Giovanni Pascoli - le concezioni
la concezione pascoliana della realtà è fondata sull'avvertita, dominante presenza di un mistero insondabile al fondo della vita dell'uomo e del cosmo . Mentre il positivismo, fiducioso nella scienza, aveva relegato l'inconoscibile ai margini della conoscenza, conoscenza, concependolo tuttavia come una sorta di territorio ignoto da sottoporre progressivamente a una ricerca condotta con metodo sperimentale il Pascoli ne fa il centro, l'interesse dominante e, in sostanza, statico d'una sofferta meditazione.
La scienza a suo avviso ha confermato la sanzione della morte ha ricondotto nel momento in cui riconosceva di essere impotente di fronte a essa e incapace di vincerla, la mente dell'uomo alla coscienza del suo destino inesplicabile. D'altra parte, ha infranto l'antica fede religiosa, anch'essa, peraltro, fallita dal momento che in tanti secoli non è riuscita a distruggere il lievito cattivo, per il quale sono ora temute a un tempo guerre coloniali, nazioni ed etniche.
Queste parole scriveva il Pascoli nel discorso L'era Nuova allo scadere del secolo XIX(l'era di cui parlava era il Novecento ) aggiungendo al timore di guerre sterminatrici rese più cruente dalla potenza delle macchine, quello d'una dura rivolta sociale delle classi oppresse. Ma la condizione attuale di pena era poi quella di sempre. L'uomo brancola da sempre nel buio ignaro della sua origine e delle finalità del suo vivere; è un essere fragile mosso da impulsi spesso insondabili e ciechi che lo spingono spesso all'odio e alla violenza. L'atteggiamento del Pascoli di fronte alla realtà è di conseguenza caratterizzato dalla vertigine provata davanti al mistero dell'essere da una perplessità angosciosa davanti al problema insolubile del dolore, del male, della morte.
L'era nuova terminava esortando l'uomo ad abbracciare con lucida consapevolezza il suo destino di creatura mortale. Questa doveva essere la sua nuova religione, congiunta a una rinnovata solidarietà con altri nell'amore e nel dolore Ne deriva un messaggio di fraternità e di pace che si ritrova in molte liriche pascoliane, come nei Due Fanciulli .
Si tratta di un messaggio vagamente cristiano privo però di un tema essenziale del Cristianesimo ossia del riconoscimento della responsabilità individuale e fondato d'altra parte sulla volontà di una suprema giustificazione della vita e su una ricerca ansiosa del divino che rimasero nel Pascoli sempre insoddisfatte.
Se mai il messaggio pascoliano potrebbe essere paragonato a quello leopardiano della Ginestra se non che manca nel Pascoli la volontà della lotta eroica contro la natura e il destino. La natura è per il Pascoli buona è una madre dolcissima contemplata e amata sia nella quiete e nella dolcezza dei paesaggi campestri sia negli spazi sterminati dei cieli. Se i primi sembrano sussurrare una parola arcana ma dolce, i secondi ispirano spesso un senso di vertigine e di smarrimento col continuo nascere e morire anzi crollare in lo di mondi e per la loro infinità che sembra quasi annullare il limitato destino dell'uomo. Certo quello del Pascoli è uno spazio sterminato senza una direzione dove l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo -l'astro e il filo d'erba - si toccano partecipano egualmente dell'unico mistero della vita ; ma questa col suo continuo essere e rinnovarsi con la vastità infinita e imponderabile è amata e poeticamente vissuta dal poeta.