insieme al sabato del villaggio questo idillio è uno dei più famosi e caratteristici di Leopardi. In esso descrizione e riflessione si fondono poeticamente : la prima non avrebbe senso senza la seconda nè viceversa; infatti la limpida e apparente semplicità della descrizione sarebbe un quadretto di maniera se non generasse dal suo interno l'osservazione che si articola in due parti, passando dalle considerazioni sulla ripresa della vita nel borgo alla riflessione amara sul triste destino dell'uomo legato ad un'esistenza di dolore.
Questi tre momenti ( descrizione, riflessione di carattere particolare, riflessione di carattere generale), corrispondenti alle tre strofe che compongono l'idillio graduano i toni del discorso poetico, che nella prima parte si allarga e freme di rinnovata vitalità, nella seconda ha un attimo di sospensione per interrogarsi sulle cause e sulla natura di quella improvvisa esplosione di gioia, infine si chiude in periodi brevi e cupamente scanditi che definiscono l'eterna infelicità umana
metro : canzone libera di endecasillabi e settenari
LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA |
Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato. L'artigiano a mirar l'umido cielo, Con l'opra in man, cantando, Fassi in su l'uscio; a prova Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua Della novella piova; E l'erbaiuol rinnova Di sentiero in sentiero Il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville. Apre i balconi, Apre terrazzi e logge la famiglia: E, dalla via corrente, odi lontano Tintinnio di sonagli; il carro stride Del passegger che il suo cammin ripiglia. Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita Quand'è, com'or, la vita? Quando con tanto amore L'uomo a' suoi studi intende? O torna all'opre? o cosa nova imprende? Quando de' mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d'affanno; Gioia vana, ch'è frutto Del passato timore, onde si scosse E paventò la morte Chi la vita abborria; Onde in lungo tormento, Fredde, tacite, smorte, Sudàr le genti e palpitàr, vedendo Mossi alle nostre offese Folgori, nembi e vento. O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena E' diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D'alcun dolor: beata Se te d'ogni dolor morte risana. |
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