lo spaccapietre - Fucini
il bozzetto pubblicato per la prima volta su una rivista nel 1881 e poi inserito nelle Vegli di Neri, ha tutte le caratteristiche del mondo e dello stile fuciniani : profonda simpatia umana, commossa partecipazione alla durezza della vita e ai sacrifici della povera gente, concezione seria e operosa dell'esistenza, amore per la propria gente e per la propria terra, da cui deriva la forte patina del linguaggio parlato che caratterizza nello stesso tempo l'ambiente e il personaggio.
Fucini è uno scrittore aperto e scorrevole che sa sbozzare con pochi tocchi sobrii e realisticamente efficaci la figura dello spaccapietre e descriverne con spigliata immediatezza senza mai lasciarsi prendere dalla commozione le fatiche e la dura vita sopportate con forza e serenità : dietro di lui si intravvedono appena accennate le figure minori dei famigliari che per se stesse per le sfumature che gli aggiungono per renderne più completa l'intensità umanità. E' una bella pagina sanamente realistica,invitante e cordiale
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lunedì 20 aprile 2020
domenica 19 aprile 2020
Renato Fucini
Renato Fucini
Renato Fucini (1843-1921) nacque e visse in Toscana, per la sua attività di insegnante e di ispettore scolastico conobbe direttamente la gente della sua terra, soprattutto I più umili, di cui descrisse sentimenti, vicende, atteggiamenti. La forma espressiva a lui più congeniale fu il bozzetto: celebri le due raccolte Le Veglie di Neri ('84) e l'aria aperta ('87) due piccoli capolavori di sincerità e schiettezza. La sua prosa ha l'immediatezza della lingua parlate con sfumature dialettali; in dialetto pisano scrisse una raccolta di sonetti, affini per spirito, motivi e vivacità ai racconti
Renato Fucini (1843-1921) nacque e visse in Toscana, per la sua attività di insegnante e di ispettore scolastico conobbe direttamente la gente della sua terra, soprattutto I più umili, di cui descrisse sentimenti, vicende, atteggiamenti. La forma espressiva a lui più congeniale fu il bozzetto: celebri le due raccolte Le Veglie di Neri ('84) e l'aria aperta ('87) due piccoli capolavori di sincerità e schiettezza. La sua prosa ha l'immediatezza della lingua parlate con sfumature dialettali; in dialetto pisano scrisse una raccolta di sonetti, affini per spirito, motivi e vivacità ai racconti
venerdì 17 aprile 2020
come scrivere un tema
introduzione
Breve esame delle fonti da su si possono attingere notizie obiettive
corpo
1 carattere dell'epoca nei vari campi: religioso e morale, filosofico, politico e sociale, culturale e artistico
I principali problemi agitati in ciascuna delle suddette attività le ricerche intraprese e le conquiste raggiunte
2 uomini notevoli loro pregi e loro difetti
3 comportamento della massa nei loro riguardi li assecondò o li osteggiò ? per quali motivi ?
4 Illustrare in particolare quella disciplina, arte attività che è caratteristica dell'epoca
( per esempio il tecnicismo pratico del secolo XX rispetto all'interesse artistico e letterario del secolo precedente tuttavia non generalizzare giacchè in ogni periodo molteplici sono gli aspetti anche se uno è spesso il più appariscente)
5 tracce rimaste e cancellate di tale epoca; affinità e contrasti tra quell'età e la nostra
conclusione
Giudizio sull'interesse o meno destato dallo studio di tale periodo bilancio degli elementi positivi e negativi dei pregi e difetti del progresso e del decadimento dei costumi arti e scienze ecc...
Si può in definitiva tessere un elogio o si deve ammettere con esso una stasi nella evoluzione perpetua della storia ?
mercoledì 15 aprile 2020
la mula - Luigi Capuana
La mula - Luigi Capuana
Il racconto risale al 1881 e fa parte delle Paesane, l'opera dove si descrivono usi, costumi, passioni, superstizioni, vizi, mentalità del popolo siciliano.
Per gli scrittori naturalisti e veristi nell'uomo no c'è spazio per I sentimenti, perché il suo comportamento è legato alle condizioni ambientali ed economiche della situazione in cui vive. Così' è per don Michele per il quale conta solo la proprietà : la mula che vale 40 onze è perciò più importante della moglie e la sua malattia lo mette giustamente in angosciosa costernazione.
Invece la malattia della moglie non lo angustia anzi per lui non esiste da un punto di vista affettivo; è solo un accidente che gli si aggiunge con la minaccia di rovinarlo completamente perché se la moglie muore egli dovrà restituirne la dote ai famigliari.
Don Michele non è un uomo, non ha sentimenti ne passioni, non ha neanche l'amore per la roba del verghiano Mazzarò, non ha cuore; Capuana ha costruito un personaggio che vive soltanto perché sollecitato da una molla del tutto esteriore che annulla in lui ogni elemento sentimentale e umano. La conclusione ha qualcosa di grottesco e una sfumatura ironica : lo scrittore esce improvvisamente allo scoperto abbandonando la tradizionale impossibilità e ci lascia scorgere per un attimo solo la sua sdegnata condanna
Il racconto risale al 1881 e fa parte delle Paesane, l'opera dove si descrivono usi, costumi, passioni, superstizioni, vizi, mentalità del popolo siciliano.
Per gli scrittori naturalisti e veristi nell'uomo no c'è spazio per I sentimenti, perché il suo comportamento è legato alle condizioni ambientali ed economiche della situazione in cui vive. Così' è per don Michele per il quale conta solo la proprietà : la mula che vale 40 onze è perciò più importante della moglie e la sua malattia lo mette giustamente in angosciosa costernazione.
Invece la malattia della moglie non lo angustia anzi per lui non esiste da un punto di vista affettivo; è solo un accidente che gli si aggiunge con la minaccia di rovinarlo completamente perché se la moglie muore egli dovrà restituirne la dote ai famigliari.
Don Michele non è un uomo, non ha sentimenti ne passioni, non ha neanche l'amore per la roba del verghiano Mazzarò, non ha cuore; Capuana ha costruito un personaggio che vive soltanto perché sollecitato da una molla del tutto esteriore che annulla in lui ogni elemento sentimentale e umano. La conclusione ha qualcosa di grottesco e una sfumatura ironica : lo scrittore esce improvvisamente allo scoperto abbandonando la tradizionale impossibilità e ci lascia scorgere per un attimo solo la sua sdegnata condanna
lunedì 13 aprile 2020
Luigi Capuana
Luigi Capuana
Luigi Capuana siciliano (1839-1915) di Mineo presso Catania fu scrittore critico insegnante universitario, ma soprattutto amò la sua terra che descrisse e fece conoscere in tutto il paese.
Si appassionò ai principi dei naturalisti francesi, li sostenne, li divulgò e li applicò nella sua opera letteraria. Scrisse due importanti romanzi Giacinta (1879) il marchese di Roccaverdina (1901) e parecchi libri di novelle tra cui eccellono Le paesane ( 1894). Compose anche opere teatrali in dialetto e libri di narrativa per l'infanzia (Scurpiddu).
Luigi Capuana siciliano (1839-1915) di Mineo presso Catania fu scrittore critico insegnante universitario, ma soprattutto amò la sua terra che descrisse e fece conoscere in tutto il paese.
Si appassionò ai principi dei naturalisti francesi, li sostenne, li divulgò e li applicò nella sua opera letteraria. Scrisse due importanti romanzi Giacinta (1879) il marchese di Roccaverdina (1901) e parecchi libri di novelle tra cui eccellono Le paesane ( 1894). Compose anche opere teatrali in dialetto e libri di narrativa per l'infanzia (Scurpiddu).
sabato 11 aprile 2020
libertà di Giovanni Verga
Libertà di Giovanni Verga
anche questo racconto è tratto dalle novelle rusticane vi si rievoca la rivolta contadina avvenuta a Bronte nel Catanese nell'agosto del 1860 e domata da Nino Bixio.
L'impresa dei Mille di Garibaldi aveva fatto sperare che con la sconfitta dei Borboni si potesse avere la pienezza della libertà : di qui lo scatenarsi delle masse contadine contro I proprietari terrieri e I nobili per desiderio di terre da coltivare e per spirito di vendetta contro i secolari soprusi patiti tra stenti e umiliazioni di ogni genere. Ma il sogno della libertà come tutti I miti che colpiscono e trascinano l'uomo è destinato a fallire l'amara conclusione della vicenda da una parte corrisponde alla realtà storica e politica del tempo dall'altra esprime il pessimismo verghiano con la sua sconsolata concezione della vita.
anche questo racconto è tratto dalle novelle rusticane vi si rievoca la rivolta contadina avvenuta a Bronte nel Catanese nell'agosto del 1860 e domata da Nino Bixio.
L'impresa dei Mille di Garibaldi aveva fatto sperare che con la sconfitta dei Borboni si potesse avere la pienezza della libertà : di qui lo scatenarsi delle masse contadine contro I proprietari terrieri e I nobili per desiderio di terre da coltivare e per spirito di vendetta contro i secolari soprusi patiti tra stenti e umiliazioni di ogni genere. Ma il sogno della libertà come tutti I miti che colpiscono e trascinano l'uomo è destinato a fallire l'amara conclusione della vicenda da una parte corrisponde alla realtà storica e politica del tempo dall'altra esprime il pessimismo verghiano con la sua sconsolata concezione della vita.
mercoledì 1 aprile 2020
la miseria nell'opera di Verga
la miseria nell'opera di Verga
la miseria è il soggetto più frequente dei volumi siciliani del Verga.
Lo stento quotidiano è il centro dal quale si colloca più costantemente il Verga nelle sue costruzione di artista. Intorno ad esso si sviluppa tutta una psicologia fusa in gesti ed azioni a cui può mancare la varietà ma non la coerenza e la forza persuasiva. La filosofia semplice, solida e triste dei suoi personaggi; la loro abitudine di curvare il capo senza bestemmie e senza lamenti accettando la propria sorte come l'opera di una forza sconosciuta; la loro resistenza tenace alle sofferenze morali e fisiche, alle angherie dei ricchi, all'ostilità del clima, alle giornate lunghe di lavoro alle disgrazie che nascono l'una dall'altra; l'assoluta mancanza di sentimenti di lusso; la parte scarsa o poco a evidente che hanno in loro gli affetti comuni soverchiati dalle necessità della vita; la brevità dell'amore che, dopo le nozze cede rapidamente alle fatiche per la conquista del pane, e s'inacidisce fra le strettezze continue dell'esistenza; certe forme di disonestà e di ottusità morale : tutto rispecchia la miseria che domina tirannicamente nel mondo del Verga. Anche l'inaudito accanimento con il quale alcuni suoi personaggi lottano per guadagnarsi l'agiatezza, la straordinaria resistenza ai disagi che devono affrontare, il pregio affettivo insolito che essi attribuiscono ai campi e ai danari, sotto l'effetto di quella lunga esperienza di quanto si soffra quando si è minacciati senza tregua dalla fane e dai debiti. Mazzarò e Mastro Don Gesualdo non sono che dei Malavoglia a cui la sorte ha concesso di liberarsi dal bisogno. Il Verga ha esaurito affatto il tema dello stento della prepotenza inesorabile che ha il pane quotidiano sulla vita degli uomini. Chi ha conosciuto la miseria, rimane quale essa lo ha foggiato, difficilmente si libera dalle abitudini e dai sentimenti e dai sentimenti che vi ha contratto
la miseria è il soggetto più frequente dei volumi siciliani del Verga.
Lo stento quotidiano è il centro dal quale si colloca più costantemente il Verga nelle sue costruzione di artista. Intorno ad esso si sviluppa tutta una psicologia fusa in gesti ed azioni a cui può mancare la varietà ma non la coerenza e la forza persuasiva. La filosofia semplice, solida e triste dei suoi personaggi; la loro abitudine di curvare il capo senza bestemmie e senza lamenti accettando la propria sorte come l'opera di una forza sconosciuta; la loro resistenza tenace alle sofferenze morali e fisiche, alle angherie dei ricchi, all'ostilità del clima, alle giornate lunghe di lavoro alle disgrazie che nascono l'una dall'altra; l'assoluta mancanza di sentimenti di lusso; la parte scarsa o poco a evidente che hanno in loro gli affetti comuni soverchiati dalle necessità della vita; la brevità dell'amore che, dopo le nozze cede rapidamente alle fatiche per la conquista del pane, e s'inacidisce fra le strettezze continue dell'esistenza; certe forme di disonestà e di ottusità morale : tutto rispecchia la miseria che domina tirannicamente nel mondo del Verga. Anche l'inaudito accanimento con il quale alcuni suoi personaggi lottano per guadagnarsi l'agiatezza, la straordinaria resistenza ai disagi che devono affrontare, il pregio affettivo insolito che essi attribuiscono ai campi e ai danari, sotto l'effetto di quella lunga esperienza di quanto si soffra quando si è minacciati senza tregua dalla fane e dai debiti. Mazzarò e Mastro Don Gesualdo non sono che dei Malavoglia a cui la sorte ha concesso di liberarsi dal bisogno. Il Verga ha esaurito affatto il tema dello stento della prepotenza inesorabile che ha il pane quotidiano sulla vita degli uomini. Chi ha conosciuto la miseria, rimane quale essa lo ha foggiato, difficilmente si libera dalle abitudini e dai sentimenti e dai sentimenti che vi ha contratto
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