Giacomo Leopardi - I canti
I canti è un volume in cui sono contenute le poesie a Firenze pubblicato nel 1831 presso l'editore Piatti .
Lo stesso titolo conservò nell'edizione corretta e accresciuta di Napoli. Una successiva edizione postuma accresciuta dei Canti fu curata dall'amico Antonio Ranieri (Firenze 1845).
Anteriormente però al 1831 (a partire dal 1818) molte poesie erano però già state pubblicate in edizioni parziali.
Le poesie sono 41 contraddistinte da un numero romano e quasi tutte dal titolo. Il Leopardi le ha disposte secondo un criterio personale, spesso non tenendo conto delle date di composizione.
I termini di canzoni civili primi idilli ecc. non sono usati dal poeta nell'edizione dei Canti ma appartengono alla consuetudine della critica che li ha derivati dalle precedenti edizioni.
Le forme metriche più importanti dei Canti sono :
a) La canzone è uno dei metri più illustri della poesia italiana. Nel Petrarca (1304-1374) essa è composta di strofe (o stanze aventi un numero uguale di versi endecasillabi e settenari disposti e rimasti sempre secondo lo schema della 1° strofa ; è conclusa da un commiato (o licenza) una strofa in genere più breve delle precedenti.
Il Leopardi usa la canzone di tipo petrarchesco ma modificandone in vari modi lo schema così ad esempio nella canzone All'Italia le strofe pari hanno uno schema metrico diverso da quello delle strofe dispari e manca il commiato. Altre poesie scritte nel metro della canzone sono Ad Angelo Mai, Sopra il monumento di Dante, Nelle nozze della sorella Paolina ecc.
b) la canzone libera (o leopardiana) i versi sono quelli della canzone petrarchesca endecasillabi e settenari, ma le strofe sono disuguali e costruite con la massima libertà. Sono canzoni libere Il passero solitario, A Silvia, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia, La quiete dopo la tempesta.
c) Gli endecasillabi sciolti libere successioni di endecasillabi non rimati. Sono composti in tale metro L'infinito, La sera del dì di festa, Le ricordanze Aspasia ecc.
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martedì 28 novembre 2017
lunedì 13 novembre 2017
A Silvia - Giacomo Leopardi
A Silvia - Giacomo Leopardi
Silvia, rimembri ancora o Silvia ricordi ancora
quel tempo della tua vita mortale quel periodo della vita terrena
quando beltà splendea quando la bellezza splendeva
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi nei tuoi occhi felici e furtivi
e tu lieta e pensosa, il limitare e tu serena e riflessiva ti avvicinavi
di gioventù salivi ? alla soglia della giovinezza ?
Sonavan le quiete Le stanze silenziose
stanze e le vie dintorno e le vie circostanti risuonavano
al tuo perpetuo canto al tuo canto ininterrotto e spontaneo,
allor che all'opre femminili intenta quando sedevi dedita
sedevi assai contenta ai lavori femminili e assai felice
di quel vago avvenir che in mente avevi di quell'indeterminato futuro che avevi in mente
Era il maggio odoroso: e tu solevi era il mese di maggio pieno di profumi
così menare il giorno e tu eri solita trascorrere così le giornate
Io gli studi leggiadri Io abbandonavo talvolta i miei
talor lasciando e le sudate carte amati componimenti su cui faticavo
ove il tempo mio primo dove si spendeva la miglior parte
e di me spendea la miglior parte di me stesso e della mia adolescenza
d'in su i veroni del paterno ostello dai balconi della casa paterna
porgea gli orecchi al suo della tua voce porgevo l'udito al suono della tua voce
e alla man veloce e a quello della mano che
che percorrea la faticosa tela scorreva veloce sulla tela.
Mirava il ciel sereno Guardavo il cielo sereno
le vie dorate e gli orti per le strade invase dal sole e per gli orti
e quinci il mar da lungi e quindi il monte e di qui il mar che appare all'orizzonte e quindi
Lingua mortal non dice gli Appennini il linguaggio mortale non dice
quel che io sentiva in seno quel che allora io sentivo nel cuore.
Che pensieri soavi che pensieri delicati
che speranze, che cori o Silvia mia ! che speranze che passioni o Silvia mia !
Quale allor ci apparia Quanto felice ci appariva allora
la vita umana e il fato ! la vita umana e il suo destino !
Quando sovvemmi di cotanta speme Quando mi torna in mente di tali illusioni
un affetto mi preme un moto dell'animo mi stringe
acerbo e sconsolato in modo acerbo e senza consolazione,
e tornami a doler mia sventura e torno a soffrire la mia sorte sfortunata
o natura o natura o natura o natura
perché non rendi poi perché non dai nell'età della maturità
quel che prometti allor ? perché di tanto ciò che hai promesso durante la giovinezza perché
inganni i figlio tuoi ? inganni così tanti i tuoi figli ?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Tu tormentata e sconfitta da un male incurabile
da chiuso morbo combattuta e vinta prima che l'inverno inaridisse i campi
perivi. o tenerella. E non vedevi ti spegnevi o tenerella. E non potevi vedere
il fiore degli anni tuoi il fiore dei tuoi anni;
non ti molceva il core non ti addolciva il cuore
la dolce lode or delle negre chiome ora la lode dei tuoi capelli corvini
or degli sguardi innamorati e schivi ora gli sguardi innamorati e pudici
ne teco le compagne ai dì festivi ne con te le compagne dei giorni di festa
ragionavan d'amore discutevano d'amore.
Anche peria fra poco In modo simile periva di lì a poco
la speranza mia dolce: agli anni miei la mia dolce speranza il destino ha negato
ache negaro i fati ai miei anni anche
la giovinezza. Ahi come, la giovinezza.
come passata sei, Ah mia speranza fonte di lacrime
cara compagna dell'età nova, cara compagna della mia gioventù,
mia lacrima speme ! come sei trascorsa !
Questo è il mondo ? questi questo è il mondo che avevamo sperato ?
i diletti, l'amor l'opre, gli eventi Questi i piaceri l'amore le opere gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme ? di cui tanto discutemmo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti ? questa è la sorte dell'umanità ?
All'apparir del vero Al disvelamento della verità
tu misera cadesti e con la mano tu misera sei caduta : e con la tua mano
la fredda morte ed una tomba ignuda indicavi da lontano la fredda morte
mostravi di lontano e la tomba spoglia
Il canto muove da un ricordo personale ?
Si. In Silvia il poeta rievoca Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta a 21 anni nel 1818. Ma il canto (scritto nel 1828 ) va ben oltre quella lontana realtà: la memoria della giovinetta come nota il Flora non è più soltanto evocativa e pietosa ma poetica.... e cioè assunta in un significato lirico ad esprimere non un fatto particolare ma il divino e l'eterno che è in un episodio terrestre.
La figura di Silvia è soltanto un simbolo ?
No. Essa è immagine stupenda di una giovinetta che sale "il limitare di gioventù e muore senza vedere il fiore dei suoi anni e insieme simbolo poetico delle speranze dell'adolescente Leopardi cadute " all'apparir del vero"
Si può dire che A Silvia sia una poesia d'amore ?
No Silvia non è una donna di cui il Leopardi si fosse innamorato; è una creatura contemplata un tempo con tenerezza e rievocata ora con affettuosa malinconia per la sua morte precoce; in essa Leopardi vede trascritta la sua stessa vicenda di sogni e delusioni.
Vi sono nel canto motivi di paesaggio ?
Sì di un paesaggio che non è già descrizione ma suggestiva interpretazione di uno stato d'animo di giovanile letizia : "quel maggio odoroso " quel "ciel sereno ", quelle "vie dorate " sottolineano la serenità e la gioia primaverile in cui respira estatica la commozione dell'adolescenza. Da non dimenticare per altro al verso 40 quel breve suggerimento di un paesaggio invernale ("tu pria che l'erbe inaridisse il verno " ) intonato al tema desolate della morte precoce.
Ne canto il Leopardi dice :
Ahi , come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrima speme !
A chi si rivolge in questi versi il poeta ?
alla speranza rimpianta e vanamente invocata ("lacrima speme") a tutti i suoi sogni ai dolci inganni dell'adolescenza dolorosamente svaniti col sopraggiungere del vero
Silvia, rimembri ancora o Silvia ricordi ancora
quel tempo della tua vita mortale quel periodo della vita terrena
quando beltà splendea quando la bellezza splendeva
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi nei tuoi occhi felici e furtivi
e tu lieta e pensosa, il limitare e tu serena e riflessiva ti avvicinavi
di gioventù salivi ? alla soglia della giovinezza ?
Sonavan le quiete Le stanze silenziose
stanze e le vie dintorno e le vie circostanti risuonavano
al tuo perpetuo canto al tuo canto ininterrotto e spontaneo,
allor che all'opre femminili intenta quando sedevi dedita
sedevi assai contenta ai lavori femminili e assai felice
di quel vago avvenir che in mente avevi di quell'indeterminato futuro che avevi in mente
Era il maggio odoroso: e tu solevi era il mese di maggio pieno di profumi
così menare il giorno e tu eri solita trascorrere così le giornate
Io gli studi leggiadri Io abbandonavo talvolta i miei
talor lasciando e le sudate carte amati componimenti su cui faticavo
ove il tempo mio primo dove si spendeva la miglior parte
e di me spendea la miglior parte di me stesso e della mia adolescenza
d'in su i veroni del paterno ostello dai balconi della casa paterna
porgea gli orecchi al suo della tua voce porgevo l'udito al suono della tua voce
e alla man veloce e a quello della mano che
che percorrea la faticosa tela scorreva veloce sulla tela.
Mirava il ciel sereno Guardavo il cielo sereno
le vie dorate e gli orti per le strade invase dal sole e per gli orti
e quinci il mar da lungi e quindi il monte e di qui il mar che appare all'orizzonte e quindi
Lingua mortal non dice gli Appennini il linguaggio mortale non dice
quel che io sentiva in seno quel che allora io sentivo nel cuore.
Che pensieri soavi che pensieri delicati
che speranze, che cori o Silvia mia ! che speranze che passioni o Silvia mia !
Quale allor ci apparia Quanto felice ci appariva allora
la vita umana e il fato ! la vita umana e il suo destino !
Quando sovvemmi di cotanta speme Quando mi torna in mente di tali illusioni
un affetto mi preme un moto dell'animo mi stringe
acerbo e sconsolato in modo acerbo e senza consolazione,
e tornami a doler mia sventura e torno a soffrire la mia sorte sfortunata
o natura o natura o natura o natura
perché non rendi poi perché non dai nell'età della maturità
quel che prometti allor ? perché di tanto ciò che hai promesso durante la giovinezza perché
inganni i figlio tuoi ? inganni così tanti i tuoi figli ?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Tu tormentata e sconfitta da un male incurabile
da chiuso morbo combattuta e vinta prima che l'inverno inaridisse i campi
perivi. o tenerella. E non vedevi ti spegnevi o tenerella. E non potevi vedere
il fiore degli anni tuoi il fiore dei tuoi anni;
non ti molceva il core non ti addolciva il cuore
la dolce lode or delle negre chiome ora la lode dei tuoi capelli corvini
or degli sguardi innamorati e schivi ora gli sguardi innamorati e pudici
ne teco le compagne ai dì festivi ne con te le compagne dei giorni di festa
ragionavan d'amore discutevano d'amore.
Anche peria fra poco In modo simile periva di lì a poco
la speranza mia dolce: agli anni miei la mia dolce speranza il destino ha negato
ache negaro i fati ai miei anni anche
la giovinezza. Ahi come, la giovinezza.
come passata sei, Ah mia speranza fonte di lacrime
cara compagna dell'età nova, cara compagna della mia gioventù,
mia lacrima speme ! come sei trascorsa !
Questo è il mondo ? questi questo è il mondo che avevamo sperato ?
i diletti, l'amor l'opre, gli eventi Questi i piaceri l'amore le opere gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme ? di cui tanto discutemmo insieme?
Questa la sorte dell'umane genti ? questa è la sorte dell'umanità ?
All'apparir del vero Al disvelamento della verità
tu misera cadesti e con la mano tu misera sei caduta : e con la tua mano
la fredda morte ed una tomba ignuda indicavi da lontano la fredda morte
mostravi di lontano e la tomba spoglia
Il canto muove da un ricordo personale ?
Si. In Silvia il poeta rievoca Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta a 21 anni nel 1818. Ma il canto (scritto nel 1828 ) va ben oltre quella lontana realtà: la memoria della giovinetta come nota il Flora non è più soltanto evocativa e pietosa ma poetica.... e cioè assunta in un significato lirico ad esprimere non un fatto particolare ma il divino e l'eterno che è in un episodio terrestre.
La figura di Silvia è soltanto un simbolo ?
No. Essa è immagine stupenda di una giovinetta che sale "il limitare di gioventù e muore senza vedere il fiore dei suoi anni e insieme simbolo poetico delle speranze dell'adolescente Leopardi cadute " all'apparir del vero"
Si può dire che A Silvia sia una poesia d'amore ?
No Silvia non è una donna di cui il Leopardi si fosse innamorato; è una creatura contemplata un tempo con tenerezza e rievocata ora con affettuosa malinconia per la sua morte precoce; in essa Leopardi vede trascritta la sua stessa vicenda di sogni e delusioni.
Vi sono nel canto motivi di paesaggio ?
Sì di un paesaggio che non è già descrizione ma suggestiva interpretazione di uno stato d'animo di giovanile letizia : "quel maggio odoroso " quel "ciel sereno ", quelle "vie dorate " sottolineano la serenità e la gioia primaverile in cui respira estatica la commozione dell'adolescenza. Da non dimenticare per altro al verso 40 quel breve suggerimento di un paesaggio invernale ("tu pria che l'erbe inaridisse il verno " ) intonato al tema desolate della morte precoce.
Ne canto il Leopardi dice :
Ahi , come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrima speme !
A chi si rivolge in questi versi il poeta ?
alla speranza rimpianta e vanamente invocata ("lacrima speme") a tutti i suoi sogni ai dolci inganni dell'adolescenza dolorosamente svaniti col sopraggiungere del vero
martedì 7 novembre 2017
l'Infinito di Giacomo Leopardi
l'Infinito di Giacomo Leopardi
Sempre caro fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte lo sguardo esclude
ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella e sovraumani
silenzi e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo ove per poco
il cor non si spaura e come il vento
odo stormir tra queste piante io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando e mi sovvien l'eterno
e le morte stagioni e la presente
e viva il suon di lei così tra questa
immensità s'annega il pensier mio
e il naufragar m'è dolce in questo mare
Come si può valutare il primo verso dell'Infinito ( Sempre caro fu quest'ermo colle) ?
Come un verso stupendo nella sua elementarità familiare e affettuosa dei vocaboli e nella suggestione remota che immediatamente da essa si propaga: il timbro è sommesso il linguaggio parco e misurato eppure lo spunto modesto che esso contiene si allarga senza alcuno sforzo nell'immaginazione dell'infinito spaziale e temporale.
Quali sono le occasioni presenti che determinano per contrasto l'immaginazione e dell'infinito e dell'eterno ?
la siepe che precludendo la vista del panorama fino all'orizzonte e consentendo di contemplare solo una parte di cielo determina l'immaginazione degli interminati spazi del sovrumani silenzi e lo stormire delle piante mosse dal vento che suscita l'immaginazione delle età trascorse e del perenne fluire del tempo.
E' lecito definire romantico l'Infinito ?
certamente . romantico è il senso stesso dell'infinito che nasce dai limiti del presente, romantica la suggestione di interminati spazi e dei sovrumani silenzi da aggiungere però che tale momento spirituale ha trovato nei versi leopardiani - composti nel 1819 - un tono severo e assoluto che esclude qualsiasi sentimentalismo qualsiasi troppo immediato entusiasmo, qualsiasi caduta del pittoresco : romanticismo maturo, quello del Leopardi che si esprime in uno stile misurato e controllato sillaba per sillaba : uno stile che domina l'emozione originaria e dà ordine ad essa.
Che cosa esprime questo idillio : un concetto filosofico o una emozione sentimentale ?
Né l'una né l'altra cosa. E sarebbe fuori proposito parlare di concetto filosofico se mai si dovrebbe parlare di un movimento del pensiero. Così pure emozione sentimentale direbbe qualcosa di troppo immediato e istintivo mentre i quindici versi dell'idillio sono esemplari per il controllo e la misura artistica.
In realtà in questa lirica eccezionale il sentimento (sempre caro mi fu quest'ermo colle ; over per poco /il cor non si spaura e " il naufragar m'è dolce in questo mare" ) si lega all'immaginazione dell'infinito e dell'eterno ( "interminati /spazi .... e sovrumani /silenzi e profondissima quiete..." "e mi sovvien l'eterno / e le morte stagioni ") in questa struttura ritmica che ah la solidità di un severo processo intellettuale e insieme la pienezza affettuosa di un moto del cuore intenso ma placato e raccolto. Pensiero e sentimento si fanno qui musica grave e meditativa : musica che non indulge al cantabile che non accarezza l'orecchio : delicata e insieme profonda.
Il De Sanctis giudicava l'infinito "contemplazione religiosa " "l'apertura musicale di una nuova era".
Sempre caro fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte lo sguardo esclude
ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella e sovraumani
silenzi e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo ove per poco
il cor non si spaura e come il vento
odo stormir tra queste piante io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando e mi sovvien l'eterno
e le morte stagioni e la presente
e viva il suon di lei così tra questa
immensità s'annega il pensier mio
e il naufragar m'è dolce in questo mare
Come si può valutare il primo verso dell'Infinito ( Sempre caro fu quest'ermo colle) ?
Come un verso stupendo nella sua elementarità familiare e affettuosa dei vocaboli e nella suggestione remota che immediatamente da essa si propaga: il timbro è sommesso il linguaggio parco e misurato eppure lo spunto modesto che esso contiene si allarga senza alcuno sforzo nell'immaginazione dell'infinito spaziale e temporale.
Quali sono le occasioni presenti che determinano per contrasto l'immaginazione e dell'infinito e dell'eterno ?
la siepe che precludendo la vista del panorama fino all'orizzonte e consentendo di contemplare solo una parte di cielo determina l'immaginazione degli interminati spazi del sovrumani silenzi e lo stormire delle piante mosse dal vento che suscita l'immaginazione delle età trascorse e del perenne fluire del tempo.
E' lecito definire romantico l'Infinito ?
certamente . romantico è il senso stesso dell'infinito che nasce dai limiti del presente, romantica la suggestione di interminati spazi e dei sovrumani silenzi da aggiungere però che tale momento spirituale ha trovato nei versi leopardiani - composti nel 1819 - un tono severo e assoluto che esclude qualsiasi sentimentalismo qualsiasi troppo immediato entusiasmo, qualsiasi caduta del pittoresco : romanticismo maturo, quello del Leopardi che si esprime in uno stile misurato e controllato sillaba per sillaba : uno stile che domina l'emozione originaria e dà ordine ad essa.
Che cosa esprime questo idillio : un concetto filosofico o una emozione sentimentale ?
Né l'una né l'altra cosa. E sarebbe fuori proposito parlare di concetto filosofico se mai si dovrebbe parlare di un movimento del pensiero. Così pure emozione sentimentale direbbe qualcosa di troppo immediato e istintivo mentre i quindici versi dell'idillio sono esemplari per il controllo e la misura artistica.
In realtà in questa lirica eccezionale il sentimento (sempre caro mi fu quest'ermo colle ; over per poco /il cor non si spaura e " il naufragar m'è dolce in questo mare" ) si lega all'immaginazione dell'infinito e dell'eterno ( "interminati /spazi .... e sovrumani /silenzi e profondissima quiete..." "e mi sovvien l'eterno / e le morte stagioni ") in questa struttura ritmica che ah la solidità di un severo processo intellettuale e insieme la pienezza affettuosa di un moto del cuore intenso ma placato e raccolto. Pensiero e sentimento si fanno qui musica grave e meditativa : musica che non indulge al cantabile che non accarezza l'orecchio : delicata e insieme profonda.
Il De Sanctis giudicava l'infinito "contemplazione religiosa " "l'apertura musicale di una nuova era".
lunedì 6 novembre 2017
la poesia religiosa - San Francesco d'Assisi
La poesia religiosa
SAN FRANCESCO D'ASSISI (1182-1226). Nato ad Assisi da Pietro Bernardone, ricco mercante e da Madonna Pica di origine provenzale, condusse una giovinezza gaia e dissipata.
A 21 anni Francesco combatté contro i Perugini ma, fatto prigioniero , rimase per oltre un anno in carcere a Perugia; tornato ad Assisi, soffrì di una grave malattia che gli procurò indicibili pene fisiche e spirituali; arruolatosi infine tra gli armati di un cavaliere assisiate diretto in Puglia, provò più che mai vivo il senso della vanità di ogni grandezza umana e giungo a Spoleto ritornò il giorno stesso ad Assisi completamente trasformato nell'animo. Qui cadde in una profonda crisi religiosa che lo portò a rinunciare davanti al padre e al vescovo d'Assisi Giudo a ogni ricchezza terrena.
Si ritirò a vita ascetica e cominciò a restaurare la Chiesetta di S. Damiano; più tardi colpito dalla lettura di un passo del Vangelo di S: Matteo nella Chiesetta di S: Maria della Porziuncola ("andate per il modo annunciando che il Regno dei Cieli è imminente, ecc. ) decise di raccogliere in torno a sé alcuni seguaci, con i quali prese dimora in una casupola abbandonata, chiamata Rivotorto, ma poi, cacciato da un contadino, si rifugiò nella chiesetta della Porziuncola.
S. Francesco fondò 'ordine dei francescani o frati minori di cui la prima Regola più intransigente fu approvata oralmente da Papa Innocenzo III nel 1210 e la seconda più mite per l'intervento della Chisa fu approvata per iscritto da Papa Onorio III (1223).
Ne 1219 si recò in Oriente ben accolto dal sultano Malek al Kamel ma non riuscendo a diffondervi come sperava la religione cristiana tornò in Italia; qui dopo aver ricevuto nel 1124 le stimmate nella solitudine della Verna (Toscana) morì nella chiesa di S: Maria della Porziuncola il 3 ottobre 1226.
San Francesco ha grandissima importanza nella storia del basso medioevo. La sua predicazione contiene fervido il messaggio di amore e fraternità.
Per il suo impulso nel campo religioso si ebbe una purificazione dei costumi ecclesiastici; nella vita civile un invito alla pace e alla giustizia sociale in nome della carità cristiana; nel campo artistico un richiamo profondo all'interiorità di sentire che animò poi la pittura di Giotto e la grande poesia di Dante.
Poco dopo la morte del Santo si diffusero in Italia centrale soprattutto in Umbria le compagnie dei flagellanti (Laudesi, Disciplinati ecc. ) tra i quali erano i cosiddetti giullari di Dio cui si deve la diffusione tra le masse popolari di una nuova poesia religiosa, la Laude.
Le laudi erano componimenti in lode di Cristo della Vergine, dei Santi e in genere della tradizione cristiana nelle forme metriche della ballata.
San Francesco scrisse il Cantico di Frate Sole (o laudes creaturarum) composto secondo una tradizione che risale ai primi ingenui seguaci, dopo una notte passata nella celletta di S: Damiano in cui il Santo tormentato dal ma d'occhi e da topi parve udire una voce di celeste conforto.
E' un a rosa ritmata in dialetto umbro, una specie di salmo in cui il Santo invita tutte le creature il sole e la luna le stesse il vento l'aria e l'acqua la terra e il fuoco a lodare il Signore. L'ultima strofa per sora notra morte corporale fu forse composta negli ultimi giorni di vita alla Porziuncola.
Il Cantico ha un alto valore artistico : si tratta di un intimo messaggio di amore e fraternità in cui si riflette tutta la vita spirituale la cultura la fantasia di Francesco.
La bellezza del canto è nella sua fervida intonazione di preghiera modellata sui salmi e sui cantici della Bibbia e, soprattutto nella serena letizia delle immagini colorite e luminose.
SAN FRANCESCO D'ASSISI (1182-1226). Nato ad Assisi da Pietro Bernardone, ricco mercante e da Madonna Pica di origine provenzale, condusse una giovinezza gaia e dissipata.
A 21 anni Francesco combatté contro i Perugini ma, fatto prigioniero , rimase per oltre un anno in carcere a Perugia; tornato ad Assisi, soffrì di una grave malattia che gli procurò indicibili pene fisiche e spirituali; arruolatosi infine tra gli armati di un cavaliere assisiate diretto in Puglia, provò più che mai vivo il senso della vanità di ogni grandezza umana e giungo a Spoleto ritornò il giorno stesso ad Assisi completamente trasformato nell'animo. Qui cadde in una profonda crisi religiosa che lo portò a rinunciare davanti al padre e al vescovo d'Assisi Giudo a ogni ricchezza terrena.
Si ritirò a vita ascetica e cominciò a restaurare la Chiesetta di S. Damiano; più tardi colpito dalla lettura di un passo del Vangelo di S: Matteo nella Chiesetta di S: Maria della Porziuncola ("andate per il modo annunciando che il Regno dei Cieli è imminente, ecc. ) decise di raccogliere in torno a sé alcuni seguaci, con i quali prese dimora in una casupola abbandonata, chiamata Rivotorto, ma poi, cacciato da un contadino, si rifugiò nella chiesetta della Porziuncola.
S. Francesco fondò 'ordine dei francescani o frati minori di cui la prima Regola più intransigente fu approvata oralmente da Papa Innocenzo III nel 1210 e la seconda più mite per l'intervento della Chisa fu approvata per iscritto da Papa Onorio III (1223).
Ne 1219 si recò in Oriente ben accolto dal sultano Malek al Kamel ma non riuscendo a diffondervi come sperava la religione cristiana tornò in Italia; qui dopo aver ricevuto nel 1124 le stimmate nella solitudine della Verna (Toscana) morì nella chiesa di S: Maria della Porziuncola il 3 ottobre 1226.
San Francesco ha grandissima importanza nella storia del basso medioevo. La sua predicazione contiene fervido il messaggio di amore e fraternità.
Per il suo impulso nel campo religioso si ebbe una purificazione dei costumi ecclesiastici; nella vita civile un invito alla pace e alla giustizia sociale in nome della carità cristiana; nel campo artistico un richiamo profondo all'interiorità di sentire che animò poi la pittura di Giotto e la grande poesia di Dante.
Poco dopo la morte del Santo si diffusero in Italia centrale soprattutto in Umbria le compagnie dei flagellanti (Laudesi, Disciplinati ecc. ) tra i quali erano i cosiddetti giullari di Dio cui si deve la diffusione tra le masse popolari di una nuova poesia religiosa, la Laude.
Le laudi erano componimenti in lode di Cristo della Vergine, dei Santi e in genere della tradizione cristiana nelle forme metriche della ballata.
San Francesco scrisse il Cantico di Frate Sole (o laudes creaturarum) composto secondo una tradizione che risale ai primi ingenui seguaci, dopo una notte passata nella celletta di S: Damiano in cui il Santo tormentato dal ma d'occhi e da topi parve udire una voce di celeste conforto.
E' un a rosa ritmata in dialetto umbro, una specie di salmo in cui il Santo invita tutte le creature il sole e la luna le stesse il vento l'aria e l'acqua la terra e il fuoco a lodare il Signore. L'ultima strofa per sora notra morte corporale fu forse composta negli ultimi giorni di vita alla Porziuncola.
Il Cantico ha un alto valore artistico : si tratta di un intimo messaggio di amore e fraternità in cui si riflette tutta la vita spirituale la cultura la fantasia di Francesco.
La bellezza del canto è nella sua fervida intonazione di preghiera modellata sui salmi e sui cantici della Bibbia e, soprattutto nella serena letizia delle immagini colorite e luminose.
venerdì 3 novembre 2017
letteratura italiana - le origini
letteratura italiana - le origini
Le lingua italiana deriva dal latino volgare. La lingua latina infatti presentava anticamente due forme una letteraria o scritta ( latino letterario) usata dai dotti e dalle persone di condizione più elevata uan volgare o parlata ( latino volgare) usata dalla plebe e dalle persone meno colte. Il latino volgare veniva indicato anche con il nome di sermo plebeius rusticus militaris cotiduanus ecc. mentre il latino letterario diceva ad esempio equus os ignis edere il volgare diceva caballus bucca focus manducare
I coloni latini esportarono nelle province il latino volgare che subì in tal modo numerose alterazioni a seconda delle lingue parlate dalle popolazioni locali così per esempio tra le popolazioni celtiche della Gallia l'u accentato del latino volgare fu pronunciato in u"
Queste differenze locali si fecero naturalmente più accentuate con la caduta dell'Impero spezzata l'unità politica anche l'unità linguistica andò dal V secolo in poi gradatamente perdendosi; e dal latino volgare sorsero le lingue romanze o neolatine ( cioè romanzate o nuove latine).
Le principali lingue neolatine sono sei : portoghese, spagnolo, francese, o lingua d'oi"l, provenzale o lingua d'oc (da cui l'aggettivo occitanico) rumeno e italiano.
Un'altra unità linguistica neolatina è costituita dai dialetti ladini parlati in tre zone distinte delle Alpi Il Friuli una parte del Trentino il Cantone dei Grigioni.
I mutamenti principali subiti dal latino nella sua trasformazione in volgare furono :
la perdita del neutro
la perdita dei casi o declinazioni sostituiti dalle preposizioni
la scomparsa della forma passiva del verbo
l'aggiunta dell'articolo
l'instaurazione di una nuova forma di futuro (amerò da amare habeo )
Non meno profonda fu la trasformazione subìta dalla metrica antica.
La metrica antica era quantitativa cioè si fondava sulla quantità delle sillabe ( lunghe o brevi ) la metrica volgare è accentuativa cioè si fonda sull'accento delle sillabe.
Vengono inoltre introdotte la rima e la strofa già molto usate nei versi latini della decadenza.
I primi scritti del volgare italiano risalgono al IX secolo e al X secolo per quanto tracce di volgare si incontrino già in parole e frasi fin dal VI secolo. Tra i primi documenti delle lingua italiana si possono ricordare
1) l'indovinello veronese (IX secolo) :
se pareba boves - alba pratalia araba - et albo versorio teneba - et negro semen seminaba - ( Spingeva avanti i buoi arava bianchi prati e teneva un bianco aratro e seminava nero seme ) si tratta di un indovinello che indica l'atto dello scrivere scoperto in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona. Si tenga presente che i buoi sono le dita; il campo bianco è il foglio il bianco aratro è la penna d'oca e il nero seme è l'inchiostro.
2) la carta capuana (960) un documento notarile che tratta una questione di proprietà tra l'abate di Montecassino e un certo Rodelgrimo d'Aquino.
Eccone il testo " Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte sancti Benedicti" (so che quelle terre entro quei confini che qui si descrivono le ha possedute per trenta anni l'amministrazione del monastero di san Benedetto ).
Il documento è in latino ma la formula di giuramento che abbiamo riportato è scritta in una lingua che ormai risolutamente volgare.
Tra i primi documenti della letteratura italiana si possono ricordare
1) Ritmo laurenziano (1150 circa) una cantilena di un giullar toscano in onore di un vescovo di Osimo.
2) ritmo cassinese (fine del sec. XII) un dialogo in versi intorno alla vita celeste e alla vita terrena.
Si tratta di componimenti che dimostrano buona cultura e notevole abilità tecnica.
E' da osservare che tra i vari volgari di ambito regionale (il lombardo l'umbro il siciliano ecc.) prevalse infine per ragioni storiche geografiche e letterarie il fiorentino la lingua di Dante e della Divina Commedia.
Le lingua italiana deriva dal latino volgare. La lingua latina infatti presentava anticamente due forme una letteraria o scritta ( latino letterario) usata dai dotti e dalle persone di condizione più elevata uan volgare o parlata ( latino volgare) usata dalla plebe e dalle persone meno colte. Il latino volgare veniva indicato anche con il nome di sermo plebeius rusticus militaris cotiduanus ecc. mentre il latino letterario diceva ad esempio equus os ignis edere il volgare diceva caballus bucca focus manducare
I coloni latini esportarono nelle province il latino volgare che subì in tal modo numerose alterazioni a seconda delle lingue parlate dalle popolazioni locali così per esempio tra le popolazioni celtiche della Gallia l'u accentato del latino volgare fu pronunciato in u"
Queste differenze locali si fecero naturalmente più accentuate con la caduta dell'Impero spezzata l'unità politica anche l'unità linguistica andò dal V secolo in poi gradatamente perdendosi; e dal latino volgare sorsero le lingue romanze o neolatine ( cioè romanzate o nuove latine).
Le principali lingue neolatine sono sei : portoghese, spagnolo, francese, o lingua d'oi"l, provenzale o lingua d'oc (da cui l'aggettivo occitanico) rumeno e italiano.
Un'altra unità linguistica neolatina è costituita dai dialetti ladini parlati in tre zone distinte delle Alpi Il Friuli una parte del Trentino il Cantone dei Grigioni.
I mutamenti principali subiti dal latino nella sua trasformazione in volgare furono :
la perdita del neutro
la perdita dei casi o declinazioni sostituiti dalle preposizioni
la scomparsa della forma passiva del verbo
l'aggiunta dell'articolo
l'instaurazione di una nuova forma di futuro (amerò da amare habeo )
Non meno profonda fu la trasformazione subìta dalla metrica antica.
La metrica antica era quantitativa cioè si fondava sulla quantità delle sillabe ( lunghe o brevi ) la metrica volgare è accentuativa cioè si fonda sull'accento delle sillabe.
Vengono inoltre introdotte la rima e la strofa già molto usate nei versi latini della decadenza.
I primi scritti del volgare italiano risalgono al IX secolo e al X secolo per quanto tracce di volgare si incontrino già in parole e frasi fin dal VI secolo. Tra i primi documenti delle lingua italiana si possono ricordare
1) l'indovinello veronese (IX secolo) :
se pareba boves - alba pratalia araba - et albo versorio teneba - et negro semen seminaba - ( Spingeva avanti i buoi arava bianchi prati e teneva un bianco aratro e seminava nero seme ) si tratta di un indovinello che indica l'atto dello scrivere scoperto in un codice della Biblioteca Capitolare di Verona. Si tenga presente che i buoi sono le dita; il campo bianco è il foglio il bianco aratro è la penna d'oca e il nero seme è l'inchiostro.
2) la carta capuana (960) un documento notarile che tratta una questione di proprietà tra l'abate di Montecassino e un certo Rodelgrimo d'Aquino.
Eccone il testo " Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte sancti Benedicti" (so che quelle terre entro quei confini che qui si descrivono le ha possedute per trenta anni l'amministrazione del monastero di san Benedetto ).
Il documento è in latino ma la formula di giuramento che abbiamo riportato è scritta in una lingua che ormai risolutamente volgare.
Tra i primi documenti della letteratura italiana si possono ricordare
1) Ritmo laurenziano (1150 circa) una cantilena di un giullar toscano in onore di un vescovo di Osimo.
2) ritmo cassinese (fine del sec. XII) un dialogo in versi intorno alla vita celeste e alla vita terrena.
Si tratta di componimenti che dimostrano buona cultura e notevole abilità tecnica.
E' da osservare che tra i vari volgari di ambito regionale (il lombardo l'umbro il siciliano ecc.) prevalse infine per ragioni storiche geografiche e letterarie il fiorentino la lingua di Dante e della Divina Commedia.
martedì 24 ottobre 2017
La rima
la rima
Due o più versi che terminano con un gruppo di lettere uguali a partire dall'ultimo accento ritmico si dicono rimati
Quale a mur quale a porte e quali altròve
tutti davan di sé lucide pròve
invece della rima si ha la consonanza quando sono identiche le lettere finali
fior di ginestra
tutta infiora la campagna nostra
quando s'affaccia Rita alla finestra
si ha l'assonanza quando sono uguali le vocali ma non le consonanti
la cavallina grigia trotta
e il cane rosso al fianco le galoppa
secondo come sono disposte le rime si dicono
rime accoppiate
AA BB CC
rime alternate
AB AB AB
rime chiuse o incrociate
AB-BA
rime incatenate
ABA BCB C
rime ripetute
ABC ABC
rime invertite
ABC CBA
Due o più versi che terminano con un gruppo di lettere uguali a partire dall'ultimo accento ritmico si dicono rimati
Quale a mur quale a porte e quali altròve
tutti davan di sé lucide pròve
invece della rima si ha la consonanza quando sono identiche le lettere finali
fior di ginestra
tutta infiora la campagna nostra
quando s'affaccia Rita alla finestra
si ha l'assonanza quando sono uguali le vocali ma non le consonanti
la cavallina grigia trotta
e il cane rosso al fianco le galoppa
secondo come sono disposte le rime si dicono
rime accoppiate
AA BB CC
rime alternate
AB AB AB
rime chiuse o incrociate
AB-BA
rime incatenate
ABA BCB C
rime ripetute
ABC ABC
rime invertite
ABC CBA
venerdì 8 settembre 2017
grammatica italiana - figure retoriche
grammatica italiana - figure retoriche
I principali modi di espressione del linguaggio figurato sono i traslati quali la metafora l'allegoria la metonimia la sineddoche l'antonomasia l'ironia il sarcasmo l'iperbole che indicano un trasferimento di significato parole o costrutti piegati ad esprimere qualcosa di diverso da quello che in realtà significano; le figure quali la similitudine la perifrasi l'ipotiposi la personificazione l'antitesi la reticenza l'interrogazione retorica l'eufemismo l'esclamazione l'epifonema l'apostrofe : cioè modi particolari di foggiare il discorso e di disporre le parole in maniera tale che le cose rappresentate acquistino maggiore rilievo.
Per dare maggiore vigore all'espressione e renderla intensa suggestiva il poeta o lo scrittore ricorre spesso alla metafora usa cioè una parola per esprimere una cosa che non è quella da essa propriamente significata ma un'altra la quale con quella ha però un rapporto di somiglianza.
questo luogo è un paradiso
La metafora è un'immagine e l'immagine dà vigore all'arte dello scrivere e particolare colorito. Comunque bisogna usarla con parsimonia e con buon gusto.
Talvolta in qualche circostanza si varia efficacemente il discorso dicendo l'opposto di quello che si vuol significare ma facendolo capire attraverso il tono della voce o un modo particolare di esprimersi e si ha l'ironia :
Avete avuto proprio una bella idea !
e quando essa assume un tono amaro aspro si ha il sarcasmo.
Se invece l'ironia in un primo momento fa sorridere per la sua arguzia ma poi induce a un'amara meditazione sulle debolezze o sui vizi degli uomini si ha l'umorismo.
Altre volte si vuole dare al pensiero un rilievo drammatico tanto da creare in chi legge l'illusione di trovarsi quali nell'azione descritta o che questa si svolga davanti ai suoi occhi si ricorre all'ipotiposi.
Non sempre sembra di essere sufficientemente espressivi nell'esposizione di un pensiero per meglio chiarirlo per renderlo più evidente più intenso nel significato si ricorre alla similitudine si pone a confronto il pensiero espresso con un altro più comune il quale come il primo abbia qualche somiglianza.
i ragazzi lo rincorrevano come un branco di segugi
Alla similitudine si avvicina la personificazione con la quale si dà vita e persona o cosa inanimata.
Per fare risaltare maggiormente una o più idee si possono porre queste riscontro con altre idee opposte dando luogo all'antitesi,
come pure interrompere il discorso in modo da far pensare più di quello che si può esprimere con l e parole e si ha la reticenza
ancora per variare il discorso e dargli movimento si è soliti talvolta ricorrere all'interrogazione retorica si rivolge cioè una domanda a una persona o cosa personificata non per averne una risposta ma per affermarla con più forza e indurre altri al nostro stesso pensiero oppure per manifestare un dubbio che ci tiene sospesi.
Se poi si ritiene necessario per sostenere il tono del discorso significare con un giro ampio di parole senza chiamarla con il suo nome si usa una perifrasi. La quale prende il nome particolare di eufemismo qualora si voglia mitigare un pensiero che riuscirebbe doloroso o spiacevole o volgare se espresso con il suo nome e di litote quando per affermare una cosa si nega il contrario
Una metafora continuata è un'allegoria narrazione o descrizione che non intesa nel suo significato letterale ma interpretata nel significato che si nasconde sotto la lettera. Allegorie sono le favole di Fedro e le parabole tutta un'allegoria è la divina commedia.
Con la metonimia si ottiene una energica abbreviazione del linguaggio. Propriamente essa consiste nell'usare un sostantivo invece di un altro nell'esprimere : un rapporto tra due idee causa effetto oppure un sostantivo astratto al posto di uno concreto e viceversa oppure il nome dell'autore di un'opera al posto dell'opera oppure la materia di una cosa per la cosa composta con quella oppure il contenente per i contenuto oppure ancora l'epoca per le persone che vi vissero.
Quando sempre per dare colorito allo scritto o al parlare si nomina il tutto per una parte e viceversa oppure il genere per la specie oppure il plurale per il singolare e viceversa oppure il numero determinato per l'indeterminato si dà origine alla sineddoche trasposizione del significato di una parola ad un altro con rapporto prevalentemente quantitativo.
Se invece si designa una personaggio famoso per mezzo di un nome comune che può essere costituito dal paronimico (Il Pelide = Achille) dall'aggettivo derivato dal luogo di nascita da una spiccata qualità o si estende a persona o cosa un nome celebre si ha l'antonomasia.
una commozione dell'animo preso dal timore dal dolore o da allegria da meraviglia trova la sua espressione nell'esclamazione o nella epifonema qualora l'esclamazione contenga una sentenza o massima morale.
Si usa l'apostrofe quando nella citazione del discorso o nella commozione dell'animo si rivolge la parola a cose inanimate o a persone assenti.
Qualora si senta il bisogno di snellire l'espressione di donarle maggiore rapidità ed emotività si usano lo zeugma e l'ellissi.
Lo zeugma consiste nel riferire a più complementi un predicato che si adatta invece a uno solo di essi.
L'ellissi consiste nell'omissione di qualche parola che si può facilmente sottintendere senza danneggiare la chiarezza del discorso.
A rendere meno prosastica un'espressione ci soccorrono a volte l'ipallage con la quale si attribuisce ad alcune parole della frase ciò che conviene ad altre della frase stessa e l'anastrofe che consiste nell'invertire l'ordine naturale delle parti del discorso per dare maggiore evidenza ad un altra parte sull'altre
Da evitare e in particolare modo nello scritto alcune figure grammaticali che ricorrono spesso nel linguaggio familiare quali l'anacoluto ed il pleonasmo ridondanza di parole cioè parole inutili
I principali modi di espressione del linguaggio figurato sono i traslati quali la metafora l'allegoria la metonimia la sineddoche l'antonomasia l'ironia il sarcasmo l'iperbole che indicano un trasferimento di significato parole o costrutti piegati ad esprimere qualcosa di diverso da quello che in realtà significano; le figure quali la similitudine la perifrasi l'ipotiposi la personificazione l'antitesi la reticenza l'interrogazione retorica l'eufemismo l'esclamazione l'epifonema l'apostrofe : cioè modi particolari di foggiare il discorso e di disporre le parole in maniera tale che le cose rappresentate acquistino maggiore rilievo.
Per dare maggiore vigore all'espressione e renderla intensa suggestiva il poeta o lo scrittore ricorre spesso alla metafora usa cioè una parola per esprimere una cosa che non è quella da essa propriamente significata ma un'altra la quale con quella ha però un rapporto di somiglianza.
questo luogo è un paradiso
La metafora è un'immagine e l'immagine dà vigore all'arte dello scrivere e particolare colorito. Comunque bisogna usarla con parsimonia e con buon gusto.
Talvolta in qualche circostanza si varia efficacemente il discorso dicendo l'opposto di quello che si vuol significare ma facendolo capire attraverso il tono della voce o un modo particolare di esprimersi e si ha l'ironia :
Avete avuto proprio una bella idea !
e quando essa assume un tono amaro aspro si ha il sarcasmo.
Se invece l'ironia in un primo momento fa sorridere per la sua arguzia ma poi induce a un'amara meditazione sulle debolezze o sui vizi degli uomini si ha l'umorismo.
Altre volte si vuole dare al pensiero un rilievo drammatico tanto da creare in chi legge l'illusione di trovarsi quali nell'azione descritta o che questa si svolga davanti ai suoi occhi si ricorre all'ipotiposi.
Non sempre sembra di essere sufficientemente espressivi nell'esposizione di un pensiero per meglio chiarirlo per renderlo più evidente più intenso nel significato si ricorre alla similitudine si pone a confronto il pensiero espresso con un altro più comune il quale come il primo abbia qualche somiglianza.
i ragazzi lo rincorrevano come un branco di segugi
Alla similitudine si avvicina la personificazione con la quale si dà vita e persona o cosa inanimata.
Per fare risaltare maggiormente una o più idee si possono porre queste riscontro con altre idee opposte dando luogo all'antitesi,
come pure interrompere il discorso in modo da far pensare più di quello che si può esprimere con l e parole e si ha la reticenza
ancora per variare il discorso e dargli movimento si è soliti talvolta ricorrere all'interrogazione retorica si rivolge cioè una domanda a una persona o cosa personificata non per averne una risposta ma per affermarla con più forza e indurre altri al nostro stesso pensiero oppure per manifestare un dubbio che ci tiene sospesi.
Se poi si ritiene necessario per sostenere il tono del discorso significare con un giro ampio di parole senza chiamarla con il suo nome si usa una perifrasi. La quale prende il nome particolare di eufemismo qualora si voglia mitigare un pensiero che riuscirebbe doloroso o spiacevole o volgare se espresso con il suo nome e di litote quando per affermare una cosa si nega il contrario
Una metafora continuata è un'allegoria narrazione o descrizione che non intesa nel suo significato letterale ma interpretata nel significato che si nasconde sotto la lettera. Allegorie sono le favole di Fedro e le parabole tutta un'allegoria è la divina commedia.
Con la metonimia si ottiene una energica abbreviazione del linguaggio. Propriamente essa consiste nell'usare un sostantivo invece di un altro nell'esprimere : un rapporto tra due idee causa effetto oppure un sostantivo astratto al posto di uno concreto e viceversa oppure il nome dell'autore di un'opera al posto dell'opera oppure la materia di una cosa per la cosa composta con quella oppure il contenente per i contenuto oppure ancora l'epoca per le persone che vi vissero.
Quando sempre per dare colorito allo scritto o al parlare si nomina il tutto per una parte e viceversa oppure il genere per la specie oppure il plurale per il singolare e viceversa oppure il numero determinato per l'indeterminato si dà origine alla sineddoche trasposizione del significato di una parola ad un altro con rapporto prevalentemente quantitativo.
Se invece si designa una personaggio famoso per mezzo di un nome comune che può essere costituito dal paronimico (Il Pelide = Achille) dall'aggettivo derivato dal luogo di nascita da una spiccata qualità o si estende a persona o cosa un nome celebre si ha l'antonomasia.
una commozione dell'animo preso dal timore dal dolore o da allegria da meraviglia trova la sua espressione nell'esclamazione o nella epifonema qualora l'esclamazione contenga una sentenza o massima morale.
Si usa l'apostrofe quando nella citazione del discorso o nella commozione dell'animo si rivolge la parola a cose inanimate o a persone assenti.
Qualora si senta il bisogno di snellire l'espressione di donarle maggiore rapidità ed emotività si usano lo zeugma e l'ellissi.
Lo zeugma consiste nel riferire a più complementi un predicato che si adatta invece a uno solo di essi.
L'ellissi consiste nell'omissione di qualche parola che si può facilmente sottintendere senza danneggiare la chiarezza del discorso.
A rendere meno prosastica un'espressione ci soccorrono a volte l'ipallage con la quale si attribuisce ad alcune parole della frase ciò che conviene ad altre della frase stessa e l'anastrofe che consiste nell'invertire l'ordine naturale delle parti del discorso per dare maggiore evidenza ad un altra parte sull'altre
Da evitare e in particolare modo nello scritto alcune figure grammaticali che ricorrono spesso nel linguaggio familiare quali l'anacoluto ed il pleonasmo ridondanza di parole cioè parole inutili
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