la roba - Giovanni Verga
il titolo della novella (tratta dalle novelle rusticane) ne mette in evidenza il motivo centrale : il dramma di chi passa tutta la vita nell'ansia di ammassar roba e alla fine si ritrova solo e sconfitto di fronte alla morte
La roba è un mito che affascina e distrugge senza dare mai né pace né gioia. Il povero Mazzarò non ha goduto nulla della vita : ha sempore faticato come una bestia senza un attimo di riposo senza neppure il tempo o la possibilità di gioire per la nuova roba ammucchiata, tanto era grande la bramosia di nuovi possessi e la paura di vedersene in qualche modo derubato.
E' stato disumano e crudele con se stesso e con gli altri, è vissuto sempre e soltanto di lavoro, di sacrifici e di stenti e amaro constrasto in totale e continua povertà senza agi né riposo. Ha così finito per invidiare se non addirittura odiare quanto c'è di più bello nella vita la gioventù insultando sofferenza e miseria. Il pensiero della morte a un tratto diventa un incubo angoscioso che non dà tregua : Mazzarò vinto dalla roba non saprà pacificarsi con la vita e con gli uomini e morirà dispettoso e grottesco ma pur degno di compassione. La sua vita è stata un fallimento e egli ne esce amareggiato e sconfitto.
Mazzarò anticipa la figura di Mastro Don Gesualdo e ben rappresenta l'amara concezione verghiana dell'esistenza
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lunedì 30 marzo 2020
giovedì 26 marzo 2020
la religione della casa nei Malavoglia
la religione della casa nei Malavoglia
I Malavoglia volevano essere uno studio sincero e spassionato del nascere e dello svilupparsi delle prime irrequietudini per il benessere nell'anima della povera gente.
La vaga bramosia dell'ignoto, l'insoddisfazione delle proprie umili condizioni, doveva trascinare una casa patriarcale di pescatori alla rovina.
Questo senso di fatalità che c'è in tutto il racconto non insinuato per tesi dallo scrittore ma direttamente sentito dai protagonisti dà al romanzo una intonazione tragica dove gli uomini non si atteggiano a eroi e sono eroi; silenziosi eroi del dovere eroi dell'onore domestico del lavoro e della fedeltà.
Possiamo dire appunto che questo è il romanzo della fedeltà, nel senso religioso alla vita alle costumanze antiche e severe agli affetti semplici e patriarcali.
Padron 'Toni è il custode di queste leggi invisibili della casa è questa primitiva e potente religione della casa e delle virtù patriarcali che strinte in una ferrea unit il romanzo, una sola fede in tutti. Questo tragico sentimento religioso degli uomini nel Verga perfino finisce col diventare la tragedia religiosa delle cose stesse, Quando I Malavoglia devono lasciare la casa del Nespolo il dolore e il pudore degli esiliati pare che trapassino in quelle mura, in quelle masserizie in quel nespolo e in tutto quel vuoto riecheggiante nelle stanze squallide e disabitate.
I Malavoglia volevano essere uno studio sincero e spassionato del nascere e dello svilupparsi delle prime irrequietudini per il benessere nell'anima della povera gente.
La vaga bramosia dell'ignoto, l'insoddisfazione delle proprie umili condizioni, doveva trascinare una casa patriarcale di pescatori alla rovina.
Questo senso di fatalità che c'è in tutto il racconto non insinuato per tesi dallo scrittore ma direttamente sentito dai protagonisti dà al romanzo una intonazione tragica dove gli uomini non si atteggiano a eroi e sono eroi; silenziosi eroi del dovere eroi dell'onore domestico del lavoro e della fedeltà.
Possiamo dire appunto che questo è il romanzo della fedeltà, nel senso religioso alla vita alle costumanze antiche e severe agli affetti semplici e patriarcali.
Padron 'Toni è il custode di queste leggi invisibili della casa è questa primitiva e potente religione della casa e delle virtù patriarcali che strinte in una ferrea unit il romanzo, una sola fede in tutti. Questo tragico sentimento religioso degli uomini nel Verga perfino finisce col diventare la tragedia religiosa delle cose stesse, Quando I Malavoglia devono lasciare la casa del Nespolo il dolore e il pudore degli esiliati pare che trapassino in quelle mura, in quelle masserizie in quel nespolo e in tutto quel vuoto riecheggiante nelle stanze squallide e disabitate.
venerdì 20 marzo 2020
l'addio dei Malavoglia alla casa del nespolo
l'addio dei Malavoglia alla casa del nespolo
Padron 'Ntoni Malavoglia un povero pescatore di Aci Trezza in gravi difficoltà, acquista a credito un carico di lupini, ma la burrasca sorprende la barca e ne naufragio il carico si perde e muore il figlio Bastianazzo, lasciando la vedova e cinque figli. E' la prima di una serie di sventure una più dolorosa dell'altra. Non avendo potuto pagare il debito dei lupini all'usuraio zio Crocifisso, I Malavoglia devono lasciare la casa del nespolo che il sensale Piedipapera, a cui lo zio Crocifisso ha finto di vendere a credito, ha fatto pignorare dall'usciere giudiziario. E' una pagina di accorata tristezza : intorno ai Malavoglia si avverte la presenza dell'intero paese che contribuisce la particolare stato d'animo del vecchio padron 'Ntoni. Inoltre parecchie notazione a leggere attentamente ci si accorge che non sono di Verga : autore si è limitato a registrarle e a inserirle nella narrazione come una sorta di commento anonimo che riporta indirettamente le voci del paese
Padron 'Ntoni Malavoglia un povero pescatore di Aci Trezza in gravi difficoltà, acquista a credito un carico di lupini, ma la burrasca sorprende la barca e ne naufragio il carico si perde e muore il figlio Bastianazzo, lasciando la vedova e cinque figli. E' la prima di una serie di sventure una più dolorosa dell'altra. Non avendo potuto pagare il debito dei lupini all'usuraio zio Crocifisso, I Malavoglia devono lasciare la casa del nespolo che il sensale Piedipapera, a cui lo zio Crocifisso ha finto di vendere a credito, ha fatto pignorare dall'usciere giudiziario. E' una pagina di accorata tristezza : intorno ai Malavoglia si avverte la presenza dell'intero paese che contribuisce la particolare stato d'animo del vecchio padron 'Ntoni. Inoltre parecchie notazione a leggere attentamente ci si accorge che non sono di Verga : autore si è limitato a registrarle e a inserirle nella narrazione come una sorta di commento anonimo che riporta indirettamente le voci del paese
mercoledì 18 marzo 2020
Giovanni Verga
Giovanni Verga
Giovanni Verga (1840-1922) è il nostro grande prosatore della seconda metà dell'800. Nacque a Catania, dopo l'unità si trasferì a Firenze, allora capitale del regno, e quindi passò a Milano, dove più ricca ferveva la vita artistica e letteraria e dove I problemi sociali del paese erano più vivamente sentiti gli ultimi ventinove anni li trascorse nella città natale, dove morì dopo una vita sostanzialmente povera di avvenimenti esteriori amareggiato dalla incomprensione del pubblico e dei critici per la sua opera.
La sua esperienza letteraria fu ricca e molteplice. Iniziò con romanzi storici o languidamente sentimentali o ambientati nel mondo aristocratico frivolo e vuoto.
Maturatosi attraverso la lettura dei naturalisti francesi, trovò la sua vera via ispirandosi alla sua terra e alla sua gente, di cui conosceva il modo di vivere e di pensare I sentimenti le passioni e le sofferenze. Scrisse due raccolte di novelle, Vita nei campi ('80) e Novelle rusticane ('83) che descrivono personaggi semplici, povera gente della campagna, incatenati a una vita di stenti e di sacrifici accettati con rassegnazione come se si trattasse di leggi fatali contro cui è inutile ribellarsi. Di un progettato ciclo di romanzi intitolato "I vinti " perché con essi voleva dimostrare che gli uomini sono dei vinti dalla vita a qualunque ceto appartengano, Verga ne compose solo due I malavoglia ('81) e Mastro don Gesualdo ('89): il primo racconta la storia di una famiglia di poveri pescatori di Aci Trezza travolta da una serie di disavventure e di disgrazie che solo alla fine vede profilarsi la speranza di risollevarsi dalla malasorte il secondo narra la vita di un muratore che col lavoro e la tenacia si arricchisce e sale nella scala sociale ma finisce miseramente nel più completo isolamento e fallimento spirituale.
Il mondo verghiano è animato dal pi cupo pessimismo : la vita è una lotta nella quale si è destinati alla sconfitta malgrado l'intensità e la costanza dell'impegno che vi si mette. Ma la vera grande importanza dell'opera verghiana consiste nel linguaggio nello stile. Lo scrittore non racconta, ma lascia per così dire che le cose si raccontino da sè: la vicenda procede come vista e filtrata dalla coralità dei personaggi che la vivono ripensandola e commentandola con la propria esperienza e sensibilità. La lingua e la sintassi di Verga sono un'assoluta novità : la forte impronta dialettale dà particolare rilievo di autenticità e di verità a cose e persone, portandole in un certo senso alla luce dall'interno della coscienza dei protagonisti e di chi gli si muove attorno.
Le rimanenti opere narrative verghiane romanzi e novelle non sono ambientate in Sicilia me non hanno perspicuità e la grandezza delle quattro che abbiamo citato. Questo forse comprova quanto l'arte di Verga sia legata al linguaggio e alla terra d'origine.
Giovanni Verga (1840-1922) è il nostro grande prosatore della seconda metà dell'800. Nacque a Catania, dopo l'unità si trasferì a Firenze, allora capitale del regno, e quindi passò a Milano, dove più ricca ferveva la vita artistica e letteraria e dove I problemi sociali del paese erano più vivamente sentiti gli ultimi ventinove anni li trascorse nella città natale, dove morì dopo una vita sostanzialmente povera di avvenimenti esteriori amareggiato dalla incomprensione del pubblico e dei critici per la sua opera.
La sua esperienza letteraria fu ricca e molteplice. Iniziò con romanzi storici o languidamente sentimentali o ambientati nel mondo aristocratico frivolo e vuoto.
Maturatosi attraverso la lettura dei naturalisti francesi, trovò la sua vera via ispirandosi alla sua terra e alla sua gente, di cui conosceva il modo di vivere e di pensare I sentimenti le passioni e le sofferenze. Scrisse due raccolte di novelle, Vita nei campi ('80) e Novelle rusticane ('83) che descrivono personaggi semplici, povera gente della campagna, incatenati a una vita di stenti e di sacrifici accettati con rassegnazione come se si trattasse di leggi fatali contro cui è inutile ribellarsi. Di un progettato ciclo di romanzi intitolato "I vinti " perché con essi voleva dimostrare che gli uomini sono dei vinti dalla vita a qualunque ceto appartengano, Verga ne compose solo due I malavoglia ('81) e Mastro don Gesualdo ('89): il primo racconta la storia di una famiglia di poveri pescatori di Aci Trezza travolta da una serie di disavventure e di disgrazie che solo alla fine vede profilarsi la speranza di risollevarsi dalla malasorte il secondo narra la vita di un muratore che col lavoro e la tenacia si arricchisce e sale nella scala sociale ma finisce miseramente nel più completo isolamento e fallimento spirituale.
Il mondo verghiano è animato dal pi cupo pessimismo : la vita è una lotta nella quale si è destinati alla sconfitta malgrado l'intensità e la costanza dell'impegno che vi si mette. Ma la vera grande importanza dell'opera verghiana consiste nel linguaggio nello stile. Lo scrittore non racconta, ma lascia per così dire che le cose si raccontino da sè: la vicenda procede come vista e filtrata dalla coralità dei personaggi che la vivono ripensandola e commentandola con la propria esperienza e sensibilità. La lingua e la sintassi di Verga sono un'assoluta novità : la forte impronta dialettale dà particolare rilievo di autenticità e di verità a cose e persone, portandole in un certo senso alla luce dall'interno della coscienza dei protagonisti e di chi gli si muove attorno.
Le rimanenti opere narrative verghiane romanzi e novelle non sono ambientate in Sicilia me non hanno perspicuità e la grandezza delle quattro che abbiamo citato. Questo forse comprova quanto l'arte di Verga sia legata al linguaggio e alla terra d'origine.
martedì 17 marzo 2020
Verifica Carducci - domande e risposte
Verifica Carducci
1) oltre alle Poesie raccolte dal Carducci nel 190 esistono altre liriche carducciane ?
si I primi versi poesie composte tra il 1848 e il 1859 tra esse le Rime di San Miniato pubblicate nel 1857 e di cui una parte entrò nella Juvenilia
I primi versi appaiono nel primo volume della Edizione Nazionale delle Opere
2) A quali poeti si ispirò il Carducci componendo le liriche raccolte nel volume Juvenilia ?
Carducci diceva :" mossi e me ne onoro dall'Alfieri dal Parini dal Monti dal Foscolo dal Leopardi per e essi con essi risalii agli antichi mi intrattenni con Dante e con Petrarca…"
4) come spiega il Carducci il titolo Levia Gravia ?
Levia Gravia egli dice :"vuol dire fantasie di gioventù e dolori ed esperimenti della vita cose leggere per sentimento e per stile mescolate ad altre gravi per le stesse ragioni cose leggere ancora, che tuttavia son difficili e gravi a fare e in fine che agli italiani del '68 le parevano leggerezze e sciocchezze pedantesche e fastidiose "
5) che cos'è l'inno A Satana ?
Una poesia in strofette di quinari composta in una notte del 1863 il poeta vi esalta la natura la ragione la scienza il progresso che ha il suo simbolo moderno nella vaporiera.
Nel 1881 così scriveva il Carducci : "non mai chitarronata mi uscì dalle mani tanto volgare " daltra parte egli chiamò quest'inno una birbonata utile una poco bella poesia con ciu però cercava di risvegliare e di rinnovare se stesso e gli altri. L'inno fu pubblicato nel 1965 con lo pseudonimo di Enotrio Romano
6) perché il Carducci intitolò Giambi ed Epodi una delle sue raccolte di poesie ?
per significare che le poesie comprese nell'opera richiamavano per il contenuto aggressivo satirico e polemico I giambi del greco Archiloco e gli Epodi di Orazio. Con quel titolo egli si richiama pure ai jambes di Augusto Barbier (1805-1882) poeta francese a lui caro.
Nella metrica classica il giambo era un piede composto di una sillaba breve e di una lunga si chiamò pure giambo il verso formato da tali piedi. La forma epodica era data da un verso lungo a cui seguiva un verso breve. Nella raccolta carducciana si imita spesso la forma epodica con strofe quaternarie di endecasillabi e settenari a rima alternata
7) Come il Carducci sintetizza la sua attività poetica da Juvenilia a Giambi e Epodi ?
con queste parole :"nei juvenilia sono lo scudiero dei classici; Levia Gravia faccio la mia vigilia d'armi; nei Giambi ed Epodi dopo I primi colpi di lancia un pò incerti e consetudinari corro le avventure a tutto mio rischio e pericolo ".
1) oltre alle Poesie raccolte dal Carducci nel 190 esistono altre liriche carducciane ?
si I primi versi poesie composte tra il 1848 e il 1859 tra esse le Rime di San Miniato pubblicate nel 1857 e di cui una parte entrò nella Juvenilia
I primi versi appaiono nel primo volume della Edizione Nazionale delle Opere
2) A quali poeti si ispirò il Carducci componendo le liriche raccolte nel volume Juvenilia ?
Carducci diceva :" mossi e me ne onoro dall'Alfieri dal Parini dal Monti dal Foscolo dal Leopardi per e essi con essi risalii agli antichi mi intrattenni con Dante e con Petrarca…"
4) come spiega il Carducci il titolo Levia Gravia ?
Levia Gravia egli dice :"vuol dire fantasie di gioventù e dolori ed esperimenti della vita cose leggere per sentimento e per stile mescolate ad altre gravi per le stesse ragioni cose leggere ancora, che tuttavia son difficili e gravi a fare e in fine che agli italiani del '68 le parevano leggerezze e sciocchezze pedantesche e fastidiose "
5) che cos'è l'inno A Satana ?
Una poesia in strofette di quinari composta in una notte del 1863 il poeta vi esalta la natura la ragione la scienza il progresso che ha il suo simbolo moderno nella vaporiera.
Nel 1881 così scriveva il Carducci : "non mai chitarronata mi uscì dalle mani tanto volgare " daltra parte egli chiamò quest'inno una birbonata utile una poco bella poesia con ciu però cercava di risvegliare e di rinnovare se stesso e gli altri. L'inno fu pubblicato nel 1965 con lo pseudonimo di Enotrio Romano
6) perché il Carducci intitolò Giambi ed Epodi una delle sue raccolte di poesie ?
per significare che le poesie comprese nell'opera richiamavano per il contenuto aggressivo satirico e polemico I giambi del greco Archiloco e gli Epodi di Orazio. Con quel titolo egli si richiama pure ai jambes di Augusto Barbier (1805-1882) poeta francese a lui caro.
Nella metrica classica il giambo era un piede composto di una sillaba breve e di una lunga si chiamò pure giambo il verso formato da tali piedi. La forma epodica era data da un verso lungo a cui seguiva un verso breve. Nella raccolta carducciana si imita spesso la forma epodica con strofe quaternarie di endecasillabi e settenari a rima alternata
7) Come il Carducci sintetizza la sua attività poetica da Juvenilia a Giambi e Epodi ?
con queste parole :"nei juvenilia sono lo scudiero dei classici; Levia Gravia faccio la mia vigilia d'armi; nei Giambi ed Epodi dopo I primi colpi di lancia un pò incerti e consetudinari corro le avventure a tutto mio rischio e pericolo ".
giovedì 5 marzo 2020
Olindo Guerrini
Olindo Guerrini
Guerrini nato a Forlì (1845-1916) passò tutta la vita a Bologna come bibliotecario. Amico di Carducci, ebbe spirito scanzonato e polemico e risentì del clima realistico del tempo. Le sue liriche migliori sono quelle in cui si accosta più con comprensione umana che con spirito polemico alle tristi condizioni del proletariato contadino come quest in cui descrive uno sciopero nella risaia attraverso l'atmosfera di desolazione di fame che incombe sulle campagne e la riflessione amara del soldato anch'egli un povero contadino chiamato ad uccidere uomini a cui lo lega invece un comune destino di miseria.
Guerrini nato a Forlì (1845-1916) passò tutta la vita a Bologna come bibliotecario. Amico di Carducci, ebbe spirito scanzonato e polemico e risentì del clima realistico del tempo. Le sue liriche migliori sono quelle in cui si accosta più con comprensione umana che con spirito polemico alle tristi condizioni del proletariato contadino come quest in cui descrive uno sciopero nella risaia attraverso l'atmosfera di desolazione di fame che incombe sulle campagne e la riflessione amara del soldato anch'egli un povero contadino chiamato ad uccidere uomini a cui lo lega invece un comune destino di miseria.
martedì 3 marzo 2020
lieto su i colli di Borgogna - Carducci
lieto su I colli di Borgogna
Nel 1883 Carducci dedicò alla rivoluzione francese e precisamente agli avvenimenti del settembre 1792 un poemetto composto di 12 sonetti intitolato ça ira dal ritornello di un celebre inno giacobino. Il sonetto introduttivo rappresenta lo stato d'animo dei contadini delle zone di frontiera ai quali, mentre erano intenti alla vendemmia e all'aratura, giungevano le notizie dell'avanzata degli eserciti invasori austriaci e prussiani e dei nobili francesi emigrati.
La guerra è nell'aria, un fremito rivoluzionario riempie I petti di sacro ardore guerriero.
metro : sonetto
Nel 1883 Carducci dedicò alla rivoluzione francese e precisamente agli avvenimenti del settembre 1792 un poemetto composto di 12 sonetti intitolato ça ira dal ritornello di un celebre inno giacobino. Il sonetto introduttivo rappresenta lo stato d'animo dei contadini delle zone di frontiera ai quali, mentre erano intenti alla vendemmia e all'aratura, giungevano le notizie dell'avanzata degli eserciti invasori austriaci e prussiani e dei nobili francesi emigrati.
La guerra è nell'aria, un fremito rivoluzionario riempie I petti di sacro ardore guerriero.
metro : sonetto
Lieto su i colli di Borgogna splende
E in val di Marna a le vendemmie il sole:
Il riposato suol piccardo attende
4L’aratro che l’inviti a nuova prole.
Ma il falcetto su l’uve iroso scende
Come una scure, e par che sangue cóle:
Nel rosso vespro l’arator protende
8L’occhio vago a le terre inculte e sole,
Ed il pungolo vibra in su i mugghianti
Quasi che l’asta palleggiasse, e afferra
11La stiva urlando: Avanti, Francia, avanti!
Stride l’aratro in solchi aspri: la terra
Fuma: l’aria oscurata è di montanti
14Fantasimi che cercano la guerra.
E in val di Marna a le vendemmie il sole:
Il riposato suol piccardo attende
4L’aratro che l’inviti a nuova prole.
Ma il falcetto su l’uve iroso scende
Come una scure, e par che sangue cóle:
Nel rosso vespro l’arator protende
8L’occhio vago a le terre inculte e sole,
Ed il pungolo vibra in su i mugghianti
Quasi che l’asta palleggiasse, e afferra
11La stiva urlando: Avanti, Francia, avanti!
Stride l’aratro in solchi aspri: la terra
Fuma: l’aria oscurata è di montanti
14Fantasimi che cercano la guerra.
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