Giovanni Verga
Giovanni Verga (1840-1922) è il nostro grande prosatore della seconda metà dell'800. Nacque a Catania, dopo l'unità si trasferì a Firenze, allora capitale del regno, e quindi passò a Milano, dove più ricca ferveva la vita artistica e letteraria e dove I problemi sociali del paese erano più vivamente sentiti gli ultimi ventinove anni li trascorse nella città natale, dove morì dopo una vita sostanzialmente povera di avvenimenti esteriori amareggiato dalla incomprensione del pubblico e dei critici per la sua opera.
La sua esperienza letteraria fu ricca e molteplice. Iniziò con romanzi storici o languidamente sentimentali o ambientati nel mondo aristocratico frivolo e vuoto.
Maturatosi attraverso la lettura dei naturalisti francesi, trovò la sua vera via ispirandosi alla sua terra e alla sua gente, di cui conosceva il modo di vivere e di pensare I sentimenti le passioni e le sofferenze. Scrisse due raccolte di novelle, Vita nei campi ('80) e Novelle rusticane ('83) che descrivono personaggi semplici, povera gente della campagna, incatenati a una vita di stenti e di sacrifici accettati con rassegnazione come se si trattasse di leggi fatali contro cui è inutile ribellarsi. Di un progettato ciclo di romanzi intitolato "I vinti " perché con essi voleva dimostrare che gli uomini sono dei vinti dalla vita a qualunque ceto appartengano, Verga ne compose solo due I malavoglia ('81) e Mastro don Gesualdo ('89): il primo racconta la storia di una famiglia di poveri pescatori di Aci Trezza travolta da una serie di disavventure e di disgrazie che solo alla fine vede profilarsi la speranza di risollevarsi dalla malasorte il secondo narra la vita di un muratore che col lavoro e la tenacia si arricchisce e sale nella scala sociale ma finisce miseramente nel più completo isolamento e fallimento spirituale.
Il mondo verghiano è animato dal pi cupo pessimismo : la vita è una lotta nella quale si è destinati alla sconfitta malgrado l'intensità e la costanza dell'impegno che vi si mette. Ma la vera grande importanza dell'opera verghiana consiste nel linguaggio nello stile. Lo scrittore non racconta, ma lascia per così dire che le cose si raccontino da sè: la vicenda procede come vista e filtrata dalla coralità dei personaggi che la vivono ripensandola e commentandola con la propria esperienza e sensibilità. La lingua e la sintassi di Verga sono un'assoluta novità : la forte impronta dialettale dà particolare rilievo di autenticità e di verità a cose e persone, portandole in un certo senso alla luce dall'interno della coscienza dei protagonisti e di chi gli si muove attorno.
Le rimanenti opere narrative verghiane romanzi e novelle non sono ambientate in Sicilia me non hanno perspicuità e la grandezza delle quattro che abbiamo citato. Questo forse comprova quanto l'arte di Verga sia legata al linguaggio e alla terra d'origine.
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