i memorialisti
Nella prima metà dell'Ottocento in piena atmosfera romantica fiorisce una serie di memorialisti cioè di scrittori che rievocano le vicende della loro vita connesse più o meno strettamente con gli eventi politici ma trasfigurate in virtù del ricordo personale in un'aura di poesia che si alimenta del gusto del realismo narrativo della confessione dell'introspezione psicologica della storia dell'anima di ciascuno di questi autori di memorie.
Oltre al d'Azeglio già ricordato nelle pagine che precedono autori di rilievo Silvio Pellico e Luigi Settembrini.
Silvio Pellico (1789-1854) è considerato il più degno di rilievo e di menzione.-
Nato a Saluzzo nel 1789 autore di mediocri anche se fortunatissime tragedie romantiche (celeberrima la Francesca di Rimini) il Pellico fu implicato nei processi carbonari del 1821 e condannato a quindici anni di carcere duro.
Dopo 8 anni di carcere allo Spielberg fu graziato e si ritirò a Torino dove visse fino al 1854 sempre estraneo alle passioni politiche e letterarie della giovinezza.
La sua opera più significativa è il libro Le Mie Prigioni dove la materia autobiografica è scevra di ogni polemica e da ogni risentimento personale.
C'è narrata la storia di una dolce e segreta Provvidenza di un'anima che nella fede ritrova la propria consolazione. Il libro tuttavia non può definirsi un'opera di devozione religiosa.
Con uno stile semplice e immediato il Pellico narra vicende e disegna personaggi anche di fuggevole apparizione non facilmente dimenticabili ( il carcere di Santa Margherita i Piombi di Venezia lo Spielberg il mutolino la Zanze schiller.
Le mie prigioni servì alla causa risorgimentale più di ogni altro scritto e suscitò larghissime simpatie all'Italia presso tutte le nazioni civili.
Diffusione straordinaria in quegli anni ebbe anche il libro del Pellico I doveri dell'uomo trattato ispirato al concetto di umiltà e devozione cristiana che invita al concetto di umiltà e devozione cristiana che invita gli uomini alla concordia al reciproco aiuto e alla conciliazione.
In lui furono sempre vivi principi che aveva espresso come redattore del Conciliatore giornale politico in cui egli prospettava una soluzione pacifica dei rapporti Italo-austriaci e dopo la conversione al cattolicesimo frutto di lunghi anni di prigionia trascorsi in raccolta meditazione. La sua fede lo condusse a ipotizzare con simpatia il potere temporale dei Papi maturati anche i principi di ubbidienza e di rassegnazione cristiana.
Luigi Settembrini (1813-1876) nato a Napoli, giovanissimo si affiliò alla Giovine Italia e scoperto patì la prigionia.
Liberato riprese con ardore l'attività politica e per la sua qualità di promotore responsabile della rivoluzione napoletana del 1848 fu condannato alla pena di morte che però fu commutata in quella di carcere a vita.
Dalla deportazione in America lo salvò il figlio Raffaele che con un'azione da dirottatore si impadronì della nave e obbligò il capitano a sbarcare in Inghilterra tutti gli sventurati patrioti.
Morì senatore del Regno nel 1876.
Scrisse le Ricordanze della mia vita in cui mette in risalto le terribili condizioni della popolazione del Regno di Napoli sotto i Borboni e Lezioni di letteratura italiana di scarso valore critico.
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