Giacomo Leopardi - il linguaggio
La lingua di Leopardi analizzata sotto il profilo lessicale è la lingua della tradizione poetica italiana, classicistica, da Petrarca alla fine del settecento. L'impronta classicistica deriva da una parte dalla educazione letteraria del poeta, dall'altra da una scelta sapientemente calcolata in vista di un particolare poetico : Leopardi riteneva che le forme meno consuete, come latinismi, arcaismi, classicismi, termini dotti, peregrini o poco usati fossero poeticissime, analogamente alle parole che danno il senso del vago dell'incerto, dell'infinito e che corrispondono all'umana tendenza per l'infinito. Infatti come si legge nello Zibaldone 1) l'uso di voci, modi e significati tolti dal latino introduce nella poesia il pellegrino e l'elegante
2) è cosa conosciutissima che alla poesia non solo giova, ma è necessario il pellegrino delle parole delle frasi delle forme
3) il poetico delle lingua è quasi il medesimo che il pellegrino. D'altra parte sempre dallo Zibaldone sappiano che al Leopardi erano care parole di senso e di significazione quando indefinita tanto poetica
Però malgrado l'impianto lessicale classicistico la poesia leopardiana è modernissima per la presenza di forme e voci tratte dalla lingua parlata (soprattutto aggettivi) e collocate nei versi in posizione tale che più di altre si imprimono nella immaginazione nel sentimento e nella memoria del lettore e più di altre servono ad illuminare o caratterizzare una visione o un atteggiamento perché su di esse cade l'accento principale che le rileva nel corpo del discorso poetico o perché sono sottolineate dal gioco di rime di assonanze dei richiami fonici o melodici
C'é dunque una fondamentale unità poetica nel linguaggio leopardiano sciolto in un 'atmosfera di commossa interiorità che fonde armonicamente natura e sentimento, sentimento e riflessione in un discorso e ritmo poetico limpido e coerente che allontana la rappresentazione solitamente evocata dalla memoria e contrappuntata dalla meditazione in uno spazio e in un tempo contrappuntata dalla meditazione in uno spazio e in un tempo che possiamo definire interiori perché solo esteriormente richiamano la realtà e la natura l'infinito ne è un esempio più evidente e significativo per la perfezione poetica raggiunta.
Gran parte del fascino della lirica leopardiana è dovuta alla melodia che la percorre e che nasce dall'interno della sensibilità e della situazione poetica com'è evidente dal fatto che Leopardi rifiuta i vincoli rigidi e mortificanti delle forme fisse della tradizione letteraria (terzine ottave sonetto ecc) e, se riprende la canzone, che era stata di Petrarca, la usa però liberamente al di fuori di ogni schema prefissato.
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giovedì 29 agosto 2019
venerdì 16 agosto 2019
A se stesso - Leopardi
A se stesso - Leopardi
Questo idillio ( che non ha più nulla del tradizionale idillio leopardiano arioso e incantato pur nella visione pessimistica della vita ) fa parte di un breve ciclo di liriche dettate dal disastroso esito della vicende che incise profondamente nell'animo del poeta, confermandone l'innato pessimismo : Leopardi si era innamorato di una nobildonna fiorentina, che respinse il suo amore, lasciandolo amareggiato e deluso.
In effetti però la dolorosa esperienza non può essere considerata altro che un'occasione per una più amara ripresa di coscienza del tragico destino umano.
la brevissima lirica non concede più spazio alla descrizione della natura o all'abbandono del sentimento ed ha un linguaggio nudo e potente duramente scandito da pause e ridotto all'essenziale : il discorso poetico è frantumato in brevi periodi anche di una o di sue sole parole, che , con un ritmo rotto e aspro , distaccano freddamente la riflessione oggettivandola in una secca e risentita negazione assoluta. Con questi versi Leopardi si allontana definitivamente dai sogni, dalle illusioni, dalle speranze : abbandonarsi significa lasciarsi consapevolmente ingannare dalla natura, aumentare l'umana infelicità già tanto grande. Solo distaccandosi da una fuggevole e illusoria felicità, che si paga a prezzo di tante delusioni, è possibile difendere una dura tensione eroica la propria individualità, ergendosi con dignità e fierezza contro la crudele legge dell'universo, più ostile che indifferente al nostro tragico destino.
metro: settenari ed endecasillabi
Questo idillio ( che non ha più nulla del tradizionale idillio leopardiano arioso e incantato pur nella visione pessimistica della vita ) fa parte di un breve ciclo di liriche dettate dal disastroso esito della vicende che incise profondamente nell'animo del poeta, confermandone l'innato pessimismo : Leopardi si era innamorato di una nobildonna fiorentina, che respinse il suo amore, lasciandolo amareggiato e deluso.
In effetti però la dolorosa esperienza non può essere considerata altro che un'occasione per una più amara ripresa di coscienza del tragico destino umano.
la brevissima lirica non concede più spazio alla descrizione della natura o all'abbandono del sentimento ed ha un linguaggio nudo e potente duramente scandito da pause e ridotto all'essenziale : il discorso poetico è frantumato in brevi periodi anche di una o di sue sole parole, che , con un ritmo rotto e aspro , distaccano freddamente la riflessione oggettivandola in una secca e risentita negazione assoluta. Con questi versi Leopardi si allontana definitivamente dai sogni, dalle illusioni, dalle speranze : abbandonarsi significa lasciarsi consapevolmente ingannare dalla natura, aumentare l'umana infelicità già tanto grande. Solo distaccandosi da una fuggevole e illusoria felicità, che si paga a prezzo di tante delusioni, è possibile difendere una dura tensione eroica la propria individualità, ergendosi con dignità e fierezza contro la crudele legge dell'universo, più ostile che indifferente al nostro tragico destino.
metro: settenari ed endecasillabi
A SE STESSO |
Or poserai per sempre, Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo, Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento, In noi di cari inganni, Non che la speme, il desiderio è spento. Posa per sempre. Assai Palpitasti. Non val cosa nessuna I moti tuoi, nè di sospiri è degna La terra. Amaro e noia La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. T'acqueta omai. Dispera L'ultima volta. Al gener nostro il fato Non donò che il morire. Omai disprezza Te, la natura, il brutto Poter che, ascoso, a comun danno impera, E l'infinita vanità del tutto. |
la quiete dopo la tempesta - Leopardi
La quiete dopo la tempesta - Leopardi
insieme al sabato del villaggio questo idillio è uno dei più famosi e caratteristici di Leopardi. In esso descrizione e riflessione si fondono poeticamente : la prima non avrebbe senso senza la seconda nè viceversa; infatti la limpida e apparente semplicità della descrizione sarebbe un quadretto di maniera se non generasse dal suo interno l'osservazione che si articola in due parti, passando dalle considerazioni sulla ripresa della vita nel borgo alla riflessione amara sul triste destino dell'uomo legato ad un'esistenza di dolore.
Questi tre momenti ( descrizione, riflessione di carattere particolare, riflessione di carattere generale), corrispondenti alle tre strofe che compongono l'idillio graduano i toni del discorso poetico, che nella prima parte si allarga e freme di rinnovata vitalità, nella seconda ha un attimo di sospensione per interrogarsi sulle cause e sulla natura di quella improvvisa esplosione di gioia, infine si chiude in periodi brevi e cupamente scanditi che definiscono l'eterna infelicità umana
metro : canzone libera di endecasillabi e settenari
insieme al sabato del villaggio questo idillio è uno dei più famosi e caratteristici di Leopardi. In esso descrizione e riflessione si fondono poeticamente : la prima non avrebbe senso senza la seconda nè viceversa; infatti la limpida e apparente semplicità della descrizione sarebbe un quadretto di maniera se non generasse dal suo interno l'osservazione che si articola in due parti, passando dalle considerazioni sulla ripresa della vita nel borgo alla riflessione amara sul triste destino dell'uomo legato ad un'esistenza di dolore.
Questi tre momenti ( descrizione, riflessione di carattere particolare, riflessione di carattere generale), corrispondenti alle tre strofe che compongono l'idillio graduano i toni del discorso poetico, che nella prima parte si allarga e freme di rinnovata vitalità, nella seconda ha un attimo di sospensione per interrogarsi sulle cause e sulla natura di quella improvvisa esplosione di gioia, infine si chiude in periodi brevi e cupamente scanditi che definiscono l'eterna infelicità umana
metro : canzone libera di endecasillabi e settenari
LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA |
Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato. L'artigiano a mirar l'umido cielo, Con l'opra in man, cantando, Fassi in su l'uscio; a prova Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua Della novella piova; E l'erbaiuol rinnova Di sentiero in sentiero Il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville. Apre i balconi, Apre terrazzi e logge la famiglia: E, dalla via corrente, odi lontano Tintinnio di sonagli; il carro stride Del passegger che il suo cammin ripiglia. Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita Quand'è, com'or, la vita? Quando con tanto amore L'uomo a' suoi studi intende? O torna all'opre? o cosa nova imprende? Quando de' mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d'affanno; Gioia vana, ch'è frutto Del passato timore, onde si scosse E paventò la morte Chi la vita abborria; Onde in lungo tormento, Fredde, tacite, smorte, Sudàr le genti e palpitàr, vedendo Mossi alle nostre offese Folgori, nembi e vento. O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena E' diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D'alcun dolor: beata Se te d'ogni dolor morte risana. |
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