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mercoledì 1 aprile 2020

la miseria nell'opera di Verga

la miseria nell'opera di Verga


la miseria è il soggetto più frequente dei volumi siciliani del Verga.
Lo stento quotidiano è il centro dal quale si colloca più costantemente il Verga nelle sue costruzione di artista. Intorno  ad esso si sviluppa tutta una psicologia fusa in gesti ed azioni  a cui può mancare la varietà ma non la coerenza e la forza persuasiva. La filosofia semplice, solida e triste dei suoi personaggi; la loro abitudine di curvare il capo senza bestemmie e senza lamenti accettando la propria sorte  come l'opera di una forza sconosciuta; la loro resistenza tenace alle sofferenze morali e  fisiche, alle angherie dei ricchi, all'ostilità del clima, alle giornate lunghe  di lavoro alle disgrazie che nascono l'una dall'altra; l'assoluta mancanza di sentimenti di lusso;  la parte scarsa o poco a evidente  che hanno in loro gli affetti comuni soverchiati dalle necessità della vita; la brevità dell'amore  che, dopo le nozze cede rapidamente alle fatiche per la conquista del pane, e s'inacidisce fra le strettezze continue dell'esistenza; certe forme di disonestà e di ottusità morale : tutto  rispecchia la miseria che domina  tirannicamente nel mondo del Verga. Anche  l'inaudito accanimento con il  quale alcuni suoi personaggi lottano per guadagnarsi l'agiatezza, la straordinaria resistenza ai disagi che devono affrontare, il pregio  affettivo insolito che essi attribuiscono ai campi e ai danari, sotto l'effetto di quella  lunga esperienza di quanto si soffra quando si è minacciati senza tregua dalla fane e dai debiti. Mazzarò  e Mastro Don Gesualdo  non sono che dei Malavoglia a cui  la sorte ha concesso di liberarsi dal bisogno. Il  Verga ha esaurito affatto il tema dello stento della prepotenza inesorabile che ha il pane quotidiano sulla vita degli uomini. Chi ha  conosciuto la miseria, rimane quale essa lo ha foggiato, difficilmente si libera dalle abitudini e dai sentimenti  e dai sentimenti che vi ha contratto

lunedì 30 marzo 2020

la Roba - Giovanni verga

la roba - Giovanni Verga

il titolo della novella (tratta dalle novelle rusticane) ne mette in evidenza il motivo centrale : il dramma di chi passa tutta la vita nell'ansia di ammassar roba e alla fine si ritrova solo e sconfitto di fronte alla morte
La roba è un mito che affascina e distrugge senza dare mai né pace né gioia. Il  povero Mazzarò non ha goduto nulla della vita : ha sempore faticato come una bestia senza un attimo di riposo senza neppure  il tempo o la possibilità di gioire per la nuova roba ammucchiata, tanto era grande la bramosia di nuovi possessi e la paura di vedersene in qualche modo derubato.
E' stato disumano e crudele con se stesso e con gli altri, è vissuto  sempre e soltanto di lavoro, di sacrifici e di stenti  e amaro constrasto in totale e continua povertà senza agi  né riposo. Ha così finito per invidiare se non addirittura odiare  quanto c'è di più bello nella vita la gioventù insultando sofferenza e miseria. Il pensiero della morte  a un tratto diventa un incubo angoscioso che non dà tregua : Mazzarò vinto dalla roba non saprà pacificarsi  con la vita e con gli uomini  e morirà dispettoso e grottesco ma pur degno di compassione. La sua vita  è stata un fallimento  e egli ne esce amareggiato e sconfitto.
Mazzarò anticipa la figura di Mastro Don Gesualdo  e ben rappresenta l'amara concezione verghiana dell'esistenza

giovedì 26 marzo 2020

la religione della casa nei Malavoglia

la religione della casa nei Malavoglia

I Malavoglia volevano essere uno studio sincero e spassionato del nascere e dello svilupparsi delle prime irrequietudini per il benessere nell'anima  della povera gente.

La vaga bramosia dell'ignoto, l'insoddisfazione  delle proprie umili condizioni, doveva trascinare una casa patriarcale di pescatori alla rovina.

Questo senso di fatalità che c'è in tutto il racconto non insinuato  per tesi dallo scrittore  ma direttamente  sentito dai  protagonisti dà al romanzo  una intonazione tragica dove gli uomini non si atteggiano a eroi e sono eroi; silenziosi  eroi del dovere eroi dell'onore domestico  del lavoro e della fedeltà.

 Possiamo dire appunto che questo è il romanzo della fedeltà, nel senso religioso alla vita alle costumanze antiche e severe agli affetti semplici e patriarcali.

Padron 'Toni è il custode di queste leggi invisibili della casa è questa primitiva e potente religione della casa e delle virtù patriarcali  che strinte in una ferrea unit il romanzo, una sola fede in tutti. Questo tragico sentimento religioso degli uomini nel Verga perfino finisce col diventare la tragedia religiosa delle cose stesse, Quando I Malavoglia devono lasciare la casa del Nespolo  il dolore e il pudore degli esiliati pare che trapassino in quelle mura, in quelle masserizie  in quel nespolo e in tutto  quel vuoto riecheggiante nelle stanze squallide e disabitate.

venerdì 20 marzo 2020

l'addio dei Malavoglia alla casa del nespolo

l'addio dei Malavoglia alla casa del nespolo

Padron 'Ntoni Malavoglia un povero pescatore di Aci Trezza in gravi difficoltà, acquista a credito un carico di lupini, ma la burrasca  sorprende la barca e ne naufragio il carico si perde e muore  il figlio Bastianazzo, lasciando la vedova e cinque figli. E' la prima di una serie di sventure  una più dolorosa dell'altra. Non avendo  potuto pagare il debito dei lupini all'usuraio  zio Crocifisso, I Malavoglia  devono lasciare la casa del nespolo che il sensale Piedipapera, a cui lo zio  Crocifisso  ha finto di vendere a credito, ha fatto pignorare dall'usciere giudiziario. E' una pagina  di accorata tristezza : intorno  ai  Malavoglia  si avverte la presenza dell'intero paese  che contribuisce la particolare stato d'animo del vecchio padron 'Ntoni. Inoltre  parecchie notazione a leggere attentamente ci si accorge che non sono di Verga : autore  si è limitato  a registrarle e a inserirle nella narrazione come una sorta di commento anonimo che riporta indirettamente le voci del paese

mercoledì 18 marzo 2020

Giovanni Verga

Giovanni Verga

Giovanni Verga (1840-1922) è il nostro grande prosatore della seconda metà dell'800. Nacque a Catania, dopo l'unità si trasferì a Firenze, allora capitale del regno, e quindi passò a Milano, dove più ricca  ferveva la vita artistica e letteraria e dove I problemi sociali  del paese erano più vivamente  sentiti gli ultimi  ventinove anni li trascorse nella città natale, dove morì  dopo una vita sostanzialmente povera di avvenimenti esteriori amareggiato dalla incomprensione del pubblico  e dei critici per la sua opera.
La sua esperienza letteraria fu ricca e molteplice. Iniziò  con romanzi storici  o languidamente sentimentali o ambientati nel mondo  aristocratico  frivolo e vuoto.
Maturatosi attraverso la lettura dei naturalisti francesi, trovò la sua vera via ispirandosi alla sua terra e alla sua gente, di cui  conosceva  il modo di vivere e di pensare I sentimenti le passioni e le sofferenze. Scrisse due raccolte di novelle, Vita nei campi ('80) e Novelle rusticane ('83)  che descrivono  personaggi semplici, povera gente della campagna, incatenati  a una vita di stenti  e di sacrifici accettati con rassegnazione  come se si trattasse di leggi fatali contro cui è inutile ribellarsi. Di un progettato ciclo di romanzi  intitolato  "I vinti " perché con essi voleva dimostrare che gli uomini sono dei vinti dalla vita  a qualunque ceto appartengano, Verga ne compose solo due I malavoglia ('81) e Mastro don Gesualdo ('89): il primo racconta la storia di una famiglia di poveri  pescatori di Aci Trezza travolta da una serie di disavventure e di disgrazie che solo alla fine vede profilarsi  la speranza di risollevarsi dalla malasorte  il secondo narra la vita di un muratore che col lavoro e la tenacia si arricchisce e sale nella scala sociale ma finisce miseramente  nel più completo isolamento e fallimento spirituale.
Il mondo verghiano è animato  dal pi cupo pessimismo : la vita è una lotta  nella quale si è destinati  alla sconfitta malgrado l'intensità e la costanza  dell'impegno che vi si mette. Ma la vera grande importanza dell'opera verghiana consiste nel linguaggio nello stile. Lo scrittore non racconta, ma lascia per così dire che le cose si raccontino  da sè: la vicenda procede come vista e filtrata dalla coralità dei personaggi che la vivono ripensandola e commentandola con la propria esperienza e sensibilità. La lingua  e la sintassi di Verga sono un'assoluta novità : la forte  impronta dialettale dà particolare rilievo  di autenticità e di verità  a cose e persone, portandole in un certo senso alla luce dall'interno  della coscienza  dei protagonisti e di chi gli si muove attorno.
Le rimanenti  opere narrative verghiane romanzi e novelle non sono ambientate in Sicilia me non hanno perspicuità e la grandezza delle quattro che abbiamo citato. Questo forse comprova quanto l'arte di Verga sia legata al linguaggio e alla terra d'origine.

martedì 17 marzo 2020

Verifica Carducci - domande e risposte

Verifica Carducci

1) oltre alle Poesie raccolte dal Carducci nel 190 esistono altre liriche carducciane ?

si I primi versi poesie composte tra il 1848 e il 1859 tra esse le Rime  di San Miniato pubblicate nel 1857 e di cui una parte entrò nella Juvenilia
I primi versi appaiono nel primo volume della Edizione Nazionale delle Opere

2) A quali poeti  si ispirò il Carducci componendo le liriche raccolte nel volume Juvenilia ?

Carducci diceva :" mossi e me ne onoro dall'Alfieri dal Parini dal Monti dal Foscolo dal Leopardi per e essi con essi risalii agli antichi mi intrattenni con Dante e con Petrarca…"

4) come  spiega il Carducci il titolo Levia Gravia ?

Levia Gravia egli dice :"vuol dire fantasie di gioventù  e dolori ed esperimenti della vita cose leggere per sentimento  e per stile mescolate ad altre gravi per le stesse ragioni cose leggere ancora, che tuttavia son difficili e gravi a fare e in fine che agli italiani del '68 le parevano leggerezze e sciocchezze pedantesche e fastidiose "

5) che cos'è l'inno A Satana ?

Una poesia in strofette di quinari composta in una  notte del 1863 il poeta vi esalta la natura la ragione la scienza il progresso che ha il suo simbolo moderno nella vaporiera.
Nel 1881 così scriveva  il Carducci : "non mai chitarronata mi uscì dalle mani tanto volgare " daltra parte egli chiamò quest'inno una birbonata utile una poco bella poesia con ciu però cercava di risvegliare e di rinnovare se stesso e gli altri. L'inno fu pubblicato nel 1965 con lo pseudonimo  di Enotrio Romano

6) perché il Carducci intitolò Giambi ed Epodi una delle sue raccolte di poesie ?

per significare che le poesie comprese nell'opera richiamavano per il contenuto aggressivo satirico e polemico I giambi del greco Archiloco e gli Epodi di Orazio. Con quel titolo egli si richiama pure ai jambes di Augusto Barbier (1805-1882) poeta francese a lui caro.
Nella metrica classica il giambo era un piede composto di una sillaba breve e di una lunga si chiamò pure giambo il verso formato da tali piedi. La forma epodica era data da un verso lungo a cui seguiva un verso breve. Nella raccolta carducciana si imita spesso la forma epodica con strofe quaternarie di endecasillabi e settenari a rima alternata

7) Come il Carducci sintetizza la sua attività poetica da Juvenilia a Giambi e Epodi ?

con queste parole :"nei juvenilia  sono lo scudiero dei classici; Levia  Gravia faccio la mia vigilia d'armi; nei Giambi ed Epodi  dopo I primi colpi di lancia un pò incerti e consetudinari corro le avventure a tutto mio  rischio e pericolo ".



giovedì 5 marzo 2020

Olindo Guerrini

Olindo Guerrini

Guerrini nato a Forlì (1845-1916) passò  tutta la vita a Bologna come bibliotecario. Amico di Carducci, ebbe spirito scanzonato e polemico e risentì  del clima realistico  del tempo. Le sue liriche migliori sono quelle in cui si accosta  più con comprensione  umana che con spirito polemico alle tristi condizioni del proletariato contadino come quest in cui descrive uno sciopero  nella risaia attraverso l'atmosfera di desolazione di fame che incombe sulle campagne e la riflessione amara del soldato anch'egli un povero contadino chiamato ad uccidere uomini a cui lo lega invece un comune destino di miseria.