la poetica di Ugo Foscolo
La lingua foscoliana nasce dal cuore della tradizione classica ed è l'esempio più alto del nostro neoclassicismo. Per Foscolo infatti non si tratta solo di riprendere dai classici il lessico, le strutture sintattiche e del periodo e tutto l'apparato storico e mitologico di una tradizione che, attraverso il '700, si perde all'indietro sino al mondo classico; ma l'operazione culturale che recupera il mito dell'antica Grecia la favolosa Ellade nasce e dall'interno di una sensibilità che è già profondamente romantica per l'accesa passionalità per il senso doloroso dell'esistenza per il fascino della morte rasserenatrice d'ogni male. Il linguaggio classico è il linguaggio che una volta, in passato ormai remoto e perduto per sempre, ha cantato una civiltà di bellezza e di armonia, di serenità e di pace interiore; e anche se in quel tempo felice le più alte conquiste dell'anima nascevano dalla sofferenza e dal lutto, erano pur sempre consolate da un approdo lungamente sognato. come la petrosa Itaca dell'eroe Ulisse dal lungo al tormentato esilio.
La classicità del linguaggio foscoliano proprio grazie a questo contenuto personalissimo per diretta esperienza e vino per consonanza con la sensibilità contemporanea non è mai freddo o artefatto : la passione lo sdegno il sogno eroico l'abbandono casto al sentimento d'amore la pietà per le vittime e per il dolore dei tempi feroci delle guerre e delle ingiustizie lo piegano a timbri e a immagini di palpitante umanità di raro equilibrio estetico. Non è un linguaggio di sapore moderno come sarà quello anch'esso classicheggiante di Leopardi, ma è un linguaggio che per la sua intensa vitalità umana e poetica fa dimenticare il peso della forma classica tanto lontano dal nostro gusto di oggi
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venerdì 3 maggio 2019
mercoledì 24 aprile 2019
il mito troiano - Ugo Foscolo
il mito troiano - Ugo Foscolo
Negli ultimi versi del carme conclude il discorso poetico e celebra il valore civile della poesia in quanto questa si sostituisce, perpetuandone la memoria e la funzione ai sepolcri quando saranno consumati dal tempo. Il ricordo delle imprese gloriose degli antenati in questo modo non scompare perchè resta affidato alla poesia, la cui voce dura in eterno : il mito troiano ne é una prova.
Attraverso la rievocazione del mito troiano e della figura di Omero il poeta ribadisce, come si è detto, l'alto valore umano e civile della poesia che, conservando I valori del passato, ispira le conquiste spirituali presenti e future della civiltà.
Infatti per Foscolo la civiltà dipende dalla poesia che ne consente lo sviluppo e l'arricchimento perché, rendendo immortali glorie e sventure, eroismi e sacrifici, impedisce che il tempo cancelli quanto l'umanità ha fatto lottando per i propri ideali. E su questi valori e su questi ideali si fonda appunto la civiltà e il suo significato di perfezionamento interiore degli uomini e dei popoli.
Dove un giorno fu la città di Troia ora non c'è più nulla, eppure quel luogo è eternamente famoso, proprio in grazia della poesia. Quando la ninfa Elettra, amata da Giove, si sentì prossima alla morte, lo pregò di rendere immortale il suo ricordo e ne ottenne l'immortalità per la propria tomb. In quella tomba furono sepolti I suoi discendenti, fondatori di Troia ed essa diventò sacrario della città.
Ivi Cassandra profetizzò la caduta e la rovina della patria, annunziando, a consolazione delle divinità protettrici le quali sarebbero rimaste tra le rovine, che un giorno sarebbe venuto tra le macerie un poeta cieco : ascoltata la tragica vicenda di Troia, egli avrebbe immortalato I Greci vincitori ma anche il glorioso sacrificio di Ettore e dei suoi
Negli ultimi versi del carme conclude il discorso poetico e celebra il valore civile della poesia in quanto questa si sostituisce, perpetuandone la memoria e la funzione ai sepolcri quando saranno consumati dal tempo. Il ricordo delle imprese gloriose degli antenati in questo modo non scompare perchè resta affidato alla poesia, la cui voce dura in eterno : il mito troiano ne é una prova.
Attraverso la rievocazione del mito troiano e della figura di Omero il poeta ribadisce, come si è detto, l'alto valore umano e civile della poesia che, conservando I valori del passato, ispira le conquiste spirituali presenti e future della civiltà.
Infatti per Foscolo la civiltà dipende dalla poesia che ne consente lo sviluppo e l'arricchimento perché, rendendo immortali glorie e sventure, eroismi e sacrifici, impedisce che il tempo cancelli quanto l'umanità ha fatto lottando per i propri ideali. E su questi valori e su questi ideali si fonda appunto la civiltà e il suo significato di perfezionamento interiore degli uomini e dei popoli.
Dove un giorno fu la città di Troia ora non c'è più nulla, eppure quel luogo è eternamente famoso, proprio in grazia della poesia. Quando la ninfa Elettra, amata da Giove, si sentì prossima alla morte, lo pregò di rendere immortale il suo ricordo e ne ottenne l'immortalità per la propria tomb. In quella tomba furono sepolti I suoi discendenti, fondatori di Troia ed essa diventò sacrario della città.
Ivi Cassandra profetizzò la caduta e la rovina della patria, annunziando, a consolazione delle divinità protettrici le quali sarebbero rimaste tra le rovine, che un giorno sarebbe venuto tra le macerie un poeta cieco : ascoltata la tragica vicenda di Troia, egli avrebbe immortalato I Greci vincitori ma anche il glorioso sacrificio di Ettore e dei suoi
martedì 23 aprile 2019
le tombe di Santa Croce - Ugo Foscolo
le tombe di Santa Croce - Ugo Foscolo
Quando parla delle tombe di santa croce esalta la funzione civile delle tombe dei grandi, che spingono gli animi generosi ad imitare l'esempio dei più nobili e gloriosi tra gli antenati, dei quali rendono perenne ricordo e fanno rivivere, inalterato, lo spirito.
Le tombe dei grandi rendono belle e sacra la terra che le ospita. Così è di Firenze. Quando Foscolo visitò la chiesa di Santa Croce con le tombe di Macchiavelli, di Michelangelo e di Galileo, gridò la sua ammirazione alla città fortunata per il clima ridente e salubre per aver dato a Dante I natali e a Petrarca i genitori e la lingua, ma soprattutto perché conserva le tombe in Santa Croce le glorie italiche le uniche che ci sono rimaste dopo invasioni e predominio straniero di secoli. A queste tombe dovranno venire ad ispirarsi gli Italiani, quando nuovamente proveranno desiderio di gloria, proprio come vi veniva Alfieri, angosciato dalle sventure presenti della patria ed animato dalla speranza nel futuro. Anch'egli ora é sepolto in Santa Croce : dal sacro silenzio del tempio spira una voce, la voce dell'amor patrio, quella stessa voce che spinse I Greci a lottare contro I Persiani a Maratona. Le tombe dei vincitori di Maratona fanno rivivere agli occhi del navigante, nella quiete notturna, I fantasmi eroici della gloriosa battaglia, rinnovando nel suo animo I sentimenti degli eroi caduti per la libertà della loro terra.
Il passaggio dalla celebrazione del tempio di Santa Croce all'antica Grecia dà alla lirica un respiro più vasto e universale. La passione civile e politica che freme tra i versi e la rievocazione della leggendaria battaglia di Maratona mostrano chiaramente la complessa spiritualità di questo poeta che sull'educazione e sul culto dei classici innesta una fremente sensibilità romantica.
Quando parla delle tombe di santa croce esalta la funzione civile delle tombe dei grandi, che spingono gli animi generosi ad imitare l'esempio dei più nobili e gloriosi tra gli antenati, dei quali rendono perenne ricordo e fanno rivivere, inalterato, lo spirito.
Le tombe dei grandi rendono belle e sacra la terra che le ospita. Così è di Firenze. Quando Foscolo visitò la chiesa di Santa Croce con le tombe di Macchiavelli, di Michelangelo e di Galileo, gridò la sua ammirazione alla città fortunata per il clima ridente e salubre per aver dato a Dante I natali e a Petrarca i genitori e la lingua, ma soprattutto perché conserva le tombe in Santa Croce le glorie italiche le uniche che ci sono rimaste dopo invasioni e predominio straniero di secoli. A queste tombe dovranno venire ad ispirarsi gli Italiani, quando nuovamente proveranno desiderio di gloria, proprio come vi veniva Alfieri, angosciato dalle sventure presenti della patria ed animato dalla speranza nel futuro. Anch'egli ora é sepolto in Santa Croce : dal sacro silenzio del tempio spira una voce, la voce dell'amor patrio, quella stessa voce che spinse I Greci a lottare contro I Persiani a Maratona. Le tombe dei vincitori di Maratona fanno rivivere agli occhi del navigante, nella quiete notturna, I fantasmi eroici della gloriosa battaglia, rinnovando nel suo animo I sentimenti degli eroi caduti per la libertà della loro terra.
Il passaggio dalla celebrazione del tempio di Santa Croce all'antica Grecia dà alla lirica un respiro più vasto e universale. La passione civile e politica che freme tra i versi e la rievocazione della leggendaria battaglia di Maratona mostrano chiaramente la complessa spiritualità di questo poeta che sull'educazione e sul culto dei classici innesta una fremente sensibilità romantica.
lunedì 15 aprile 2019
i Sepolcri - Ugo Foscolo
I Sepolcri
La poesia della fine del '700 fu caratterizzata prevalentemente da due tendenze la neoclassica e la preromantica. La prima tendeva alla celebrazione dell'antica Grecia, simbolo di bellezza e di armonia, la seconda indulgeva a sentimenti malinconici e a descrizioni lugubri. Nel gusto preromantico rientra la così detta poesia sepolcrale che canta le tenebre notturne, i cimiteri e il triste pensiero della morte, e che fiorì soprattutto in Inghilterra ed è rappresentata ad esempio dalla famosissima Elegia su un cimitero di campagna di Thomas Gray (1716-1771). Il carme foscoliano pubblicato ne 1807 rientra nel genere sepolcrale, ma si stacca dai modelli contemporanei per la sua ispirazione civile e morale : lungi dall'essere un lamento per l'ineluttabilità della morte. I Sepolcri foscoliani sono una celebrazione della vita eroica e dei valori spirituali che guidano l''uomo. Prendendo spunto dall'imminente estensione all'Italia di Saint-Cloud che vietava le sepolture entro gli abitati urbani il poeta riflette sull'utilità dei sepolcri per concludere che essi non portano nessuna utilità ai defunti, ma sono importanti per i vivi perché danno loro l'illusione che i morti non sono morti del tutto se una tomba continua a perpetuarne il ricordo tra i viventi. In questo modo il culto dei morti che non lascia perire il ricordo dei trapassati e degli ideali in cui credettero, consente e garantisce lo sviluppo della civiltà in quanto questa si fonda appunto sulla conservazione del patrimonio di quei valori spirituali e sull'esempio dei sacrifici che ciascuna generazione ha saputo affrontare per realizzarli : in particolare vale il culto degli spiriti più grandi del passato in cui i popoli riconoscono e al cui insegnamento ritornano nel momento della rinascita nazionale.
Così per gli italiani la chiesa di Santa Croce in Firenze, dove sono sepolti i grandi del passato è il tempio sacro della patria, che di lì parla ai suoi figli attraverso quei sepolcri ispirandoli a lottare per la libertà. Quando le tombe cadranno distrutte dal tempo il loro messaggio sarà perpetuato dalla poesia che è eterna : ne è la prova la lirica di Omero che ancor oggi fa rivivere in noi il sacrificio di Ettore per la salvezza della patria troiana.
La poesia della fine del '700 fu caratterizzata prevalentemente da due tendenze la neoclassica e la preromantica. La prima tendeva alla celebrazione dell'antica Grecia, simbolo di bellezza e di armonia, la seconda indulgeva a sentimenti malinconici e a descrizioni lugubri. Nel gusto preromantico rientra la così detta poesia sepolcrale che canta le tenebre notturne, i cimiteri e il triste pensiero della morte, e che fiorì soprattutto in Inghilterra ed è rappresentata ad esempio dalla famosissima Elegia su un cimitero di campagna di Thomas Gray (1716-1771). Il carme foscoliano pubblicato ne 1807 rientra nel genere sepolcrale, ma si stacca dai modelli contemporanei per la sua ispirazione civile e morale : lungi dall'essere un lamento per l'ineluttabilità della morte. I Sepolcri foscoliani sono una celebrazione della vita eroica e dei valori spirituali che guidano l''uomo. Prendendo spunto dall'imminente estensione all'Italia di Saint-Cloud che vietava le sepolture entro gli abitati urbani il poeta riflette sull'utilità dei sepolcri per concludere che essi non portano nessuna utilità ai defunti, ma sono importanti per i vivi perché danno loro l'illusione che i morti non sono morti del tutto se una tomba continua a perpetuarne il ricordo tra i viventi. In questo modo il culto dei morti che non lascia perire il ricordo dei trapassati e degli ideali in cui credettero, consente e garantisce lo sviluppo della civiltà in quanto questa si fonda appunto sulla conservazione del patrimonio di quei valori spirituali e sull'esempio dei sacrifici che ciascuna generazione ha saputo affrontare per realizzarli : in particolare vale il culto degli spiriti più grandi del passato in cui i popoli riconoscono e al cui insegnamento ritornano nel momento della rinascita nazionale.
Così per gli italiani la chiesa di Santa Croce in Firenze, dove sono sepolti i grandi del passato è il tempio sacro della patria, che di lì parla ai suoi figli attraverso quei sepolcri ispirandoli a lottare per la libertà. Quando le tombe cadranno distrutte dal tempo il loro messaggio sarà perpetuato dalla poesia che è eterna : ne è la prova la lirica di Omero che ancor oggi fa rivivere in noi il sacrificio di Ettore per la salvezza della patria troiana.
martedì 26 marzo 2019
A Zacinto - Ugo Foscolo
A Zacinto - Ugo Foscolo
Il poeta in esilio, lontano dall'isola nativa, dove trascorse l'infanzia serena, e ripensa a lei con profonda nostalgia, sapendo di non potervi mai più tornare, la rivede con il cuore nella sua smagliante bellezza, tra le acque del mare, da cui nacque la dea Venere, simboli di bellezza e della vita, la quale con il suo primo sorriso donò a quelle isole lo splendore di una ricchissima vegetazione e un clima incantevole.
Quell'incanto di cielo e di verde rivive nella poesia del più grande poeta greco, Omero; ma nei suoi versi è anche raccontata la storia tristissima di Ulisse, costretto dal fato a navigare per tanti mari avversi, prima di poter riabbracciare, reso ormai illustre dalla fama e dalla sventura, la sua nativa Itaca, un povero isolotto pietroso. Il Foscolo però ha un destino assai più amaro dell'eroe greco, perché rivedrà mai più la sua bellissima terra: a lei potrà lasciare solo la sua poesia, mentre il suo cadavere verrà sepolto in terra straniera e nessuno piangerà sulla sua tomba .
In questo sonetto accanto al motivo dell'esilio e del tormento per non poter più rivedere l'amata terra natia, il poeta esprime la propria incantata ammirazione per l'antica civiltà greca, simboleggiata appunto dalla bellezza di Zacinto e dall'altissima poesia di Omero.
Il culto della Grecia, come ideale di purezza, di armonia e di perfezione rientra nel gusto neoclassico, ma non fu estraneo neppure ai romantici che videro nella Grecia una specie di paradiso perduto dove poter dimenticare i loro tomenti interiori.
Anche nella Grecia esisteva il dolore : ne è la prova l'esilio di Ulisse. Ma alla fine Ulisse ritornò in patria ritrovando pace e felicità, cosa che è negata al Foscolo
Il poeta in esilio, lontano dall'isola nativa, dove trascorse l'infanzia serena, e ripensa a lei con profonda nostalgia, sapendo di non potervi mai più tornare, la rivede con il cuore nella sua smagliante bellezza, tra le acque del mare, da cui nacque la dea Venere, simboli di bellezza e della vita, la quale con il suo primo sorriso donò a quelle isole lo splendore di una ricchissima vegetazione e un clima incantevole.
Quell'incanto di cielo e di verde rivive nella poesia del più grande poeta greco, Omero; ma nei suoi versi è anche raccontata la storia tristissima di Ulisse, costretto dal fato a navigare per tanti mari avversi, prima di poter riabbracciare, reso ormai illustre dalla fama e dalla sventura, la sua nativa Itaca, un povero isolotto pietroso. Il Foscolo però ha un destino assai più amaro dell'eroe greco, perché rivedrà mai più la sua bellissima terra: a lei potrà lasciare solo la sua poesia, mentre il suo cadavere verrà sepolto in terra straniera e nessuno piangerà sulla sua tomba .
In questo sonetto accanto al motivo dell'esilio e del tormento per non poter più rivedere l'amata terra natia, il poeta esprime la propria incantata ammirazione per l'antica civiltà greca, simboleggiata appunto dalla bellezza di Zacinto e dall'altissima poesia di Omero.
Il culto della Grecia, come ideale di purezza, di armonia e di perfezione rientra nel gusto neoclassico, ma non fu estraneo neppure ai romantici che videro nella Grecia una specie di paradiso perduto dove poter dimenticare i loro tomenti interiori.
Anche nella Grecia esisteva il dolore : ne è la prova l'esilio di Ulisse. Ma alla fine Ulisse ritornò in patria ritrovando pace e felicità, cosa che è negata al Foscolo
Nè più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.
ace e felicità, cosa che è negata al Foscolo
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque
Venere, e fea quelle isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque
Cantò fatali, ed il diverso esiglio
Per cui bello di fama e di sventura
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.
Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura.
venerdì 22 marzo 2019
in morte del fratello Giovanni - Ugo Foscolo
in morte del fratello Giovanni - Ugo Foscolo
Il poeta, vagante in esilio lontano da Venezia, pensa al fratello morto, ma non sa quando potrà fermarsi e tornare a piangerne la giovinezza, immaturamente stroncata dal destino, sostando sulla sua tomba. Presso di essa ora è solo la vecchia madre : alla spoglia che non può darle risposta parta del fratello esule, il quale da lontano pensa a loro, angosciato dalla sventura e tanto profondamente deluso dalla vita. Quando il poeta dalla sua terra d'elisio saluta col cuore la patria perduta, allora comprende meglio le avversità della vita e i tormenti, che sconvolsero la beve esistenza del fratello, e ne invidia, desiderandola anche per sé, la pace che finalmente ha trovato nella morte. Di tante speranze giovanili ora non resta dunque che l'attesa della morte, portatrice di pace, che ponga fine ai travagli e alle delusioni. Ma perché il pensiero della morta sia più dolce, il poeta rivolge un'accorata preghiera agli stranieri, presso i quali morirà esule : restituiscano allora il suo cadavere alla povera madre, che ne avrà lieve conforto. E con lei lo stesso poeta.
Il sonetto è ispirato al famoso carme che il poeta latino Catullo compose sul sepolcro del fratello nella lontana Bitinia, raggiunta dopo un lungo viaggio: ma mentre nel carme latino il motivo ispiratore è il dolore fraterno, qui al centro della poesia foscoliana campeggia il dramma dell'esule che non può piangere sulla tomba del fratello né consolare la madre. La triste sorte dell'infelice famiglia è simboli della profonda infelicità dell'esistenza, che sono nella morte può trovare la pace.
Si noti la delicatezza del poeta, che non accenna al suicidio del fratello: è un tratto di fraterna pietà, che rende ancora più suggestiva e poetica la figura del giovane di cui lascia nel vago i profondi travagli spirituali. Il giovane Giovanni Dionigi Foscolo, ufficiale di artiglieria nell'esercito napoleonico, si uccise a vent'anni, nel dicembre del 1801; il sonetto è stato scritto l'anno successivo
IN MORTE AL FRATELLO GIOVANNI
Il poeta, vagante in esilio lontano da Venezia, pensa al fratello morto, ma non sa quando potrà fermarsi e tornare a piangerne la giovinezza, immaturamente stroncata dal destino, sostando sulla sua tomba. Presso di essa ora è solo la vecchia madre : alla spoglia che non può darle risposta parta del fratello esule, il quale da lontano pensa a loro, angosciato dalla sventura e tanto profondamente deluso dalla vita. Quando il poeta dalla sua terra d'elisio saluta col cuore la patria perduta, allora comprende meglio le avversità della vita e i tormenti, che sconvolsero la beve esistenza del fratello, e ne invidia, desiderandola anche per sé, la pace che finalmente ha trovato nella morte. Di tante speranze giovanili ora non resta dunque che l'attesa della morte, portatrice di pace, che ponga fine ai travagli e alle delusioni. Ma perché il pensiero della morta sia più dolce, il poeta rivolge un'accorata preghiera agli stranieri, presso i quali morirà esule : restituiscano allora il suo cadavere alla povera madre, che ne avrà lieve conforto. E con lei lo stesso poeta.
Il sonetto è ispirato al famoso carme che il poeta latino Catullo compose sul sepolcro del fratello nella lontana Bitinia, raggiunta dopo un lungo viaggio: ma mentre nel carme latino il motivo ispiratore è il dolore fraterno, qui al centro della poesia foscoliana campeggia il dramma dell'esule che non può piangere sulla tomba del fratello né consolare la madre. La triste sorte dell'infelice famiglia è simboli della profonda infelicità dell'esistenza, che sono nella morte può trovare la pace.
Si noti la delicatezza del poeta, che non accenna al suicidio del fratello: è un tratto di fraterna pietà, che rende ancora più suggestiva e poetica la figura del giovane di cui lascia nel vago i profondi travagli spirituali. Il giovane Giovanni Dionigi Foscolo, ufficiale di artiglieria nell'esercito napoleonico, si uccise a vent'anni, nel dicembre del 1801; il sonetto è stato scritto l'anno successivo
IN MORTE AL FRATELLO GIOVANNI
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
Di gente in gente; mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
fior de’ tuoi gentili anni caduto:
La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,
Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.
Di gente in gente; mi vedrai seduto
Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
fior de’ tuoi gentili anni caduto:
La madre or sol, suo dì tardo traendo,
Parla di me col tuo cenere muto:
Ma io deluse a voi le palme tendo;
E se da lunge i miei tetti saluto,
Sento gli avversi Numi, e le secrete
Cure che al viver tuo furon tempesta;
E prego anch’io nel tuo porto quiete:
Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, l’ossa mie rendete
Allora al petto della madre mesta.
mercoledì 20 marzo 2019
alla sera - Ugo Foscolo
alla sera - Ugo Foscolo
La sera è particolarmente cara al poeta, perché essendo l'immagine della morte, gli arreca pace e serenità. In ogni stagione, sia quando essa giunge accompagnata dalle limpide nubi dell'estate e dai tiepidi venticelli primaverili, sia quando porta agli uomini, dal cielo gonfio di neve, le incerte e lunghe tenebre invernali il poeta invoca la sera, che gli scende nell'animo con infinita dolcezza. I suoi pensieri vagano allora verso la morte e il nulla che ad essa segue; intanto il tempo passa e con lui se ne vanno i dolori e gli affanni che lo tormentano. Immerso nella contemplazione della pace serale, il poeta dimentica se stesso, mentre il cuore si placa quello spirito di ribelle scontentezza che perennemente freme nel suo animo.
Il sonetto unisce due elementi tipici della lirica romantica: il senso della natura e il senso tomentoso della vita. La natura è sentita come specchio e conforto dell'anima : l'uomo in essa si riconosce e in essa soltanto può trovare pace alle sue sofferenze interiori. Il cupo tormento spirituale del poeta descritto sullo sfondo della serena dolcezza della sera ci mostra drammaticamente il destino di dolore e di angoscia di un uomo che sa di poter trovare l'agognata pace sono nella morte.
ALLA SERA
La sera è particolarmente cara al poeta, perché essendo l'immagine della morte, gli arreca pace e serenità. In ogni stagione, sia quando essa giunge accompagnata dalle limpide nubi dell'estate e dai tiepidi venticelli primaverili, sia quando porta agli uomini, dal cielo gonfio di neve, le incerte e lunghe tenebre invernali il poeta invoca la sera, che gli scende nell'animo con infinita dolcezza. I suoi pensieri vagano allora verso la morte e il nulla che ad essa segue; intanto il tempo passa e con lui se ne vanno i dolori e gli affanni che lo tormentano. Immerso nella contemplazione della pace serale, il poeta dimentica se stesso, mentre il cuore si placa quello spirito di ribelle scontentezza che perennemente freme nel suo animo.
Il sonetto unisce due elementi tipici della lirica romantica: il senso della natura e il senso tomentoso della vita. La natura è sentita come specchio e conforto dell'anima : l'uomo in essa si riconosce e in essa soltanto può trovare pace alle sue sofferenze interiori. Il cupo tormento spirituale del poeta descritto sullo sfondo della serena dolcezza della sera ci mostra drammaticamente il destino di dolore e di angoscia di un uomo che sa di poter trovare l'agognata pace sono nella morte.
ALLA SERA
Forse perchè della fatal quïete
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
O Sera! E quando ti corteggian liete
Le nubi estive e i zeffiri sereni,
E quando dal nevoso aere inquiete
Tenebre, e lunghe, all’universo meni,
Sempre scendi invocata, e le secrete
Vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
Questo reo tempo, e van con lui le torme
Delle cure, onde meco egli si strugge;
E mentre io guardo la tua pace, dorme
Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
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