Giacomo leopardi
Nacque a Recanati nel 1798. Il padre conte Monaldo, un letterato di gusto classicistico, dedito agli studi, e la madre Adelaide dei marchesi Antici, attenta vigilatrice del patrimonio dissestato, si occuparono poco dei figli; una tale situazione famigliare e l'arretratezza culturale dell'ambiente recanatese soffocarono in lui la naturale giovanile alla vita espansiva e spensierata: Precocissimo per interessi e capacità intellettuali, divorò le opere contenute nella ricchissima ma antiquata biblioteca paterna, e diventò, pur essendo ancora in giovanissima età, un grande erudito di lingua e letteratura latina e greca. Intanto, con sette anni di studio esasperato e continuo, proprio nell'età dello sviluppo si rovinò per sempre la salute, rimanendo leggermente deforma nel corpo e soffrendo, per tutta la vita di dolori alla vista e al sistema nervoso: La sua vita ebbe come centro Recanati : se ne staccò la prima volta per recarsi a Roma e poi a Milano, A Bologna, a Firenze e a Pisa : ma il paese natale, amato e odiato nello stesso tempo, era al centro del suo cuore ed egli vi ritornava sempre , sia pur scontento e deluso e pronto a ripartirne alla prima occasione. Nel '30 lo lasciò definitivamente per Firenze, da dove, dopo una grave delusione di amore, passò a Napoli : qui visse, confortato dall'amicizia di Antonio Ranieri, anni di terribili sofferenze sopportate stoicamente e morì nel 1837.
La produzione poetica leopardiana esigua ma di grandissimo valore , è contenuta nel libro dei Canti dove campeggiano gli idilli, le sue liriche più belle e caratteristiche.
A differenza degli idilli classici, che erano dei quadretti naturali a soggetto per lo più amoroso e pastorale, gli idilli leopardiani, situazioni, affezioni , avventure storiche.
secondo la definizione che ne dette lo stesso poeta : la natura suggerisce un triste sentimento di abbandono o un dolce ricordo della lontana infanzia o schiude un sogno di impossibile felicità , ma sul sentimento interviene la ragione che distrugge ogni illusione e afferma l'eterno dolore dell'esistenza. La vita sembra bella solo quando si è giovani, perchè rallegrata da un sogni e speranze, ma in realtà è per tutti solo fonte di dolore prechè sogli e speranze sono illusioni che non potranno mai realizzarsi : la liberazione dalle delusioni e dalle sofferenze non può dunque venire che dalla morte, spezzando crudelmente la tensione umana verso la felicità e verso l'infinito.
Oltre ai Canti Leopardi scrisse un importante volumetto in prosa, le Operette morali, per lo più dialoghi tra personaggi reali e immaginari, dove si ritrovano gli stessi sentimenti e le stesse idee. Nelle Operette morali prevale l'abito riflessivo e il dialogo procede con toni solitamente sarcastici che tendono a scardinare credenze ed errori, distruggendo illusioni e desideri vani : è un libro pervaso da un'ironia amara, tutta la testa sottile e senza concessioni e facili sogni e a falsi sentimentalismi.
Di Leopardi ci restano ancora un bellissimo Epistolario e lo Zibaldone una raccolta di note appunti e riflessioni d'ogni genere che il poeta redasse durante tutta la vita in queste due opere noi troviamo il materiale da cui sono scaturiti il mondo poetico e l'arte del Canti e delle Operette morali.