la miseria è il soggetto più frequente dei volumi siciliani del Verga.
Lo stento quotidiano è il centro dal quale si colloca più costantemente il Verga nelle sue costruzione di artista. Intorno ad esso si sviluppa tutta una psicologia fusa in gesti ed azioni a cui può mancare la varietà ma non la coerenza e la forza persuasiva. La filosofia semplice, solida e triste dei suoi personaggi; la loro abitudine di curvare il capo senza bestemmie e senza lamenti accettando la propria sorte come l'opera di una forza sconosciuta; la loro resistenza tenace alle sofferenze morali e fisiche, alle angherie dei ricchi, all'ostilità del clima, alle giornate lunghe di lavoro alle disgrazie che nascono l'una dall'altra; l'assoluta mancanza di sentimenti di lusso; la parte scarsa o poco a evidente che hanno in loro gli affetti comuni soverchiati dalle necessità della vita; la brevità dell'amore che, dopo le nozze cede rapidamente alle fatiche per la conquista del pane, e s'inacidisce fra le strettezze continue dell'esistenza; certe forme di disonestà e di ottusità morale : tutto rispecchia la miseria che domina tirannicamente nel mondo del Verga. Anche l'inaudito accanimento con il quale alcuni suoi personaggi lottano per guadagnarsi l'agiatezza, la straordinaria resistenza ai disagi che devono affrontare, il pregio affettivo insolito che essi attribuiscono ai campi e ai danari, sotto l'effetto di quella lunga esperienza di quanto si soffra quando si è minacciati senza tregua dalla fane e dai debiti. Mazzarò e Mastro Don Gesualdo non sono che dei Malavoglia a cui la sorte ha concesso di liberarsi dal bisogno. Il Verga ha esaurito affatto il tema dello stento della prepotenza inesorabile che ha il pane quotidiano sulla vita degli uomini. Chi ha conosciuto la miseria, rimane quale essa lo ha foggiato, difficilmente si libera dalle abitudini e dai sentimenti e dai sentimenti che vi ha contratto