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mercoledì 29 aprile 2020

un Casamonti in città - Mario Pratesi

un Casamonti in città - Mario Pratesi 

l'eredità racconta la storia di due fratelli che alla morte del padre lasciano la campagna e si trasferiscono in città a Siena : Ferdinando  col commercio del vino raggiunge una certa agiatezza che Stefano, contadino laborioso ma rozzo e irascibile, non otterrà mai  neppure con l'eredità del fratello, la cui morte scatenerà  rissosi e fatali contrasti tra gli eredi.

Il meglio dell'opera consiste al di là della vicenda, nella descrizione dell'ambiente  toscano contadino e provinciale, nei paesaggi e nei personaggi, nel tono  cupo e crudele degli egoismi, dell'animosità, delle cupidigie : la vicenda si conclude tragicamente ma è una tragedia  che sa più di punizione che di malvagità della sorte.
Quando il protagonista va in città emerge l'impatto con la gente. La lingua ha il timbro della parlata toscana senza voci dialettali. Lo stile è denso talora duro  e non si apre mai alla spensieratezza o all'entusiasmo, dietro a questo stile  si avverte una concezione amara e scontrosa dell'esistenza.

venerdì 24 aprile 2020

Mario Pratesi

Mario Pratesi

Mario Pratesi (1842 - 1921) nato a Santa Fiora sulle pendici dell'Amiata da madre senese e morto  a Firenze dopo un'esistenza travagliata soprattutto per il carattere ribelle e insofferente, e conclusa con un quindicennio di laboriosa solitudine.
La sua opera è percorsa da una toscanità ruvida e gagliarda con un fondo tragico e un senso doloroso della vita, ben diversa dalla toscanità più serena e accogliente di un Fucini, ma di essa certo più ricca e profonda. I suoi  libri più belli sono I romanzi l'eredità e il mondo di Dolcetta ambientati nel senese nei quali lo scrittore  dichiarò di voler ritrarre I costumi della gente toscana, della plebe rurale e civile nel primo, della borghesia e dell'aristocrazia nel secondo con una pittura fedele dei tempi e delle cose di cui era stato spettatore.
In Pratesi si sente la lezione verghiana ma rivissuta in modo personale e autonomo divenuta forse non più di uno stimolo per accostarsi al proprio mondo e riprodurne lo spirito e la vita.

mercoledì 22 aprile 2020

un povero cane - Emilio De Marchi

un povero cane - Emilio De Marchi

la sera di Natale un ricco agricoltore sta banchettando allegramente insieme ai famigliari, ma la festa è disturbata da un cupo lamento di una cane nel silenzio della notte : è l'animale di un povero contadino che quasi impazzito dalla fame e la pellagra si è gettato in un canale.
Per far tacere la voce insistente che  pare un'accusa il più duro dei figli, quello che meglio degli altri ha assimilato dal padre l'insensibilità e l'egoismo lo uccide con una fucilata. E' una pagina amara volutamente senza commenti, che apertamente  denuncia ingiustizie sociali e ributtante disumanità. L'atmosfera riccamente  sfarzosa del banchetto e la cupa dolorosa rievocazione del povero contadino suicida sono realizzate attraverso due tonalità  narrative che , contrapponendosi  violentemente generano nel lettore un giudizio morale di estrema severità

martedì 21 aprile 2020

Emilio De Marchi

Emilio De Marchi


Il milanese Emilio De Marchi (1851-1901) che svolse prevalentemente attività di educatore popolare, può essere considerato  l'erede spirituale di Manzoni. Si dedicò agli strati più diseredati  della città  e, in un periodo di violenti moti sociali, pensò che l'elevazione morale e spirituale degli umili potesse giovare alla reciproca comprensione e alla pacificazione civile. I suoi romanzi (Demetrio  Pianelli, '90; Arabella '92, ecc) e le sue novelle (storie d'ogni colore '85 ecc.) ritraggono  il popolo e la piccola borghesia della città e della campagna, ne descrivono  la miseria e l'umanità con un linguaggio semplice e piano che mira alla celebrazione dei più elementari  valori spirituali come il dovere, l'onore  la dignità, la dedizione, il sacrificio. I suoi personaggi vivono un'esistenza grigia tra stenti e sofferenze senza mai lamentarsi; le loro vicende sono fuse con il paesaggio che ne costituisce in un certo senso l'atmosfera, il respiro  esteriore pur essendo sempre individuato con notazioni precise attente e realistiche

lunedì 20 aprile 2020

lo spaccapietre - Fucini

lo spaccapietre - Fucini

il bozzetto pubblicato per la prima volta su una rivista nel 1881 e poi inserito nelle Vegli di Neri, ha tutte le caratteristiche del mondo e dello stile fuciniani : profonda simpatia umana, commossa partecipazione alla durezza della vita e ai sacrifici della povera gente, concezione seria e operosa dell'esistenza, amore per la propria gente e per la propria terra, da cui deriva la forte patina del linguaggio parlato che caratterizza nello stesso tempo l'ambiente e il personaggio.

Fucini è uno scrittore aperto e scorrevole che sa sbozzare con pochi tocchi sobrii e realisticamente efficaci la figura dello spaccapietre e descriverne con spigliata immediatezza senza mai lasciarsi prendere dalla commozione le fatiche e la dura vita sopportate con forza e serenità : dietro di lui si intravvedono appena accennate le figure minori dei famigliari che per se stesse per le sfumature che gli aggiungono per renderne più completa l'intensità umanità. E' una bella pagina sanamente realistica,invitante e cordiale

domenica 19 aprile 2020

Renato Fucini

Renato Fucini

Renato Fucini (1843-1921)  nacque e visse in Toscana, per la sua attività di insegnante e di ispettore scolastico conobbe direttamente la gente  della sua terra, soprattutto  I più umili, di cui descrisse sentimenti, vicende, atteggiamenti. La forma espressiva  a lui più congeniale  fu il bozzetto: celebri le due raccolte Le Veglie di Neri ('84) e l'aria aperta ('87) due piccoli capolavori di sincerità e schiettezza. La sua prosa ha l'immediatezza della lingua parlate con sfumature dialettali; in dialetto  pisano scrisse una raccolta di sonetti, affini per spirito, motivi e vivacità ai racconti

venerdì 17 aprile 2020

come scrivere un tema

introduzione
inquadrare il  periodo  in rapporto  all'epoca precedente studiando le cause che l'hanno preparato
Breve esame delle fonti da su si possono attingere notizie obiettive

corpo 
1 carattere dell'epoca nei vari campi: religioso e morale,  filosofico, politico e sociale,  culturale e artistico
I principali problemi  agitati  in ciascuna delle suddette attività le ricerche intraprese  e le conquiste raggiunte
2 uomini  notevoli loro pregi e loro difetti
3 comportamento  della massa  nei loro riguardi  li assecondò  o li  osteggiò ?  per quali motivi ?
4 Illustrare in particolare quella disciplina, arte   attività che è caratteristica dell'epoca 
( per esempio  il tecnicismo pratico del secolo XX rispetto  all'interesse  artistico e letterario  del secolo precedente tuttavia non generalizzare  giacchè  in ogni periodo molteplici sono gli aspetti anche se uno è spesso  il più appariscente)
5 tracce rimaste  e cancellate di tale epoca;  affinità e contrasti  tra quell'età e la nostra

conclusione
Giudizio  sull'interesse o meno destato dallo studio  di tale periodo bilancio  degli elementi positivi e negativi  dei pregi e difetti  del progresso  e del decadimento dei costumi  arti e scienze ecc...
Si può in definitiva tessere un elogio  o si deve ammettere con esso  una stasi nella evoluzione perpetua della storia ?

mercoledì 15 aprile 2020

la mula - Luigi Capuana

La mula - Luigi Capuana

Il racconto risale al 1881 e fa parte delle Paesane, l'opera dove si descrivono usi, costumi, passioni, superstizioni, vizi, mentalità  del popolo siciliano.

Per gli scrittori naturalisti e veristi nell'uomo no c'è spazio per I sentimenti, perché il suo comportamento è legato alle condizioni ambientali ed economiche della situazione  in cui vive. Così' è per don Michele per il quale conta solo la proprietà : la mula che vale 40 onze è perciò più importante della moglie e la sua malattia lo mette giustamente in angosciosa costernazione.

 Invece la malattia della moglie non lo angustia anzi  per lui non esiste da un punto di vista affettivo; è solo un accidente  che gli si aggiunge con la minaccia di rovinarlo completamente perché se la moglie muore  egli dovrà restituirne la dote ai famigliari.

 Don Michele non è un uomo, non ha sentimenti  ne passioni, non ha neanche l'amore per la roba del verghiano Mazzarò, non ha cuore; Capuana ha costruito  un personaggio che vive soltanto perché sollecitato da una molla del tutto esteriore che annulla in lui ogni elemento  sentimentale e umano. La conclusione ha qualcosa di grottesco e una sfumatura ironica : lo scrittore esce improvvisamente allo scoperto abbandonando la tradizionale impossibilità e ci lascia scorgere per un attimo solo la sua sdegnata condanna



lunedì 13 aprile 2020

Luigi Capuana

Luigi Capuana

Luigi Capuana  siciliano (1839-1915)  di Mineo presso Catania fu scrittore  critico insegnante universitario, ma soprattutto  amò la sua terra che descrisse e fece conoscere in tutto il paese.

Si appassionò ai principi  dei naturalisti francesi, li sostenne, li divulgò e li applicò nella sua opera letteraria. Scrisse  due importanti romanzi  Giacinta (1879) il marchese di Roccaverdina (1901) e parecchi libri di novelle  tra cui eccellono Le paesane ( 1894). Compose anche opere teatrali  in dialetto  e libri di narrativa per l'infanzia (Scurpiddu).

sabato 11 aprile 2020

libertà di Giovanni Verga

Libertà di Giovanni Verga

anche questo racconto è tratto dalle novelle rusticane  vi si rievoca la rivolta contadina avvenuta  a Bronte nel Catanese nell'agosto del 1860 e domata da Nino Bixio.
L'impresa dei Mille di Garibaldi aveva fatto sperare che con la sconfitta dei Borboni si potesse avere la pienezza della libertà : di qui lo scatenarsi delle masse contadine contro I proprietari terrieri e I nobili per desiderio di terre da coltivare e per spirito di vendetta contro i secolari soprusi patiti tra stenti e umiliazioni di ogni genere. Ma il sogno della libertà  come tutti I miti che colpiscono e trascinano l'uomo  è destinato a fallire l'amara conclusione della vicenda da una parte corrisponde  alla realtà storica  e politica del tempo dall'altra esprime il pessimismo verghiano con la sua sconsolata concezione della vita.

mercoledì 1 aprile 2020

la miseria nell'opera di Verga

la miseria nell'opera di Verga


la miseria è il soggetto più frequente dei volumi siciliani del Verga.
Lo stento quotidiano è il centro dal quale si colloca più costantemente il Verga nelle sue costruzione di artista. Intorno  ad esso si sviluppa tutta una psicologia fusa in gesti ed azioni  a cui può mancare la varietà ma non la coerenza e la forza persuasiva. La filosofia semplice, solida e triste dei suoi personaggi; la loro abitudine di curvare il capo senza bestemmie e senza lamenti accettando la propria sorte  come l'opera di una forza sconosciuta; la loro resistenza tenace alle sofferenze morali e  fisiche, alle angherie dei ricchi, all'ostilità del clima, alle giornate lunghe  di lavoro alle disgrazie che nascono l'una dall'altra; l'assoluta mancanza di sentimenti di lusso;  la parte scarsa o poco a evidente  che hanno in loro gli affetti comuni soverchiati dalle necessità della vita; la brevità dell'amore  che, dopo le nozze cede rapidamente alle fatiche per la conquista del pane, e s'inacidisce fra le strettezze continue dell'esistenza; certe forme di disonestà e di ottusità morale : tutto  rispecchia la miseria che domina  tirannicamente nel mondo del Verga. Anche  l'inaudito accanimento con il  quale alcuni suoi personaggi lottano per guadagnarsi l'agiatezza, la straordinaria resistenza ai disagi che devono affrontare, il pregio  affettivo insolito che essi attribuiscono ai campi e ai danari, sotto l'effetto di quella  lunga esperienza di quanto si soffra quando si è minacciati senza tregua dalla fane e dai debiti. Mazzarò  e Mastro Don Gesualdo  non sono che dei Malavoglia a cui  la sorte ha concesso di liberarsi dal bisogno. Il  Verga ha esaurito affatto il tema dello stento della prepotenza inesorabile che ha il pane quotidiano sulla vita degli uomini. Chi ha  conosciuto la miseria, rimane quale essa lo ha foggiato, difficilmente si libera dalle abitudini e dai sentimenti  e dai sentimenti che vi ha contratto