Gabriele D'Annunzio
Gabriele D'Annunzio fu poeta che in Italia più intensamente cercò di realizzare quella fusione tra arte e vita che era il programma di numerosi decadenti
Nato a Pescara nel !863, raggiunse la fama non ancora ventenne per le prime raccolte in versi Primo vere e Canto Novo trascorse gli anni giovanili a Roma come protagonista della vita mondana tra scandali amori ed attività letteraria, atteggiandosi a raffinato esteta sempre volto alla ricerca di nuove sensazioni attraverso esperienze erotiche ed estetiche.
Sono atteggiamenti che trovano espressione in opere come I romanzi Il piacere e l'innocente e le raccolte di versi Elegie romane, l'Isotteo, La chimera e il poema paradisiaco.
Di questo epidermico estetismo cercò successivamente di trovare le ragioni teoriche nell'opera del filosofo tedesco Nietzsche e nel suo mito del "superuomo " : l'individuo di eccezione che, in nome di una proclamata "volontà di potenza " sa vivere al di là del bene e del male rifiutando la morale comune. Cogliendo di questo modello l'aspetto più esteriore, D'Annunzio cercò di realizzarsi nella propria esperienza personale secondo l'ideale di "una vita inimitabile" vissuta in uno sfarzo stravagante ed in atteggiamenti esibizionistici nella splendida cornice della villa toscana La Capponcina a Settignano, fino a che nel 1910, perseguitato dai creditori, dovette rifugiarsi in volontario esilio in Francia.
A questa fase appartengono molte delle opere più note: fra le altre , I romanzi Il trionfo della morte e Il fuoco, le liriche dei primi tre libri delle Ludi del mare del cielo della terra e degli eroi (Maia Elettra Alcyone) e le più belle opere teatrali : Francesca da Rimini, La figlia di Iorio, La fiaccola sotto il moggio.
Al mito estetico del superuomo si accompagna frattanto il mito politico, nazionalistico ed antidemocratico, dell'eroe e della nazione eletta : contro ogni affermazione di uguaglianza democratica egli predicava che il popolo doveva essere guidato ed illuminato dall'individuo di eccezione che si assumeva il compito di trascinare la massa verso mete che egli solo sapeva individuare ed additare. In nome di questa missione che si attribuì D'Annunzio tornò in Italia alla fine del 1914 a guidare la campagna per l'intervento italiano in guerra; partecipò alla guerra compiendo imprese risonanti anche se prive di significato militare (la beffa di Buccari, il volo su Vienna) fu ferito venne decorato di medaglia d'oro. Dall'esperienza di guerra nacquero accanto a pagine assai retoriche le prose intimistiche del Notturno e delle Faville del maglio.
Nel 1919, con un atto di sfida nei confronti del governo e degli accordi internazionali, occupò con un gruppo di volontari Fiume, creando nel paese I presupposti dell'illegalità e della violenza che sarebbero sfociati nel movimento fascista.
D'Annunzio rappresentò anzitutto la vita italiana con I suoi atteggiamenti un fatto di costume, incarnò I desideri di evasione dalla monotonia quotidiana di ceti intellettuali e borghesi insoddisfatti della realtà della vita nazionale dei decenni post-risorgimentali. Per questo gran parte della sua vastissima opera, creata per esaltare e sostenere il mito che di sé aveva costruito, appare oggi superata e priva di attualità. Ebbe tuttavia almeno due meriti : sul piano culturale, si avvicinò di volta in volta ad autori ed atteggiamenti del decadentismo Europeo contribuendo a diffonderne la conoscenza in Italia ed a sprovincializzare la nostra cultura. Sul piano più intimamente poetico accanto all'esteriorità di molti atteggiamenti esibizionistici seppe almeno cogliere ed esprimere la comunione dei sensi e dell'anima con la molteplicità della vita naturale, creando quella dimensione panica di immedesimazione quasi fisica e sensuale basata sulle immediate sensazioni che in particolare nella raccolta Alcyone segna il nascere di un atteggiamento nuovo per la nostra poesia.
Per esprimere questo atteggiamento raffinato e sensuale D'Annunzio si servì di un linguaggio ostentatamente insolito ed artistico basato sul recupero di preziose voci arcaiche e sull'invenzione di neologismi capaci di stupire e meravigliare; creò così un culto della parola ricercata soprattutto per clamorose risonanze musicali che spesso è solo espediente retorico ma che sa diventare talora esperienza linguistica originale e contribuisce anche se in misura minore del Pascoli ad avviare il nuovo linguaggio poetico del '900 verso le svolte successive