consenso in sovrani particolarmente "illuminati" ( Maria Teresa e Giuseppe II d'Austria, Federico II di Prussia e Caterina II di Russia)  che favoriscono nei propri stati la diffusione dei principi rinnovatori e si fanno essi stessi promotori dei coraggiose riforme economiche e amministrative. Fino allo scoppio della rivoluzione francese i principali paesi europei conoscono un fervore di opere e di iniziative culturali  e pratiche di ogni genere un più alacre pulsare di attività intellettuali, una vivace circolazione di idee, di dibattiti, di proposte.
Anche la letteratura assume gli stessi caratteri esprime le stesse esigenze e rivela lo stesso atteggiamento critico nei confronti della società. Inghilterra e Grancia  attraversano nel settecento due straordinarie stagioni letterarie di importanza veramente eccezionale. In Inghilterra il fervore del dibattito politico si manifesta non solo nella polemica, nella satira e nell'invettiva, ma anche nella saggistica e nel giornalismo che contribuisce a formare  e a diffondere la così' detta pubblica opinione , mentre il romanzo in modo più disteso ma non meno incisivo riflette gli aspetti  più significativi della vita e della società criticandone indirettamente gli aspetti negativi. Tutti i più grandi scrittori del tempo da Defoe (autore del Robinson Crusoe ) a Swift ( autore dei Viaggi di Gulliver) si trovano coinvolti  nelle polemiche tra i partiti Whigs e tories che dominano la vita politica e furono dei grandi giornalisti: le loro opere narrative  anche le più fantastiche ed immaginarie, come le avventure di Robinson Crusoe  e di Gulliver, nascono dalla concretezza della vita reale e dei suoi più scottanti problemi , e vanno perciò lette tenendo d'occhio  tutti i riferimenti aperti o sottintesi a persone e situazioni del mondo contemporaneo.
In Francia l'illuminismo sposta il centro degli interessi culturali dalla corte ai "salotti"  dove i più aperti rappresentanti della nobiltà discutono accanto ai rappresentanti della borghesi a innovatrice. Il " secolo dei lumi " come fu chiamato questo periodo, vide figure di letterati-pensatori di grande spicco : Voltaire, scintillante, arguto  e mondano , più di ogni altro contribuì a demolire vecchi miti e a diffondere  per tutta l'Europa  l'Illuminismo, Diderot diresse L'Enciclopedia, raccogliendo attorno ad essa i più vivaci ingegni contemporanei, Rousseau, campione della democrazia diretta (opposta alla democrazia parlamentare  teorizzata da Montesquieu sul modello inglese) celebrò acanto alla fiducia nella ragione, la necessità del ritorno alla natura e al sentimento per riportare l'uomo e al società alle origini  e correggere in tal modo i guasti della civiltà. Anche in Francia il romanzo riflette la società e i suoi problemi e, con Voltaire e Diderot, propone un genere nuovo, il così detto  conte philosophique  o romanzo filosofico  che, sotto forma di narrazione fantastica, vuole  affrontare e discutere problemi di carattere filosofico.
La diffusione della cultura illuministica francese nelle corti d'Austria, di Prussia  e di Russia valorizzata spesso da contatti personali e dall'amministrazione  dei sovrani per un Voltaire e un Diderot, contribuì a creare anche in questi paesi  un clima favorevole allo sviluppo di personalità di statura veramente europea come Lessing, la cui opera incise non sollo nell'ambito del proprio paese : si può dire che tutta l'Europa respiri la stessa atmosfera culturale, dovuta alla vivacissima circolazione delle idee e alle reciproche influenze degli scrittori. Di questo clima europeo beneficia anche l'Italia soprattutto per ragioni politiche : la Lombardia ad esempio  essendo soggetta al governo riformatore austriaco, risentì  più di ogni altra regione dell'influsso culturale dell'Austria di Maria Teresa e ne risultò di conseguenza favorita l'opera di personalità vigorose e coraggiose come Parini, il cui linguaggio è il linguaggio dell'uomo nuovo che lavora per la fondazione di una società più giusta e umana. Il fervore del rinnovamento colpisce anche chi è nato in una regione retriva e se ne sente soffocato come il piemontese Alfieri : il suo spirito di rivolta anticipa i tempi  della liberazione libertaria e dei cambiamenti radicali .
Lo spirito della ribellione che si agita nel mondo già scosso dalle prospettate riforme illuministiche nasce più dall'impulso del sentimento che dall'analisi rigorosa della ragione: e motivi del romanticismo e della civiltà dell'Ottocento : Rousseau e Alfieri, ad esempio,  si muovono in questo clima e dietro di loro già si intravvedono movimenti come lo Sturm und Drang tedesco o figure tormentate e irruenti come il nostro Foscolo.
Dopo la rivoluzione francese l' Europa  consocerà la grandiosa avventura napoleonica, la conseguente  restaurazione e l'ardore irrefrenabile delle nazionalità anelanti alla libertà e all'indipendenza : il romanticismo rispecchierà vicende e situazioni e darà voce a tutte le esigenze della mente e del cuore.

letteratura - il verso sciolto

letteratura - il verso sciolto

Per verso sciolto si intende il verso libero da ogni legame sia di strofa che di rima con gli altri della composizione poetica.
La scelta del verso sciolto nasce per lo più dall'esigenza di creare periodi ritmici originali  e liberi da condizionamento delle strofe e delle rime fisse : anche la versificazione sciolta crea quindi legami ritmici, però  tra serie variabili e non fisse di versi;  e di solito  usa l'endecasillabo, che meglio permette variazioni di armonia per la varietà dei suoi accenti; così come può usare l'enjambement per creare effetti nuovi attraverso la spezzatura del ritmo normale.
L'uso del verso sciolto risale al '500, ma è andato accentuandosi  ed ha come unica norma la successione di un unico tipo di versi (endecasillabo) nella composizione.

Nella poesia moderna è andato sempre più affermandosi l'uso della versificazione libera, in cui le successioni di versi non solo sono sciolte da ogni legame di rima e di strofa, ma altrettanto  serie successive di espressioni ritmiche libere, solo vincolate all'esigenza di corrispondere musicalmente al ritmo interiore dell'ispirazione.
Questo ha portato al rifiuto della metrica tradizionale e del suo complesso di norme, sentite come ostacoli e vincoli alla libera e originale espressione delle emozioni interiori, specialmente da parte dei preermetici e degli ermetici.
E' pur vero che, a valutare più attentamente alla tradizione metrica : ad esempio  nella nota immagine poetica di Ungaretti Soldati :

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

Possiamo trovare due tradizionali settenari : si sta come d'autunno // sugli alberi le foglie.
Ma è cadenza della nuova versificazione che muta profondamente rispetto alla metrica tradizionale, perché non insiste più sul ritmo  dato dagli accenti ma sul valore fonico e sulle capacità evocative della parola sentita nella sua essenzialità.
E' un processo di ricerca di un'espressione poetica veramente intima e personale, che la vecchia metrica non riusciva a soddisfare perché sembrava ricondurre a echi convenzionali.
Proprio questo carattere di originalità ha tolto però all'espressione della poesia gran parte della funzione di comunicazione sociale che essa aveva assunto nei secoli scorsi. Riconoscendosi più facilmente nelle strofe e nelle rime tradizionali, il pubblico dei lettori trovava il momento più alto dell'esperienza raccolto nell'espressione poetica : dai versi di Parini, Foscolo, di Carducci  accettava di ricevere non solo l'eco sottile dei problemi individuali, ma moniti di vita morale, politica e sociale.
Oggi questa funzione pubblica è assunta prevalentemente dalla prosa : dai giornali, dalla saggistica, dalla narrativa e dai social.
Proprio l'estrema individualità del linguaggio poetico lo riserva ad un pubblico limitato e sensibile, mentre rende difficile una sua più ampia risonanza in un più vasto mondo di lettori.

mercoledì 5 settembre 2018

la rima

la rima

Più versi raggruppati in un periodo ritmico formano una strofa; l'elemento più evidente di legame strofico è la rima, cioè la concordanza di due o più versi delle sillabe finali a partire dalla vocale su cui cade l'accento tonico. Talora benché raramente, la rima  si trova all'interno del verso (rima interna); quando la rima interna coincide con la cesura, si ha una rima al mezzo; come avviene nei celebri versi leopardiani :

Passata è la tempesta
odo augelli far festa, e la gallina ....

Invece della rima, come elemento di corrispondenza ritmica possiamo trovare al coincidenza delle vocali finali ma non delle consonanti : è l'assonanza :

Laudato si' mi' Signore per frate veno
e per aere ed nubilo et sereno er onne tempo (S. Francesco).

Invece l'identità delle lettere dopo la vocale tonica si definisce consonanza :

1) rima baciata o accoppiata  : si sussegue in versi consecutivi secondo lo schema AA

Nella Torre il silenzio era già alto.
Sussurravano i pioppi del Rio Salto ( Pascoli).

2) rima alternata : in una strofa i versi pari rimano con i pari ed i  versi dispari con i dispari ABAB :

E s'aprono i fiori notturni
nell'ora che penso ai miei  cari
Sono  apparsi in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari. (Pascoli).

3) rima incrociata  o chiusa : il primo verso rima con i quarto il secondo con il terzo; schema ABBA :

Non temere, o uomo dagli occhi
glauchi! Erompo  dalla corteccia
fragile io ninfa boschereccia
Versilia, perché non mi tocchi (  D'Annunzio)

4)  rima incatenata ( o terza rima) : in una serie di terzione il verso intermedio di ognuna rima con i versi estremi della successiva; schema ABA BCB CDC.

Era poc'anzi nella valle il ronzo
dell'altre sere. Ogni  campana prese
poi sonno in una lunga ansia di bronzo.
Si dicevano Ave! Ave! le chiese,
e i vecchi preti, che ristanno un poco
con le mani alle funi anco sospese ( Pascoli )

5)  rima invertita : le rime di una strofa sono riprese in ordine inverso nella strofa seguente ; schema ABC CBA (o BCA)

perché con li cadrà quella speranza
che ne fe' vaneggiar si lungamente
e 'l riso' 'l pianto, e la paura e l'ira
si vedrem chiaro poi come sovente
per le cose dubbiose altri s'avanza
e come spesso indarno si sospira (Petrarca)

La diversa disposizione delle rime  caratterizza le varie strutture strofiche, che di solito  prendono il nome dei versi che le compongono : ecco i principali :

1) il distico è formato da una coppia di versi per lo più endecasillabi, a rima baciata;

2)  la terzina è la strofa a tre versi solitamente endecasillabi, legata alla serie di altre terzine, come si è visto dalla rima incatenata o invertita;

3)  la quartina è la strofa di quattro versi  legati dalla rima alternata o dalla rima incrociata;

4) la sestina raccoglie sei versi, di solito endecasillabi o settenari, con rima alternata per i primi quattro  e baciata per gli ultimi due secondo lo schema ABABCC;

5)  l'ottava è una serie di otto endecasillabi, a rima alternata per i primi sei e baciata per gli ultimi due, secondo lo schema ABABABCC. E' la strofa tipica della poesia epica.

La strofa ha la sua collocazione all'interno dei una particolare composizione poetica, in cui si trova il suo ampliamento  ritmico. Abbiamo già visto come una serie di terzine costituiscano un insieme collegato dai richiami ritmici della rima.
Tra gli altri componimenti propri della tradizione della poesia lirica ci limitiamo ad indicare i più tipici e ricorrenti nel corso dei secoli :

1) il sonetto  è costituito da 14 endecasillabi divisi in due quartine e due terzine; di solito la rima alternata o incrociata lega tra loro rispettivamente le due quartine e le due terzine.
E' il componimento più tradizionale della poesia lirica, usato per esprimere ogni genere di argomenti prevalentemente per lirica d'amore. Con l'aggiunta di un gruppo di versi, di solito tre, legati in rima all'ultima terzina si ha il sonetto caudato, usato nella poesia scherzosa e satirica.

2)  La canzone fu per alcuni secoli la forma più alta e dignitosa di componimento poetico; portata a perfezione  dal Petrarca, si divideva in strofe  cui si dava il nome di stanze, composte di endecasillabi e settenari alternati e rimati secondo uno schema fisso; di solito  si chiudeva con una strofa più breve che si definiva commiato.

Una fondamentale innovazione fu portata in questo schema dal Leopardi con la canzone libera : la canzone leopardiana consta di un numero variabile di strofe senza schema fisso, in cui cioè endecasillabi  e settenari  si alternano senza regolarità e senza precisa disposizione di rime, seguendo l'esigenza interiore di ritmo dell'animo del poeta.

Dalla canzone petrarchesca derivano nel corso dei secoli forme di componimento diverse: la canzonetta ( o anacreontica) di solito composta di versi brevi (settenari o ottonari) e di contenuto amoroso : l'ode  (prevalentemente di settenari )  di intonazione morale, civile, amorosa; l'inno  di contenuto religioso.

La scelta degli schemi delle rie e delle strofe non è mai  casuale : essa corrisponde ad un'esigenza del discorso poetico sottolineando l'intensione di isolare o collegare tra loro argomenti in successioni più rapide  o più ampie.
Ad esempio l'ottava spesso coincide con un periodo compiuto e con un discorso autonomo e ripreso per continuità o contrapposizione con l'ottava seguente; la terzina dantesca, con un intreccio di rime, presuppone un discorso che si sviluppa per sovrapposizioni  successive. Sono quindi due forme strofiche più adatte ad una comunicazione  poetica di tipo narrativo ed enunciativo.
Ma soprattutto occorre tenere presente che ogni verso  ha una sua caratteristica ritmica che l'eventuale presenza della strofa rappresenta quindi una sovrapposizione di un ritmo più ampio  e generale che raccoglie e completa strutture ritmiche individuali e parziali, appunto singoli  versi; la lettura poetica dovrà far risalire sia la circolarità ritmica della strofa, sia all'interno di essa, la cadenza dei singoli versi.
Questo andamento ritmico può inoltre essere spezzato e variato legando più direttamente versi consecutivi  attraverso quella particolare inarcatura che si suole indicare con il termine francese di
emjambement.
Esso consiste nel prolungamento di uno stretto rapporto di enunciazione tra la fine di un verso e l'inizio del successivo (es. tra attributo e sostantivo ).

ma sedendo e mirando, internati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo .... (Leopardi)

L'emjambement crea una nuova unità ritmica che non annulla ma si sovrappone a quella normale del verso suscitando a volte una forte spezzatura della strofa.

letteratura - il verso

letteratura - il verso

Il verso è una successione di sillabe di solito determinata e fissa, regolata da alcune fondamentali norme di continuità e di accento.
La distinzione dei versi avviene secondo il numero delle sillabe metriche che lo compongono, calcolate secondo criteri di lettura.
Accanto al numero di sillabe, l'altro elemento caratteristico è la disposizione degli accenti ritmici soprattutto  di quello dell'ultima parola: in corrispondenza a parole terminali piane sdrucciole o tronche, avremo versi piani sdruccioli o tronchi. Per esempio l'endecasillabo  il verso fondamentale della nostra metrica, non è ovviamente un insieme di undici sillabe normali, ma una successione di sillabe lette metricamente con l'ultimo accento ritmico sulla decima :

endecasillabo piano  : sempre caro mi fu quest'ermo colle
endecasillabo sdrucciolo : a egregie cose il forte animo accendono
endecasillabo tronco : sul verde cupo roseo brillò.

Data la prevalenza di parole piane nella nostra lingua possiamo considerare i versi piani la norma e gli altri due le eccezione, spesso ricercata per particolari effetti di timbro e di cadenza.
Si può inoltre tenere presente una ulteriore differenza tra versi parisillabi  e imparisillabi. I primi senari ottonari decasillabi hanno uniformità di ritmo data la collocazione costante degli accenti  che può essere ricercata per particolari effetti ripetitivi.
Molto più vari ed usati  i versi imparisillabi soprattutto il settenario e l'endecasillabo.
Il settenario è il verso che ha un accento ritmico fisso sulla 6° sillaba ed un altro variabile tra le prime quattro : ma la sua varietà è data soprattutto dalla facilità con cui può essere usato sia nella sua forma piana sia quella sdrucciola o tronca :

"l'ansia di un cor che indòcile (sdrucciola)
serve pensando al règno          (piana)
e il giunge, e tiene un prèmio
c'era follia speràr                    (tronca)

L'endecasillabo è come si è detto il verso principe della nostra letteratura : ciò che lo distingue è anzitutto la presenza dell'ultimo accento  ritmico sulla decima sillaba ; ma la varietà di ritmo rispetto a tutto glia altri versi è data dalla diversa collocazione degli accenti ritmici interni e delle pause.
Riguardo all'accento  tre sono gli schemi più usuali in cui si presenta :

1) accenti sulla 2° 6° e 10°
Nel mezzo del cammìn di nostra vita

2) accenti sulla 4° 7° e 10°
Zefiro torna e il bel témpo riména

3) accenti sulla 4° 8° e 10°
Fuggendo a piedi e insanguinando il piàno

Riguardo alla pausa interna (cesura ) essa può cadere :

1) dopo le prime sette sillabe (endecasillabo a maiore)
"che speranze, che cori// o Silvia mia";

2) Dopo le prime cinque sillabe (endecasillabo a minore)
"negli occhi tuoi // ridenti e fuggitivi "

La cesura può essere elemento importante per isolare una parola e porla in evidenza al centro della frase poetica.

martedì 4 settembre 2018

letteratura - la prosa

letteratura - la prosa



L'espressione in prosa può apparentemente apparire libera dal rispetto di esigenze esterne che non siano quelle lineare della grammatica e della sintassi; in realtà anche attraverso il linguaggio in prosa lo scrittore ricerca una serie di effetti che caratterizzano il suo discorso in modo personale e creativo e diventano spie della sua ispirazione e della natura del messaggio che intende comunicare.
Il più importante di questi effetti  è il particolare ritmo che la pagina può venire assumendo attraverso la scelta dell'una o dell'altra delle strutture sintattiche fondamentali.
Una prima osservazione ci porta a distinguere all'interno della organizzazione generale del periodo il rapporto tra le singole frasi.
Si definisce ipotassi  la costruzione di un periodo in cui l'elemento reggente è costituito da una proposizione principale intorno a cui le altre proposizioni si raccolgono in un rapporto di subordinazione. La costruzione subordinata ( o ipotattica)  permette di creare effetti di sospensione e di amplificazione dell'azione principale come in questa descrizione del Boccaccio :
" Ma Guccio Imbratta, il quale era più vago di stare in cucina che sopra i verdi rami l'usignolo, e massimamente  se fante vi sentiva niuna, avendone in quella dell'oste veduta grassa e grossa e piccola e mal fatta ..., non altrimenti che si gitta l'avvoltoio alla carogna, lasciata la camera del frate Cipolla aperta e tutte le sue cose in abbandono, là si calò".

In genere i periodi costruiti secondo il criterio della subordinazione si reggono su ritmi complessi ed articolati nei quali è fondamentale il gioco delle simmetrie tra le singole frasi : periodi così strutturati risentono solitamente dell'influenza dei modi della stilistica classica, e particolarmente latina, passati nel nostro uso letterario attraverso Boccaccio e del Rinascimento. La prevalenza dell'ipotassi nel linguaggio di uno scrittore può essere indice di scelta espressiva classica e tradizionale, di un bisogno di ordine e di armonia.
Se invece prevale una costruzione caratterizzata da una successione di frasi coordinate  avremo la paratassi : una struttura solitamente meno ritmata adatta ad un'espressione più immediata e incisiva.
la scelta dell'uno o dell'altro modello evidentemente è legata alle particolari esigenze espressive  in rapporto alle situazioni e ai contenuti : si è notato ad es. che nei promessi sposi prevale la costruzione paratattica quando parlano gli umili, mentre nelle più ampie e dignitose forme dell'ipotassi si esprimono i personaggi rilevanti di censo e cultura.
La paratassi può portare attraverso un effetto di successione e di enumerazione, a mettere in rilievo singolarmente azioni o addirittura oggetti  nella loro peculiarità individuale : può esserne un esempio questa frase tratta da un racconto di Pavese :
" qualcuno parlò dall'altra parte della piazza, balenò un lume alla finestra; tacemmo allora. Tacendo noi, si spensero anche le voci delle rade finestre; scomparve quel lume; durarono soltanto, intermittenti i latrati. Fu allora che sentimmo cigolare circospetta l'imposta lassù (da La spiaggia).
In questo caso inoltre la coordinazione delle varie frasi avviene per accostamento omettendo le congiunzioni è un tipico caso di asindeto.
Quando invece i termini del periodo appaiono collegati  in una serie attraverso il ripetersi della particella coordinativa avremo i polisindeto come in questa frase manzoniana :
"all'aprirsi degli usci, si vedevan luccicare qua e là i fuochi accesi per le povere cene: si sentiva nella strada barattare i saluti, e qualche parola, sulla scarsità della raccolta , e sulla miseria d'annata  e più delle parole si sentivano i tocchi misurati e sonori della campana, che annunziava il finir del giorno ".
Normalmente i successioni  del genere l'attenzione è concentrata sul verbo come elemento fondamentale per delineare la serie di azioni; senza alcuna struttura verbale che li sostenga, si ha il cosiddetto stile nominale che si rappresenta con caratteristiche di irregolarità e spezzatura del ritmo, come in questo modello derivato da Verga;
"Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava di fronte al casino dei galantuomini, davanti al Municipio  sugli scalini della chiesa; un mare di berrette bianche; le scuri e le falci che luccicavano."
In tutti gli esempi citati vediamo come il ritmo della prosa possa esser estremamente vario, dalle forme più ampie  e distese a quelle più nervose e spezzate; in ogni caso, però, anche la frase enunciata in prosa è costruita secondo precise esigenze di corrispondenze e che contribuiscono in misura determinante a sottolineare il valore dell'enunciato.

lunedì 3 settembre 2018

figure retoriche - di ordine

figure retoriche - di ordine

Accanto alle figure di parola, l'espressione figurata, cioè che volutamente si contrappone per ambiguità e varietà di significazioni  alla definizione pura e precisa si avvale ( con maggior frequenza nel linguaggio in versi) delle figure d'ordine : disposizioni delle parole nella proposizione  che volutamente e per particolari ricerche di effetti si distaccano dalla collocazione più diretta e semplice del costrutto comune.
La prima  e la più usata di tali figure è l'iperbato : un'inversione di costrutto che colloca un complemento o una proposizione  prima del termine reggente :
e della vita  il doloroso amore (Saba).
L'iperbato serve a collocare in posizione di rilievo, quindi  a sottolineare con la cadenza della lettura il termine concettualmente più significativo della frase; in certi casi, creando una pausa nell'enunciazione , può contribuire all'effetto ironico ( come spesso avviene nel Parini : " la pudica d'altrui sposa a te cara ").

Un simile effetto anche se più difficile o raro  è dato dall'anacoluto  : una voluta alterazione  dell'ordine sintattico ( di solito   consiste nel cominciare  un periodo con un costrutto per rovesciarlo nella parte finale) volta in alcuni casi a creare un'alterazione del ritmo che rafforza l'efficacia del concetto come nel celebre passo del Macchiavelli :
"entro nelle antique corti delli antiqui uomini; dove, da lor ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solo è mio  e ch'io nacqui per lui".

Un effetto più sottile ed armonico è dato dal chiasmo, la disposizione incrociata a X dei membri corrispondenti di una frase o periodo . Esso di solito  consiste nell'incrociare  la disposizione di due coppie successive di attributi e sostantivi :
" io gli studi leggiadri - talor lasciando le sudate carte "(Leopardi)
oppure di due coppie composte di verbo + sostantivo :
"Odi  greggi belar, muggire armenti " (Leopardi)
ma si verifica pure in vari costrutti  ed anche con riferimento  a rapporti concettuali :
"Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori " (Ariosto )
dove invece il termine  donne richiama gli amori ed i cavalieri l'arme.

Vi è poi tutta una serie di situazioni legate alle ripetizioni, cioè alla ripresa in successione di parole e locuzioni  per suscitare un'accentuazione del tono. Spesso ciò accade in versi successivi  di una strofa :
"per ne su va nella città dolente
per me si va nell'eterno dolore
per me si va tra la perduta gente"( Dante)
Spesso la ripetizione si rappresenta come raddoppiamento della stessa parola con un significato di intensificazione espressiva :
O speranze speranze, ameni inganni ( Leopardi )
Spegniti spegniti, breve candela ( Shakespeare)

Sottolineata dalla variazione all'interno dei versi la ripetizione può assumere una particolare vivacità declamatoria come in questi versi di P. Neruda sulla guerra civile in Spagna :
Venite a vedere il sangue per le strade
venite a vedere
il sangue per le strade
venite a vedere il sangue
per le strade.

Una successione iniziale può essere costituita da termini di radice e di significato opposti. Si ha allora l'antitesi con parole in bisticcio tra loro, (Amore amaro) oppure con ricercata contrapposizione di situazioni :

...... la gloria
maggior dopo il periglio
la fuga e la vittoria
la reggia e il triste esilio ( Manzoni).

In genere poi la successione di parole può esser usata per esprimere diversi aspetti di un'idea secondo un ordine di intensità progressiva che si definisce gradazione o ( climax) .
Effetto simile propone spesso l'endiadi, espressione di un unico concetto ripetuto in due termini di cui il secondo sottolinea ed accresce con valore attributivo l'idea espressa dal primo (l'odio e il furore per "l'odio furibondo") .
In genere, in  tutti questi usi , la parola tende ad accrescere il normale significato di comunicazione  attraverso particolari richiami fonici, accentua cioè  al forza e al suggestione del suo messaggio con i rapporti che istituisce nel contesto della frase e gli echi che suggerisce.
La frequenza delle "figure d'ordine" sarà quindi indice di una scelta linguistica complessa ed evocativa così come il ricorso a strutture di frase normali indicherà una certa linearità ed immediatezza del messaggio; non solo, ma all'interno  della scelta delle figure, il prevalere di uno o di un altro tipo caratterizzerà la qualità di un'ispirazione e di un'espressione ed addirittura sarà caratteristico dell'una e dell'altra corrente letteraria.
Alcuni studiosi di linguistica ad esempio distinguono addirittura nei vari tipi di espressione letterario una direttrice metaforica ed una direttrice metonimica, cioè l'uso di figure e d espressioni legate da rapporti di somiglianza o di continuità.
Nel primo caso il ricorso all'accostamento di immagini  ed alle associazioni analogiche contribuirà a creare un tono allusivo e indeterminato  come avviene spesso da parte di scrittori romantici, simbolisti, surrealisti; nel secondo caso  la precisione dei rapporti interni sottolineata dalle figure legate alla metonimia accentuerà i valori descritto propri di uno stile realistico.

sabato 1 settembre 2018

figure retoriche - di parole

figure retoriche - di parole

proviamo ad esaminare i versi del Carducci :

Oh quei fanali come s'inseguono
accidiosi là dietro gli alberi
tra i rami stillanti di pioggia
sbadigliando  la luce sul fango


Al centro del discorso  troviamo due termini usati in senso improprio : con l'aggettivo accidiosi il poeta trasferisce su un oggetto, i lampioni  dell'illuminazione, uno stato d'animo personale; per la loro luce non usa un termine comune (ad es., proiettando ) ma un'audace analogia (sbadigliando )  che connota l'espressione  di vari significati legati alla tristezza del giorno e della situazione.
Sono due esempi dell'uso della metafora: la più immediata e naturale delle figure letterarie.

La metafora si basa su un rapporto di somiglianza o di analogia tra due termini, rapporto che si istituisce spesso anche nel linguaggio comune tra due termini la cui vicinanza è evidente ( una nebbia che si taglia con i coltello)  e serve in questi casi ad una pura funzione esplicativa.
Caratteristica della metafora letteraria è invece spesso l'accostamento di termini non direttamente  collegabili secondo una logica immediata : usata in questo senso, essa può divenire l'elemento essenziale  di uno stile sino a caratterizzare il linguaggio di una corrente letteraria come è avvenuto per il barocco e per l'ermetismo.
Una forma complessa di metafora  può essere considerata  l'analogia  che è la vera caratteristica del linguaggio ermetico  ed è presente  in tante espressioni della poesia moderna a partire dai simbolisti: essa è la sovrapposizione  di due immagini accostate senza legame grammaticale  e senza un chiaro nesso logico  almeno secondo una logica comune ma collegate fra loro nell'intuizione poetica.
Un esempio   è nel verso di Montale  "forse un mattino andando in un'aria di vetro" che sottintende aria fredda e tersa come il vetro.
Nei notissimi versi di Quasimodo

                                               Ognuno sta solo su cuor della terra
                                                Trafitto da un raggio di sole
                                                Ed è subito sera

il rapporto analogico sintetizza in forma allusiva un discorso più ampio  e puramente esplicativo : nel dramma della solitudine individuale il corso della vita ci può portare l'occasione della speranza di felicità, come un raggio di sole che rompe le nuvole: a come con la sera il raggio si spegne così torna a spegnersi la speranza.
Le immagini del sole e della sera nascono per l'analogia istintiva tra sole e vita, sera e morte, e sottintendono un'ambiguità di valori  che il discorso logico ampliato finirebbe di perdere in gran parte.
Una metafora resta implicita, amplificata e collegata nei due termini da un rapporto diretto - di solito  il termine come - è la similitudine:
Essa è forse la figura più ricorrente  nella tradizione letteraria dei secoli passati in una concezione della poesia basata non sull'originalità fantastica ma sull'imitazione di modelli esemplari, troviamo una catena di similitudini che tornano come variazioni sullo stesso tema dai poeti omerici e lativi fino all'epica e addirittura alla narrativa moderna.
Prendiamo in esame un esempio  tradizionale: un gruppo di armati che rientra deluso dopo aver fallito l'obiettivo  di cui era in caccia  è rappresentato attraverso una similitudine con un branco di segugi in un'ottava del Tasso e ne celebre avvio di un capitolo dei promessi sposi :

                                Qual dopo lunga e faticosa caccia
                                tornansi  mesti ed anelanti  i cani,
                                che la fera perduta abbian di traccia
                                nascosa in selva  dagli aperti piani;
                                tal pieni d'ira e di vergogna in faccia
                                risiedon stanchi i cavalier cristiani.
                                Ella pur fugge, e timida e smarrita
                                non si volge a mirar s'anco è seguita.

"Come un branco di segugi, dopo aver inseguito invano una lepre, tornano mortificati verso il padrone, co' musi bassi  e  con le code ciondoloni, così, in quella scompigliata notte, tornano i bravi al palazzotto di don Rodrigo".

La similitudine dunque, non si vede, è un vero quadro a sé stante, parallelo alla situazione che vuole descrivere nella cui stesura l'autore sembra compiacersi con un'immaginazione autonoma che si dilunga in particolari estranei alla pura logica del confronto.

Una metafora prolungata può esser considera un'allegoria : essa consiste in una descrizione  che ha volutamente  un secondo e più importante senso a di là del significato reale e diretto del tema presentato.
La seva oscura in cui Dante si perde all'inizio dell'Inferno  è l'espressione allegorica che richiama come sovrasenso al peccato, errore in cui l'anima smarrisce la retta via.
L'allegoria può esser, come in questo caso, limitata ad una semplice immagine o figura oppure può essere allargata al significato generale di un'opera come avviene appunto nella Divina Commedia; valore  allegorico hanno ad es. tutte le favole animalistiche in cui gli animali assumono funzione di simbolo di situazioni dell'esistenza.
In una rappresentazione  allegorica occorre distinguere il significato immediato  letterale dal concetto a cui si vuole rimandare il lettore che è appunto il significato allegorico  :
l'interesse essenziale  dell'autore è appuntato non sull'immagine letterale ma sul concetto che essa deve esprimere.
Questo  aspetto deve distinguere la vera allegoria dal significato simbolico  così frequente nelle opere letterarie  del nostro tempo.
Nel simbolo infatti è la realtà comune stessa che si carica di significati sottintesi che trapelano accanto a quello reale ed immediato : in Moby Dick la cacca alla balena bianca  diviene anche simbolica ossessiva lotta contro lo spirito del male, ma è anzitutto  un'epopea di avventure marinaresche.
Dalla fioritura della poesia romantica e simbolista in poi il valore simbolico è presente spesso, in opere narrative  e liriche ma come intenzione secondaria  o come situazione inconscia ben diversa dalla consapevole ed intellettualistica  operazione dell'allegoria.

Accanto a queste che la retorica classica aveva definito "figure di pensiero" si colloca il gruppo delle " figure di elocuzione" di uso  più consueto  anche nel linguaggio comune.
Le più importanti sono

la metonimia, sostituzione di un termine proprio con un altro ad esso legato da rapporti logici  di quantità o di dipendenza o di contiguità : si possono avere vari casi di sostituzione :  la causa per l'effetto e viceversa ( un viso tinto di paura; vivere del proprio sudore)  l'astratto con il concreto (le pretese della nobiltà)  la materia per l'oggetto  ( i sacri bronzi )  l'autore per l'opera (leggere Dante)  e così via;
la sineddoche sostituzione di nome proprio con nome comune o viceversa ( il segretario fiorentino per indicare Macchiavelli).
Queste figure in genere appaiono semplici nel valore espressivo suggeriscono indicazioni convenzionali o logorate dall'uso e tendono  a connotare i discorso ad un livello realistico; più efficaci  e di uso sempre fortemente fantastico e personale sono l'ossimoro e al sinestesia.

L'ossimoro consiste in una ricercata contraddizione di termini di solito attraverso la coppia aggettivo-sostantivo (il faticoso ozio dei grandi).
la sinestesia è l'accoppiamento di parole che esprimono sensazioni proprie di diverse sfere sensoriali ( esemplare in Dante : Noi fummo i loco d'ogni luce muto). Atta a suggerire ambigue trasposizioni la sinestesia è soprattutto una figura tipica della poesia a partire dai simbolisti " là voci di tenebra azzurra"(Pascoli).
Possiamo poi ricordare tutta una serie di figure indirizzate a conferire un'intonazione particolare alla frase attraverso lo stravolgimento del significato proprio : anzitutto le espressioni legate all'ironia e al sarcasmo.
L'ironia consiste nell'uso di un tono espressivo che va inteso in senso opposto al suo significato letterale.
O Natura cortese
son questi i doni tuoi
questi i diletti son
che tu porgi ai mortali ( Leopardi "la quiete dopo la tempesta).

Quando il contrasto tra l'apparenza ed il senso reale diventa amaro e pungente, mosso da animosità che sottintende una personale amarezza, si ha il sarcasmo.
Godi  Fiorenza poi che sei sì grande
che per mare e per terra batti l'ale
e per lo Inferno 'l tuo nome si spande ( Inferno, Canto XXVI).

Ironia e sarcasmo  sottintendono  una particolare intonazione  di lettura che contribuisce al rovesciamento del significato letterale: li differenzia la particolare amarezza che porta spesso il sarcasmo, come nell'esempio  sopra citato a concludere con un'espressione non allusiva ma direttamente critica.
Legate invece ad un fine ampliamento esasperato o di attenuazione del concetto sono l'iperbole e la litote.
L'iperbole è un'espressione  volutamente ingigantita al di là del verosimile per realizzare un rapporto di intensità  :
Tutti i profumi d'Arabia non basteranno a rendere odorosa questa piccola mano  (Shakespeare da Macbeth) .
La litote mira invece ad attenuare un'espressione troppo perentoria e si avvale per lo più di una formula negativa : notissima dai Promessi sposi : " Don Abbondio (il lettore se ne già avveduto) non era certo nato con un cuor di leone".
In questo caso l'uso della litote ( anticipato dalla parentesi crea un effetto di sospensione ) arricchisce di significati impliciti la definizione e le sottende un rilievo umoristico.

Affine l'eufemismo ( così frequente nella lingua comune )  cioè la sostituzione di una parola o di un concetto ritenuti sgradevoli  con altri che ne mitighino il significato. Spesso l'uso eufemistico porta ad un giro di parole per sostituire il termine specifico : è la cosiddetta perifrasi. Essa serve di solito ad amplificare il tono ed a sottolineare alcuni aspetti del concetto che si vuole esprimere : quando Foscolo  invece del termine mare usa la perifrasi "il regno ampio dei venti " arricchisce il concetto di una serie di suggestioni fantastiche.