Vittorio Alfieri
Vittorio Alfieri (1749-1803) è la personalità più "europea" del settecento italiano. Nato ad Asti da una famiglia nobile, dopo una lunga serie di viaggi attraverso Italia, Francia, Inghilterra, Olanda, Prussia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Russia, Spagna e Portogallo, consumati parte da avventure e dissipatezze, parte in contatti umani e culturali e in osservazioni e meditazioni che lasciarono il segno nello spirito inquieto, abbandonò il Piemonte troppo angusto e retrivo per la sua personalità singolarmente vivace e irruente, e si trasferì in Toscana dedicandosi totalmente allo studio e alla letteratura. Scoperta una nativa vocazione per il teatro, compose diciannove tragedie (tra le più note ricordiamo il Saul e La Mirra), che pubblicò a Parigi, dove allora si trovava, nel 1789, l'anno della Rivoluzione. A causa degli eccessi rivoluzionari ne fuggì non senza rischi e difficoltà e ritornò a Firenze, dove più tardi morì e dove fu sepolto nella chiesa di Santa Croce.
Pur vivendo nella seconda metà del Settecento, Alfieri ha una sensibilità già apertamente romantica. Dagli illuministi derivò l'amore per la libertà e l'odio per ogni forma di tirannide, la coscienza della missione civile della letteratura, la polemica contro ogni sopruso e ogni limitazione; ma dell'illuminismo gli mancò soprattutto la fede illimitata nella ragione. Il suo spirito, animato e tormentato da un senso altamente tragico dell'esistenza, fu caratterizzato da intensa e calda passionalità, prorompente e orgogliosa individualità viva commozione di fronte agli spettacoli o grandiosi o orridi della natura, cupo pessimismo amor patrio e coscienza nazionale.
L'ardore di libertà e l'odio per la tirannide fremono in tutte le sue opere, particolarmente nelle tragedie, classiche per la forma ma già romantiche per l'ispirazione, dove questi sentimenti si evidenziano nei personaggi contrapposti della vittima e del tiranno in un clima drammatico teso e concitato : ma ciascuno dei personaggi è intimamente tormentato da un conflitto interiore che ne lacera l'animo e lo chiude in una cupa solitudine. In una produzione alfieriana vive in effetti sempre lo stesso personaggio tragico, che avverte drammaticamente tutte le limitazioni che gli eventi, le situazioni o la società pongono al suo spirito : l'ansia di essere se stesso e il bisogno di libertà fanno sì che egli si ritragga fremente entro se stesso, in una solitudine cupa e scontrosa.
Questo eterno personaggio è anche presente nelle pagine autobiografiche della Vita una autobiografia più del mondo interiore che delle vicende esteriori, da dove abbiamo tratto un breve squarcio significativo, che ci descrive nello stesso tempo un paesaggio inconsueto e grandioso e i sentimenti che esso suscita. Nella distesa ghiacciata del Baltico Alfieri trova una forza ostile che, opponendoglisi con tutta la sua maestosa e solenne imponenza, ne suscita l'ardore pugnace e un titanico empito di lotta. Tra gli uomini e la natura si scatena una sorda e affascinante battaglia in essa lo scrittore ritrova l'energia che anima gli uomini liberi contro i tiranni, e fremente vi si immerge. Anche contro i ghiacci l'unico rimedio sarà un'arma, l'eterna vendicatrice e punitrice di soprusi e violenze, un'ascia che egli brandisce come i suoi personaggi brandiscono un pugnale contro il tiranno.
La prosa alfieriana rivela l'educazione classica e la tormentosa ricerca di uno stile personale ed è caratterizzata da un ritmo rapido senza soste né interruzioni pienamente rispondente alla tensione interiore dello scrittore.
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mercoledì 12 settembre 2018
martedì 11 settembre 2018
Jean Jacques Rousseau
Jean Jacques Rousseau
Jean Jacques Rousseau ha un posto tutto particolare nella cultura del settecento. Nato da una umile famiglia a Ginevra nel 1712 e morto in povertà a Parigi nel 1778, ebbe una vita piuttosto travagliata non solo esteriormente per i continui spostamenti tra la nativa Svizzera e la Francia, ma anche interiormente come dimostra il passaggio dal protestantesimo al cattolicesimo e il ritorno al protestantesimo. Nella battagliata contro l'assolutismo Rousseau rifiuta in modo energico la sovranità ai re sostenendo che essa appartiene soltanto al popolo: di qui il particolare significato sociale del suo concetto di democrazia che a ogni altro valore antepone la libertà e l'uguaglianza di tutti i cittadini.
Per Rousseau l'uomo è per natura buono, ma la civiltà lo guasta e ne provoca la decadenza : la società dunque con i suoi pregiudizi e le sue ingiustizie è la causa della corruzione e delle sventure umane. Bisogna perciò ritornare allo stato in natura in tutti i campi da quello educativo illustrato nell'Emilio (1762). Anche l'opera letteraria di Rousseau ne riflette il pensiero : ad esempio nel romanzo epistolare La Nuova Eloisa (1761) l'amore è contrastato dai pregiudizi sociali, ai quali si oppone l'esaltazione della rinuncia e della vita semplice e virtuosa. L'opera più tipicamente russoviana sono però Le Confessioni (iniziate nel '66 pubblicate postume nel '82-'89) nelle quali lo scrittore sviluppa con più diretta passionalità l'indagine dei sentimenti, il contrasto tra l'individuo e la società, il fascino della natura, il bisogno di solitudine, l'ansia di pace e di serenità interiore.
Come si vede in Rousseau la voce del sentimento è più importante del richiamo della ragione : per questo la figura anticipa la sensibilità romantica, soprattutto per l'amore appassionato della natura, nel cui seno può trovare pace l'animo tormentato dell'uomo.
Jean Jacques Rousseau ha un posto tutto particolare nella cultura del settecento. Nato da una umile famiglia a Ginevra nel 1712 e morto in povertà a Parigi nel 1778, ebbe una vita piuttosto travagliata non solo esteriormente per i continui spostamenti tra la nativa Svizzera e la Francia, ma anche interiormente come dimostra il passaggio dal protestantesimo al cattolicesimo e il ritorno al protestantesimo. Nella battagliata contro l'assolutismo Rousseau rifiuta in modo energico la sovranità ai re sostenendo che essa appartiene soltanto al popolo: di qui il particolare significato sociale del suo concetto di democrazia che a ogni altro valore antepone la libertà e l'uguaglianza di tutti i cittadini.
Per Rousseau l'uomo è per natura buono, ma la civiltà lo guasta e ne provoca la decadenza : la società dunque con i suoi pregiudizi e le sue ingiustizie è la causa della corruzione e delle sventure umane. Bisogna perciò ritornare allo stato in natura in tutti i campi da quello educativo illustrato nell'Emilio (1762). Anche l'opera letteraria di Rousseau ne riflette il pensiero : ad esempio nel romanzo epistolare La Nuova Eloisa (1761) l'amore è contrastato dai pregiudizi sociali, ai quali si oppone l'esaltazione della rinuncia e della vita semplice e virtuosa. L'opera più tipicamente russoviana sono però Le Confessioni (iniziate nel '66 pubblicate postume nel '82-'89) nelle quali lo scrittore sviluppa con più diretta passionalità l'indagine dei sentimenti, il contrasto tra l'individuo e la società, il fascino della natura, il bisogno di solitudine, l'ansia di pace e di serenità interiore.
Come si vede in Rousseau la voce del sentimento è più importante del richiamo della ragione : per questo la figura anticipa la sensibilità romantica, soprattutto per l'amore appassionato della natura, nel cui seno può trovare pace l'animo tormentato dell'uomo.
Gotthold Ephraim Lessing
Gotthold Ephraim Lessing
La battaglia illuministica contro le forme antiquate del pensiero e le strutture oppressive degli stati assoluti in nome di un totale rinnovamento della vita culturale, politica e sociale trova la forma più alta di espressione e di equilibrio in Gotthold Ephraim Lessing (1729-81) , vissuto a più riprese nella città natale di Berlino al tempo di Federico II, il sovrano illuminato amico e amministratore di Voltaire, in un periodo di grande fervore intellettuale, ma anche di guerre (quella dei sette anni) di contrasti di incomprensioni.
Lessing amò la verità però non come possesso sicuro e immutabile, ma come ricerca ininterrotta, perennemente insoddisfatta. Diceva che se Fio gli avesse offerto la verità chiusa nella mano destra e nella sinistra solo l'esigenza di ricercarla anche a prezzo di continui errori, egli avrebbe scelto il dono della mano sinistra perché la pura verità appartiene solo a Dio . Quello che conta no è dunque il possesso della verità, ma il bisogno di essa, la sincerità e la fede con le quali si va costantemente alla ricerca, e una coerente pratica di vita. In un'età in cui si venerò la ragione, ma ci si comportò spesso con incomprensione e intolleranza nei confronti di avversari e nemici (basterà ricordare la durezza di certe polemiche e gli eccessi del Terrore per altro comprensibili nel clima della Rivoluzione) Lessing predicò la tolleranza e la fiducia nella ragione e nel conseguente progresso della civiltà umana, che si può ottenere se gli uomini hanno la forza di comprendersi e di operare in un clima di reciproco amore e rispetto. Questi principi valgono anche per la religione, che pure aveva diviso spesso anche crudamente nei secoli gli uomini per la differenza delle fedi.
Nel Nathan il saggio Lessing riprende con altro spirito una novella del Boccaccio : il Saladino chiede all'ebreo Nathan quale delle tre religioni l'ebraica, la cristiana e la mussulmana sia vera, e Nathan con una parabola gli dimostra che non è possibile saperlo, mentre è possibile giudicare la validità dei principi dai buoni risultati che ne conseguono nella vita pratica. Ogni religione dunque vale per la morale a cui ha saputo dar vita ed ogni uomo deve essere giudicato no per la religione (o per i principi ) che professa, ma per il suo modo di comportarsi e di operare, con spirito di giustizia e di bontà per tutti. Al di sopra delle confessioni religiose Lessing auspica quella religione terrena e laica, feconda di civiltà e di progresso che è la religione dell'umanità e che soltanto la fede nella ragione e a ricerca della verità possono farci raggiungere. In questo consiste la novità e la perennità del suo insegnamento.
Il teatro di Lessing che fu in particolare nel Nathan il saggio un mezzo efficace per dibattere e diffondere delle idee. Attraverso il dialogo noi assistiamo alla progressiva conquista e affermazione di una verità : infatti i due interlocutori rendono concreto in tutti i suoi aspetti e momenti il procedimento razionale per affrontare il problema della religione. Dal dubbio sulla verità si passa alla scelta della parabola come approccio figurato a giungere alla soluzione superando obiezioni e osservazioni fino al convincimento concretamente espresso dal Saladino.
La battaglia illuministica contro le forme antiquate del pensiero e le strutture oppressive degli stati assoluti in nome di un totale rinnovamento della vita culturale, politica e sociale trova la forma più alta di espressione e di equilibrio in Gotthold Ephraim Lessing (1729-81) , vissuto a più riprese nella città natale di Berlino al tempo di Federico II, il sovrano illuminato amico e amministratore di Voltaire, in un periodo di grande fervore intellettuale, ma anche di guerre (quella dei sette anni) di contrasti di incomprensioni.
Lessing amò la verità però non come possesso sicuro e immutabile, ma come ricerca ininterrotta, perennemente insoddisfatta. Diceva che se Fio gli avesse offerto la verità chiusa nella mano destra e nella sinistra solo l'esigenza di ricercarla anche a prezzo di continui errori, egli avrebbe scelto il dono della mano sinistra perché la pura verità appartiene solo a Dio . Quello che conta no è dunque il possesso della verità, ma il bisogno di essa, la sincerità e la fede con le quali si va costantemente alla ricerca, e una coerente pratica di vita. In un'età in cui si venerò la ragione, ma ci si comportò spesso con incomprensione e intolleranza nei confronti di avversari e nemici (basterà ricordare la durezza di certe polemiche e gli eccessi del Terrore per altro comprensibili nel clima della Rivoluzione) Lessing predicò la tolleranza e la fiducia nella ragione e nel conseguente progresso della civiltà umana, che si può ottenere se gli uomini hanno la forza di comprendersi e di operare in un clima di reciproco amore e rispetto. Questi principi valgono anche per la religione, che pure aveva diviso spesso anche crudamente nei secoli gli uomini per la differenza delle fedi.
Nel Nathan il saggio Lessing riprende con altro spirito una novella del Boccaccio : il Saladino chiede all'ebreo Nathan quale delle tre religioni l'ebraica, la cristiana e la mussulmana sia vera, e Nathan con una parabola gli dimostra che non è possibile saperlo, mentre è possibile giudicare la validità dei principi dai buoni risultati che ne conseguono nella vita pratica. Ogni religione dunque vale per la morale a cui ha saputo dar vita ed ogni uomo deve essere giudicato no per la religione (o per i principi ) che professa, ma per il suo modo di comportarsi e di operare, con spirito di giustizia e di bontà per tutti. Al di sopra delle confessioni religiose Lessing auspica quella religione terrena e laica, feconda di civiltà e di progresso che è la religione dell'umanità e che soltanto la fede nella ragione e a ricerca della verità possono farci raggiungere. In questo consiste la novità e la perennità del suo insegnamento.
Il teatro di Lessing che fu in particolare nel Nathan il saggio un mezzo efficace per dibattere e diffondere delle idee. Attraverso il dialogo noi assistiamo alla progressiva conquista e affermazione di una verità : infatti i due interlocutori rendono concreto in tutti i suoi aspetti e momenti il procedimento razionale per affrontare il problema della religione. Dal dubbio sulla verità si passa alla scelta della parabola come approccio figurato a giungere alla soluzione superando obiezioni e osservazioni fino al convincimento concretamente espresso dal Saladino.
lunedì 10 settembre 2018
Giuseppe Parini
Giuseppe Parini
Giuseppe Parini (1729-1799) è la figura più importante della cultura milanese della seconda metà del Settecento. Di umili origini, fu avviato alla carriera ecclesiastica più per il bisogno che per vocazione : secondo l'usanza del tempo fece il precettore presso una famiglia di nobili, i fuchi Serbelloni, che abbandonò dopo aver preso le difese di una cameriera schiaffeggiata dalla duchessa. Visse i dignitosa povertà dando prova di non comune dirittura morale e libertà spirituale, che gli procurarono incarichi pubblici tanto dal governo austriaco di Maria Teresa, la sovrana "illuminata" della Lombardia, quanto dalla nuova municipalità insediatasi dopo l'arrivo dei Francesi di Napoleone a Milan. Nella sua personalità moralmente integerrima convivono principi cristiani e gli ideali illuministici e rivoluzionari che informarono la sua vita facendone un esempio di serietà morale e di impegno civile e sociale. L'origine contadina e il contatto con la classe nobiliare prima e con le esasperazioni e le intransigenze dei rivoluzionari poi gli fecero sognare una forma di società in cui non ci fossero più ingiustizie ne soprusi, dove il rispetto e la tolleranza si fondessero con l'amore del prossimo e la ricerca della verità, del bene e dell'utile per tutti e dove su tutto dominassero comprensione e senso del dovere, moderazione ed equilibrio.
La sua opera principale è Il Giorno, un poemetto in quattro parti ( le prime due uscirono rispettivamente nel '63 e nel '65 e le ultime nel 1801, postume), nel quale il poeta si prefigge lo scopo di correggere i difetti e i vizi dell'aristocrazia a lui ben noti per conoscenza personale; ma invece di combatterli apertamente e direttamente egli usa l'arma più sottile dell'ironia : spesso il sorriso tempera la durezza della condanna e non suscita mai l'odio o la violenza che caratterizzano invece la rivoluzione francese.
In lui i principi illuministici e rivoluzionari furono infatti temperati dallo spirito di carità proprio del cristianesimo.
Fingendosi precettore di un "giovin signore" lo accompagna attraverso le sue futili e frivole attività : la descrizione della giornata oziosa e vuota dell'aggraziato bellimbusto richiama alla mente per contrapposto la dura fatica del contadino e dell'artigiano : implicitamente il poeta traccia una netta demarcazione tra due forme antitetiche di vita separando nettamente i due mondi opposti dell'aggraziata ma parassitaria nobiltà del popolo condannato a una disumana fatica. Ne emerge l'ideale di una società più giusta dove l'uguaglianza proclamata dagli illuministi si fonde con l'amore predicato dal cristianesimo.
Il ridicolo accompagna costantemente il giovin signore e suscita di riflesso la reazione morale del lettore; nei momenti di più grave tensione l'ironia si inasprisce nei toni più duri del sarcasmo e dell'aperta condanna.
Al mondo aristocratico satireggiato nel Giorno fa da contrappeso la celebrazione dei valori che dovrebbero informare la nuova società e che il poeta illustra nelle Odi (1757-70), dove sono ripresi liricamente i programmi di rinnovamento materiale e spirituale per i quali Parini si batté.
La poesia del Parini formalmente rientra nel clima della cultura classicistica del tempo. L'armonia che caratterizza lo stile classicheggiante e ne informa le strutture del discorso esprime compiutamente l'equilibrio interiore he anima la personalità e il programma civile e sociale del Parini; e nello stesso tempo l'aulicità preziosa e solenne del linguaggio usata per descrivere un mondo così vuoto e misero pur nella sua grandiosità esteriore si rivela la forma più adatta a sottolinearne, accentuandola la pochezza interiore.
Il Giorno rientra negli schemi classicistici dei generi letterari per il suo contenuto didascalico e per il suo carattere satirico può essere considerato un poema didascalico-satirico in quanto il poeta, sotto le vesti di un precettore, finge di dare ai giovani nobili gli insegnamenti necessari per muoversi nel bel mondo aristocratico mentre in effetti investe quel mondo con la sua ironia satireggiandolo e condannandolo senza riserve, soprattutto, come si è già detto, attraverso l'uso sapiente del linguaggio aulico e altisonante della tradizione classica.
Usando questa particolare forma di espressione il poeta evidenzia il suo atteggiamento spirituale : con la sua diversità di tono serio nella prima parte ironico nella seconda il Parini contrappone il mondo della gente comune al mondo aristocratico sottolineandone le differenze materiale e spirituali e riversando tutta la sua simpatia sugli umili.
Giuseppe Parini (1729-1799) è la figura più importante della cultura milanese della seconda metà del Settecento. Di umili origini, fu avviato alla carriera ecclesiastica più per il bisogno che per vocazione : secondo l'usanza del tempo fece il precettore presso una famiglia di nobili, i fuchi Serbelloni, che abbandonò dopo aver preso le difese di una cameriera schiaffeggiata dalla duchessa. Visse i dignitosa povertà dando prova di non comune dirittura morale e libertà spirituale, che gli procurarono incarichi pubblici tanto dal governo austriaco di Maria Teresa, la sovrana "illuminata" della Lombardia, quanto dalla nuova municipalità insediatasi dopo l'arrivo dei Francesi di Napoleone a Milan. Nella sua personalità moralmente integerrima convivono principi cristiani e gli ideali illuministici e rivoluzionari che informarono la sua vita facendone un esempio di serietà morale e di impegno civile e sociale. L'origine contadina e il contatto con la classe nobiliare prima e con le esasperazioni e le intransigenze dei rivoluzionari poi gli fecero sognare una forma di società in cui non ci fossero più ingiustizie ne soprusi, dove il rispetto e la tolleranza si fondessero con l'amore del prossimo e la ricerca della verità, del bene e dell'utile per tutti e dove su tutto dominassero comprensione e senso del dovere, moderazione ed equilibrio.
La sua opera principale è Il Giorno, un poemetto in quattro parti ( le prime due uscirono rispettivamente nel '63 e nel '65 e le ultime nel 1801, postume), nel quale il poeta si prefigge lo scopo di correggere i difetti e i vizi dell'aristocrazia a lui ben noti per conoscenza personale; ma invece di combatterli apertamente e direttamente egli usa l'arma più sottile dell'ironia : spesso il sorriso tempera la durezza della condanna e non suscita mai l'odio o la violenza che caratterizzano invece la rivoluzione francese.
In lui i principi illuministici e rivoluzionari furono infatti temperati dallo spirito di carità proprio del cristianesimo.
Fingendosi precettore di un "giovin signore" lo accompagna attraverso le sue futili e frivole attività : la descrizione della giornata oziosa e vuota dell'aggraziato bellimbusto richiama alla mente per contrapposto la dura fatica del contadino e dell'artigiano : implicitamente il poeta traccia una netta demarcazione tra due forme antitetiche di vita separando nettamente i due mondi opposti dell'aggraziata ma parassitaria nobiltà del popolo condannato a una disumana fatica. Ne emerge l'ideale di una società più giusta dove l'uguaglianza proclamata dagli illuministi si fonde con l'amore predicato dal cristianesimo.
Il ridicolo accompagna costantemente il giovin signore e suscita di riflesso la reazione morale del lettore; nei momenti di più grave tensione l'ironia si inasprisce nei toni più duri del sarcasmo e dell'aperta condanna.
Al mondo aristocratico satireggiato nel Giorno fa da contrappeso la celebrazione dei valori che dovrebbero informare la nuova società e che il poeta illustra nelle Odi (1757-70), dove sono ripresi liricamente i programmi di rinnovamento materiale e spirituale per i quali Parini si batté.
La poesia del Parini formalmente rientra nel clima della cultura classicistica del tempo. L'armonia che caratterizza lo stile classicheggiante e ne informa le strutture del discorso esprime compiutamente l'equilibrio interiore he anima la personalità e il programma civile e sociale del Parini; e nello stesso tempo l'aulicità preziosa e solenne del linguaggio usata per descrivere un mondo così vuoto e misero pur nella sua grandiosità esteriore si rivela la forma più adatta a sottolinearne, accentuandola la pochezza interiore.
Il Giorno rientra negli schemi classicistici dei generi letterari per il suo contenuto didascalico e per il suo carattere satirico può essere considerato un poema didascalico-satirico in quanto il poeta, sotto le vesti di un precettore, finge di dare ai giovani nobili gli insegnamenti necessari per muoversi nel bel mondo aristocratico mentre in effetti investe quel mondo con la sua ironia satireggiandolo e condannandolo senza riserve, soprattutto, come si è già detto, attraverso l'uso sapiente del linguaggio aulico e altisonante della tradizione classica.
Usando questa particolare forma di espressione il poeta evidenzia il suo atteggiamento spirituale : con la sua diversità di tono serio nella prima parte ironico nella seconda il Parini contrappone il mondo della gente comune al mondo aristocratico sottolineandone le differenze materiale e spirituali e riversando tutta la sua simpatia sugli umili.
domenica 9 settembre 2018
letteratura - il romanzo fillosofico
letteratura - il romanzo filosofico
Il conte philosophique o racconto filosofico è un genere letterario che si adatta perfettamente alla mentalità e al gusto razionalistico dell'illuminismo. L'invenzione fantastica, sempre lucida e controllata, riesce a smontare una tesi filosofica o a illuminare gli aspetti oscuri o contraddittori di una situazione politica, sociale o, più semplicemente, umana, trascinando il lettore attraverso l'evidenza, la vivacità e la chiarezza del racconto ad accogliere la verità che lo scrittore-filosofo gli vuole mostrare. Lo spirito del conte philosophique è lo spirito polemico del pamphlet, del libello satirico che alterna il sorriso all'accusa violenta e spregiudicata.
Maestro nel pamphlet fu l'inglese Swift, del quale bisognerebbe leggere la "proposta ragionevole per evitare che i bambini degli irlandesi siano peso ai loro genitori ed al paese, e per renderli uniti al pubblico" : per denunciare in modo più vigoroso e incisivo la politica inglese responsabile della morte per stenti di tanti poveri bambini irlandesi lo scrittore sostiene sarcasticamente la proposta di allevare i bimbi irlandesi per venderli ai nobili e ai ricchi inglesi che con le loro tenere carni si preparino piatti prelibati per i loro pranzi succulenti.
Maestri nel conte philosophique furono i francesi : di Voltaire ricordiamo oltre a Candido o l'ottimismo, Zadig o il destino ( Zadig, virtuoso e saggio siccome il destino gli si accanisce contro togliendogli quando si è conquistato con i suoi meriti, dubita che il destino aiuti solo i malvagi a danno dei buoni, finchè un eremita gli dimostra che sulla terra i caso non esiste ma tutto è prova ovvero punizione o ricompensa o previdenza)e Micromegas( il protagonista un abitante della stella Sirio, deride la vecchia credenza che l'uomo sia il centro e il fine dell'universo), e di Diderot La religiosa (l'opera condanna la forzata vita calustrale e può essere utilmente confrontata con le pagine dei Promessi Sposi relative alla monaca di Monza), Il nipote di Rameau ( denunzia della morale esclusivamente utilitaristica) e Giacomo il fatalista( polemica contro la filosofia deterministica, secondo la quale quanto accade all'uomo sulla terra deriva non dalla sua volontà, ma da Dio o dal caso).
Ripreso da Italo Calvino nei tre romanzi allegorici riuniti sotto il titolo I nostri antenati, scritti tra il '52 e il '59 più per passatempo, come rivela l'autore, che per approfondimento filosofico, bisogno semmai maturato durante la stesura delle tre singolari storie : si tratta del Conte Dimezzato ( l'uomo è spiritualmente dimezzato, mutilato, incompleto, nemico a se stesso), del Barone rampante (per sentirsi veramente con gli altri bisogna essere separati dagli altri, perché solo chi sa contenere e disciplinare le sue esigenze e i propri desideri si realizza pienamente) ed Cavaliere inesistente (il problema più angoscioso del mostro tempo no è ormai più la perdita di una parte di se stessi ma il non esserci per nulla). Le tre operette mostrano dunque al di là dell'interesse per la bizzarria e la vivacità della narrazione, un fondo amaro di riflessione.
Ai contes philosophique si ispira anche Leonardo Sciascia particolarmente sensibile ai problemi della società e animato da un severo impegno civile : i suoi romanzi e le sule ricostruzioni storiche che riflettono sul fenomeno della mafia e sulla decomposizione della società civile ( Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Morte dell'inquisitore, Il contesto, Toto modo) fanno pensare ai pamphlet illuministici, ai quali direttamente rimanda il Candido ( del '77), un apologo contro gli intellettuali progressisti che vorrebbero confondere tra loro le esigenza del cattolicesimo e del comunismo
Il conte philosophique o racconto filosofico è un genere letterario che si adatta perfettamente alla mentalità e al gusto razionalistico dell'illuminismo. L'invenzione fantastica, sempre lucida e controllata, riesce a smontare una tesi filosofica o a illuminare gli aspetti oscuri o contraddittori di una situazione politica, sociale o, più semplicemente, umana, trascinando il lettore attraverso l'evidenza, la vivacità e la chiarezza del racconto ad accogliere la verità che lo scrittore-filosofo gli vuole mostrare. Lo spirito del conte philosophique è lo spirito polemico del pamphlet, del libello satirico che alterna il sorriso all'accusa violenta e spregiudicata.
Maestro nel pamphlet fu l'inglese Swift, del quale bisognerebbe leggere la "proposta ragionevole per evitare che i bambini degli irlandesi siano peso ai loro genitori ed al paese, e per renderli uniti al pubblico" : per denunciare in modo più vigoroso e incisivo la politica inglese responsabile della morte per stenti di tanti poveri bambini irlandesi lo scrittore sostiene sarcasticamente la proposta di allevare i bimbi irlandesi per venderli ai nobili e ai ricchi inglesi che con le loro tenere carni si preparino piatti prelibati per i loro pranzi succulenti.
Maestri nel conte philosophique furono i francesi : di Voltaire ricordiamo oltre a Candido o l'ottimismo, Zadig o il destino ( Zadig, virtuoso e saggio siccome il destino gli si accanisce contro togliendogli quando si è conquistato con i suoi meriti, dubita che il destino aiuti solo i malvagi a danno dei buoni, finchè un eremita gli dimostra che sulla terra i caso non esiste ma tutto è prova ovvero punizione o ricompensa o previdenza)e Micromegas( il protagonista un abitante della stella Sirio, deride la vecchia credenza che l'uomo sia il centro e il fine dell'universo), e di Diderot La religiosa (l'opera condanna la forzata vita calustrale e può essere utilmente confrontata con le pagine dei Promessi Sposi relative alla monaca di Monza), Il nipote di Rameau ( denunzia della morale esclusivamente utilitaristica) e Giacomo il fatalista( polemica contro la filosofia deterministica, secondo la quale quanto accade all'uomo sulla terra deriva non dalla sua volontà, ma da Dio o dal caso).
Ripreso da Italo Calvino nei tre romanzi allegorici riuniti sotto il titolo I nostri antenati, scritti tra il '52 e il '59 più per passatempo, come rivela l'autore, che per approfondimento filosofico, bisogno semmai maturato durante la stesura delle tre singolari storie : si tratta del Conte Dimezzato ( l'uomo è spiritualmente dimezzato, mutilato, incompleto, nemico a se stesso), del Barone rampante (per sentirsi veramente con gli altri bisogna essere separati dagli altri, perché solo chi sa contenere e disciplinare le sue esigenze e i propri desideri si realizza pienamente) ed Cavaliere inesistente (il problema più angoscioso del mostro tempo no è ormai più la perdita di una parte di se stessi ma il non esserci per nulla). Le tre operette mostrano dunque al di là dell'interesse per la bizzarria e la vivacità della narrazione, un fondo amaro di riflessione.
Ai contes philosophique si ispira anche Leonardo Sciascia particolarmente sensibile ai problemi della società e animato da un severo impegno civile : i suoi romanzi e le sule ricostruzioni storiche che riflettono sul fenomeno della mafia e sulla decomposizione della società civile ( Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Morte dell'inquisitore, Il contesto, Toto modo) fanno pensare ai pamphlet illuministici, ai quali direttamente rimanda il Candido ( del '77), un apologo contro gli intellettuali progressisti che vorrebbero confondere tra loro le esigenza del cattolicesimo e del comunismo
venerdì 7 settembre 2018
Voltaire
Voltaire
Voltaire (1694-1778) il cui vero nome fu François-Marie Arouet è la figura più rappresentativa dell'Illuminismo. Per il suo atteggiamento irriverente contro la nobiltà parigina fu rinchiuso due volte nel carcere della Bastiglia e costretto all'esilio in Inghilterra, dove respirò il clima di una società culturalmente aperta e viva e politicamente libera e democratica, che, al suo ritorno, descrisse e fece conoscere in patria.
Dopo un breve soggiorno in Prussia, alla corte di Federico II trascorse in Svizzera gli ultimi vent'anni, riverito e ricercato dai più begli ingegni del tempo. Conobbe le personalità più consapevolmente e seriamente impegnate per il rinnovamento culturale e politico della società. Alla giovanile preparazione umanistica affiancò interessi e studi scientifici; le sue opere spaziano in tutti i campi, dalla letteratura alla storia, dalla filosofia alla politica, e contribuirono a diffondere le nuove idee di rinnovamento del pensiero e delle strutture della società.
L'opera più brillante di Voltaire è Candido (1759 ), un romanzo filosofico, nel quale lo scrittore si propone di deridere il facile ottimismo della filosofia del suo tempo che considerava il nostro il migliore dei mondi possibili.
Il giovane Candido vive in Westfalia nel castello del barone Tunder-ten-Tronckh dove ascolta le lezioni del precettore Pangloss, sostenitore del principio che noi viviamo nei migliore dei mondi possibili. La vita però sarà per lui un seguito di disavventure. Innamoratosi della figlia del barone Cunegonda è cacciato dal castello ed è costretto ad arruolarsi nell'esercito del re dei Bulgari, famoso per la sua ferrea disciplina. Fuggito in Olanda, ritrova Pangloss, sempre e malgrado tutto ottimista, che gli narra la strage compiuta dai Bulgari nel castello; insieme, grazie a un anabattista, raggiungono Lisbona, dove sopravvivono al terremoto e alla condanna a morta pronunciata dal tribunale dell'Inquisizione. Con l'aiuto di Cunegonda, fortunosamente salvatasi dal massacro dei Bulgari, si rifugia in Paraguay nello stato comunistico fondato e diretto dai Gesuiti, ma anche qui deve scappare e passa nell'Eldorado col fedele servo Cacambo, un ex galeotto. Qui raccoglie immensi tesori, torna in Europa e finisce a Costantinopoli dove con la ritrovata Cunegonda, con Pangloss scampato miracolosamente alla forca, e con gli altri amici decide di far vita in comune E pangloss conclude che se tutte le disavventure pallate li hanno portati a vivere insieme serenamente e felici, questo prova la sua tesi ottimistica.
La condanna delle tesi ottimistiche che "tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili" traspare dalla stessa trama; ma dietro le mirabolanti vicende di Candido rivive l'età travagliata della Guerra dei Sette anni, il luttuoso evento del terremoto di Lisbona, le colonie comunistiche e teocratiche dei Gesuiti in Paraguay, le terribili sentenze dell'Inquisizione, la ferrea e disumana disciplina dell'esercito prussiano (facilmente riconoscibile nelle spietate truppe bulgare), il miraggio delle ricchezze nelle terre del mitico Eldorado. Il racconto, pur nella sua boriosa e scanzonata vivacità ha un fondo amaro e pensoso, che fa riflettere sulla vera natura dell'uomo e della sua esistenza : solo la lucidità della ragione e la saggezza che ne deriva possono guidare e sorreggere attraverso gli ostacoli opposti dalla forza delle cose, da leggi assurde, pregiudizi insensati, feroci contrasti di religione, istituzioni politiche e sociali che invece di promuovere la libertà umana la soffocano abbruttendo l'individuo.
La descrizione dell'Eldorado rimanda alla contrapposizione all'Europa, di cui si condanna, dietro il velo trasparente dell'ironia, la sfrenata avidità di ricchezze, il disinteresse dei governi per il bene dei popoli, l'alterigia e l'irraggiungibilità dei sovrani ; parallelamente si auspica un mondo di uomini liberi, onesti, rispettosi dei diritti altrui, amanti delle scienze e delle arti , del bello e dell'utile.
Voltaire (1694-1778) il cui vero nome fu François-Marie Arouet è la figura più rappresentativa dell'Illuminismo. Per il suo atteggiamento irriverente contro la nobiltà parigina fu rinchiuso due volte nel carcere della Bastiglia e costretto all'esilio in Inghilterra, dove respirò il clima di una società culturalmente aperta e viva e politicamente libera e democratica, che, al suo ritorno, descrisse e fece conoscere in patria.
Dopo un breve soggiorno in Prussia, alla corte di Federico II trascorse in Svizzera gli ultimi vent'anni, riverito e ricercato dai più begli ingegni del tempo. Conobbe le personalità più consapevolmente e seriamente impegnate per il rinnovamento culturale e politico della società. Alla giovanile preparazione umanistica affiancò interessi e studi scientifici; le sue opere spaziano in tutti i campi, dalla letteratura alla storia, dalla filosofia alla politica, e contribuirono a diffondere le nuove idee di rinnovamento del pensiero e delle strutture della società.
L'opera più brillante di Voltaire è Candido (1759 ), un romanzo filosofico, nel quale lo scrittore si propone di deridere il facile ottimismo della filosofia del suo tempo che considerava il nostro il migliore dei mondi possibili.
Il giovane Candido vive in Westfalia nel castello del barone Tunder-ten-Tronckh dove ascolta le lezioni del precettore Pangloss, sostenitore del principio che noi viviamo nei migliore dei mondi possibili. La vita però sarà per lui un seguito di disavventure. Innamoratosi della figlia del barone Cunegonda è cacciato dal castello ed è costretto ad arruolarsi nell'esercito del re dei Bulgari, famoso per la sua ferrea disciplina. Fuggito in Olanda, ritrova Pangloss, sempre e malgrado tutto ottimista, che gli narra la strage compiuta dai Bulgari nel castello; insieme, grazie a un anabattista, raggiungono Lisbona, dove sopravvivono al terremoto e alla condanna a morta pronunciata dal tribunale dell'Inquisizione. Con l'aiuto di Cunegonda, fortunosamente salvatasi dal massacro dei Bulgari, si rifugia in Paraguay nello stato comunistico fondato e diretto dai Gesuiti, ma anche qui deve scappare e passa nell'Eldorado col fedele servo Cacambo, un ex galeotto. Qui raccoglie immensi tesori, torna in Europa e finisce a Costantinopoli dove con la ritrovata Cunegonda, con Pangloss scampato miracolosamente alla forca, e con gli altri amici decide di far vita in comune E pangloss conclude che se tutte le disavventure pallate li hanno portati a vivere insieme serenamente e felici, questo prova la sua tesi ottimistica.
La condanna delle tesi ottimistiche che "tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili" traspare dalla stessa trama; ma dietro le mirabolanti vicende di Candido rivive l'età travagliata della Guerra dei Sette anni, il luttuoso evento del terremoto di Lisbona, le colonie comunistiche e teocratiche dei Gesuiti in Paraguay, le terribili sentenze dell'Inquisizione, la ferrea e disumana disciplina dell'esercito prussiano (facilmente riconoscibile nelle spietate truppe bulgare), il miraggio delle ricchezze nelle terre del mitico Eldorado. Il racconto, pur nella sua boriosa e scanzonata vivacità ha un fondo amaro e pensoso, che fa riflettere sulla vera natura dell'uomo e della sua esistenza : solo la lucidità della ragione e la saggezza che ne deriva possono guidare e sorreggere attraverso gli ostacoli opposti dalla forza delle cose, da leggi assurde, pregiudizi insensati, feroci contrasti di religione, istituzioni politiche e sociali che invece di promuovere la libertà umana la soffocano abbruttendo l'individuo.
La descrizione dell'Eldorado rimanda alla contrapposizione all'Europa, di cui si condanna, dietro il velo trasparente dell'ironia, la sfrenata avidità di ricchezze, il disinteresse dei governi per il bene dei popoli, l'alterigia e l'irraggiungibilità dei sovrani ; parallelamente si auspica un mondo di uomini liberi, onesti, rispettosi dei diritti altrui, amanti delle scienze e delle arti , del bello e dell'utile.
Jonathan Swift
Jonathan Swift
Jonathan Swift (1667-1745) nacque a Dublino a una famiglia inglese. Visse a Londra dove partecipò attivamente alla vita politica, e a Dublino dov'era decano della cattedrale. Ebbe un'esistenza dolorosa e travagliata : dopo un'infanzia sostanzialmente priva degli affetti famigliari fu tormentato quasi ininterrottamente da un male misterioso implacabile, e trascorse la vecchiaia nella sordità e, ultimamente nella follia. Personalità prepotente e aliena dal compromesso, chiusa nella rigidità e nell'intolleranza, incapace di accogliere il punto di vista degli altri, sostanzialmente cupo e pessimista, lottò ogni forma di ingiustizia, di stupidità, di debolezza; fu un polemista feroce di un sarcasmo amaro e violento , e un grande giudice aspro e rigido dei suoi contemporanei e dell'uomo in generale.
La sua opera più nota sono I viaggi di Gulliver (1720-26), un libro che per tradizione appartiene alla letteratura infantile, ma che non è affatto un'opera per ragazzi. Attraverso le avventure del protagonista tra i nani dell'isola di Lilliput, i giganti di Bodingnag, nell'isola volante di Laputa e nel paese dei cavalli sapienti lo scrittore denuncia colpe e vizi della società contemporanea, colpendo con la sua satira implacabile i partiti politici, la corte, le sette religiose, i filosofi, gli scienziati , gli inventori, i corruttori d'ogni tempo e d'ogni luogo che hanno procurato all'umanità ogni sorta idi malanni, di lutti e di guerre. Nella prime due parti il racconto è illuminato dalla fantasia che portando il protagonista dal mondo minuscolo dei lillipuziani (ove tutto, dalla pompa della corte imperiale alle imprese militari, diventa grottesco) a quello smisurato dei giganti ( dove l'uomo rimpicciolito all'estremo rivela la sua sostanziale debolezza e fragilità) riesce a ridurre a più giusta misura e prospettiva l'umanità spogliandone ogni vana illusione; nelle due restanti parti il tono diventa più acre e risentito, il sorriso si spegne e la vita umana si rivela non solo priva di saggezza e di felicità, ma addirittura ripugnante e bestiale, come appare dal confronto tra i cavalli sapienti e i disgustosi Yohoo, a cui gli uomini tanto assomigliano.
La polemica dello Swift è ovviamente diretta contro gli inglesi, ma coinvolge l'intera umanità del suo e di ogni tempo.
La caratteristica dell'opera consiste nella capacità di trasferire in un mondo immaginario il mondo reale. L'avvio del racconto è realistico : Gulliver parte per un viaggio, la nave fa naufragio ed egli s'avventura in un paese sconosciuto; qui tutto è descritto con franco piglio realistico anche se si tratta di personaggi e di situazioni irreali che fanno pensare alla moderna fantascienza ; l'avventura poi si conclude con il ritorno in patria nel seno della famiglia, per riprendere poco dopo con un altro viaggio, un altro naufragio e nuove fantastiche vicende. Il tono realistico della narrazione dà concretezza alla vera sostanza del romanzo , che non è , come sembrerebbe, la vicenda, ma la satira contro le istituzioni umane e le correlativa aspirazione a un nuovo tipo di società da realizzarsi attraverso proposte dettate dalla ragione ma sostanzialmente utopistiche.
I romanzo quindi deve esser letto seguendo i due piani paralleli del racconto fantastico e della polemica puntuale e concreta. Così nel brano che segue la linearità della esposizione con i suoi periodi di particolare brevità e chiarezza consente di cogliere nello stesso tempo la descrizione degli straordinari spettacoli della corte imperiale di Lilliput e la satira contro la corruzione della corte e della vita politica inglese, dominante dall'ambizione e dalla brama di onori: quei nanetti così pieni di sussiego e pur fragilissimi sono l'amara caricatura degli inglesi che invece si ritengono tanto potenti e importanti. In particolare la satira vuole colpire il primo ministro Whigs Roberto Walpole ( celato sotto il nome di Flimnap) e la sua abilità , moralmente riprovevole, nel mantenere il potere con una politica spericolata e corrotta di compromessi, concessioni e voltafaccia di ogni genere. Allo stesso partito whigs, allora al governo, appartiene anche il ministro celato sotto il nome di Reldresal, di cui qui non importa scoprire l'identità, come non importa chiarire tutte le successive allusioni ad episodi della vita politica inglese del tempo : basta coglierne la violenta carica satirica e polemica.
Leggendo più attentamente tra le righe appare la condanna del mondo politico contemporaneo non solo inglese, e l'ideale di una società in cui dovrebbero trionfare onestà, capacità e competenza, lealtà interesse e senso del dovere.
Jonathan Swift (1667-1745) nacque a Dublino a una famiglia inglese. Visse a Londra dove partecipò attivamente alla vita politica, e a Dublino dov'era decano della cattedrale. Ebbe un'esistenza dolorosa e travagliata : dopo un'infanzia sostanzialmente priva degli affetti famigliari fu tormentato quasi ininterrottamente da un male misterioso implacabile, e trascorse la vecchiaia nella sordità e, ultimamente nella follia. Personalità prepotente e aliena dal compromesso, chiusa nella rigidità e nell'intolleranza, incapace di accogliere il punto di vista degli altri, sostanzialmente cupo e pessimista, lottò ogni forma di ingiustizia, di stupidità, di debolezza; fu un polemista feroce di un sarcasmo amaro e violento , e un grande giudice aspro e rigido dei suoi contemporanei e dell'uomo in generale.
La sua opera più nota sono I viaggi di Gulliver (1720-26), un libro che per tradizione appartiene alla letteratura infantile, ma che non è affatto un'opera per ragazzi. Attraverso le avventure del protagonista tra i nani dell'isola di Lilliput, i giganti di Bodingnag, nell'isola volante di Laputa e nel paese dei cavalli sapienti lo scrittore denuncia colpe e vizi della società contemporanea, colpendo con la sua satira implacabile i partiti politici, la corte, le sette religiose, i filosofi, gli scienziati , gli inventori, i corruttori d'ogni tempo e d'ogni luogo che hanno procurato all'umanità ogni sorta idi malanni, di lutti e di guerre. Nella prime due parti il racconto è illuminato dalla fantasia che portando il protagonista dal mondo minuscolo dei lillipuziani (ove tutto, dalla pompa della corte imperiale alle imprese militari, diventa grottesco) a quello smisurato dei giganti ( dove l'uomo rimpicciolito all'estremo rivela la sua sostanziale debolezza e fragilità) riesce a ridurre a più giusta misura e prospettiva l'umanità spogliandone ogni vana illusione; nelle due restanti parti il tono diventa più acre e risentito, il sorriso si spegne e la vita umana si rivela non solo priva di saggezza e di felicità, ma addirittura ripugnante e bestiale, come appare dal confronto tra i cavalli sapienti e i disgustosi Yohoo, a cui gli uomini tanto assomigliano.
La polemica dello Swift è ovviamente diretta contro gli inglesi, ma coinvolge l'intera umanità del suo e di ogni tempo.
La caratteristica dell'opera consiste nella capacità di trasferire in un mondo immaginario il mondo reale. L'avvio del racconto è realistico : Gulliver parte per un viaggio, la nave fa naufragio ed egli s'avventura in un paese sconosciuto; qui tutto è descritto con franco piglio realistico anche se si tratta di personaggi e di situazioni irreali che fanno pensare alla moderna fantascienza ; l'avventura poi si conclude con il ritorno in patria nel seno della famiglia, per riprendere poco dopo con un altro viaggio, un altro naufragio e nuove fantastiche vicende. Il tono realistico della narrazione dà concretezza alla vera sostanza del romanzo , che non è , come sembrerebbe, la vicenda, ma la satira contro le istituzioni umane e le correlativa aspirazione a un nuovo tipo di società da realizzarsi attraverso proposte dettate dalla ragione ma sostanzialmente utopistiche.
I romanzo quindi deve esser letto seguendo i due piani paralleli del racconto fantastico e della polemica puntuale e concreta. Così nel brano che segue la linearità della esposizione con i suoi periodi di particolare brevità e chiarezza consente di cogliere nello stesso tempo la descrizione degli straordinari spettacoli della corte imperiale di Lilliput e la satira contro la corruzione della corte e della vita politica inglese, dominante dall'ambizione e dalla brama di onori: quei nanetti così pieni di sussiego e pur fragilissimi sono l'amara caricatura degli inglesi che invece si ritengono tanto potenti e importanti. In particolare la satira vuole colpire il primo ministro Whigs Roberto Walpole ( celato sotto il nome di Flimnap) e la sua abilità , moralmente riprovevole, nel mantenere il potere con una politica spericolata e corrotta di compromessi, concessioni e voltafaccia di ogni genere. Allo stesso partito whigs, allora al governo, appartiene anche il ministro celato sotto il nome di Reldresal, di cui qui non importa scoprire l'identità, come non importa chiarire tutte le successive allusioni ad episodi della vita politica inglese del tempo : basta coglierne la violenta carica satirica e polemica.
Leggendo più attentamente tra le righe appare la condanna del mondo politico contemporaneo non solo inglese, e l'ideale di una società in cui dovrebbero trionfare onestà, capacità e competenza, lealtà interesse e senso del dovere.
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