letteratura dell'età napoleonica - introduzione storica
Fra gli ultimi anni del Settecento e il 1815 l'Italia visse una delle epoche più importanti della sua storia moderna : quella dell'invasione delle armate rivoluzionarie francesi (1706 - 99), dell'effimero tentativo di restaurazione degli eserciti austro-russi (maggio 1799 - giugno 1800) e della sua partecipazione, dopo la battaglia di Marengo, alla politica napoleonica, prima come Repubblica, poi come Regno satellite, fino alla Restaurazione (1815).
L'ingresso nell'orbita francese ebbe numerosi effetti positivi : la dimensione unitaria impressa alla vita del Paese per la prima volta dopo i tempi di Roma; lo svecchiamento in senso antifeudale di tutte le forme della vita associata provocato dell'estensione all'Italia del codice napoleonico; il costituirsi, sia pure più lento che altrove, d'una classe borghese egemonica che portò da un lato più ampie masse di cittadini a partecipare alla vita politica, dall'altro allo svecchiamento di forme decrepite di costume pubblico e privato; con un'idea della politica non più chiusa nel segreto d'un gruppo ristretto di corte, ma aperta alla discussione parlamentare e anelante a giustificarsi dinanzi alla pubblica opinione. Questa veniva sollecitata in modo vario e capillare da una propaganda politica ben organizzata, da un rigoroso controllo dei mezzi d'informazione (i giornali, e l'editoria) ma era pur sempre concepita come fonte e giustificazione della sovranità.
Le armate francesi portavano al loro seguito i grandi principi che avevano ispirato la Rivoluzione francese, ne facevano un mezzo di lotta, di attrazione della simpatia dei popoli ai quali facevano balenare una speranza nuova di vita. Ma d'altra parte persisteva la tortuosa ragion di stato, che induceva come nel caso di Campoformio, a un baratto di popoli (la Repubblica di Venezia ceduta all'Austria) ai quali era stata promessa la libertà; gli ideali di libertà e indipendenza vagheggiati dai nostri patrioti che per essi avevano combattuto accanto alle armate "liberatrici" dei francesi apparivano compromessi dalla prepotenza militare, dal cinismo politico e dal dispotismo di Napoleone.
Un dato positivo era che questi contrasti implicavano responsabili scelte ideologiche e anche etiche da parte di ampi strati della popolazione. La politica scendeva nelle piazze, reclutava fra le masse i nuovi eserciti rivoluzionari o controrivoluzionari, i nuovi generali, re e imperatori. Non vi erano più, ormai, guerre d'eserciti, ma di popoli (i partigiani spagnoli contro gli invasori francesi; ma anche i "sanfedisti" contro la Repubblica Partenopea), che si battevano in nome delle loro tradizioni e del loro diritto alla libertà. Su una nuova idea di nazione tedesca, in contrasto con un secolare particolarismo politico si fondava la resistenza della Germania a Napoleone ; e anche altrove, persino in Italia, incominciava ad affermarsi l'ideale nazionale contro il cosmopolitismo propagandistico delle armate francesi. Il nazionalismo, prima di divenire, come nel tardo Ottocento e nella prima metà del Novecento, volontà prevaricatrice di potenza delle singole stirpi, fu riconoscimento d'una propria civiltà specifica, accompagnato dalla volontà d'una collaborazione civile fra i popoli, di là dalla politica dinastica dei re.
In questi anni, irti di contraddizioni, di guerre, di sofferenze, ma anche di coraggio e di grande attività politica ideologica e d'un forte impegno morale per i popoli europei, si affermò una visione della vita più dinamica sia nei sia nei rapporti pubblici sia in quelli privati, più aperta alla libera iniziativa individuale; se si vuole, più ricca di avventura.
Questo rinnovamento fu più lento in Italia per la sua qualità di stato satellite, e anche per la lentezza con cui si svilupparono in essa le trasformazioni sociali, Restava da superare il grande divario secolare città-campagna, lo sviluppo della borghesia era, e rimarrà, in forte ritardo rispetto ai paesi europei più progrediti. Tuttavia el esigenze burocratiche e militari del nuovo stato garantirono un'ampia circolazione degli Italiani nella Penisola, vi ristabilirono una tradizione militare e civile; soprattutto ricondussero almeno le elites borghesi e il popolo delle città a un rinnovato interesse per la politica attiva.
Tale interesse, dopo aver ispirato i primi moti insurrezionali all'approssimarsi delle truppe francesi perdura nella Repubblica e poi nel Regno, nella dialettica fra Giacobinismo e moderatismo. Il primo significava scelta del governo repubblicano e spostamento ideologico e politico dal tema della libertà a quello dell'uguaglianza reale dei cittadini sul piano socio- economico e politico; il secondo , che ispirò la politica napoleonica, era inteso al contenimento delle aspirazioni rivoluzionarie delle masse, soprattutto del proletariato e dei contadini e all'accoglimento della borghesia ricca, accanto ai nobili e ai proprietari terrier, nella classe dirigente, riservando una funzione subalterna ai piccoli proprietari e alla borghesia impiegatizia.
Fra grandi difficoltà e dure lezioni della storia, fra speranze ardenti e disillusioni i nostri uomini migliori compresero che l'esperienza napoleonica era positiva, perchè stimolava il risveglio d'una coscienza nazionale unitaria e ridestava l'Italia da un sonno secolare, immettendola di nuovo nel vivo della storia europea. Compresero soprattutto che la libertà non è un dono, ma conquista sofferta e difficile d'un popol. Da questa coscienza maturavano i primi germi del Rinascimento.
Nessun commento:
Posta un commento