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giovedì 14 gennaio 2021

i due fuchi - Giovanni Pascoli

 i due fuchi - Giovanni Pascoli 

Pubblicata nel 1887 accolta nella 2° edizione di Myricae e profondamente rielaborata nella 3°, la lirica svolge un tema tipico del Decadentismo : l'incomprensione del poeta da parte del pubblico ( i due fuchi incapace di produrre il miele e cioè di produrre e comprendere la poesia). Ma il titolo rischia di essere fuorviante, perché ignora l'importanza dei primi cinque versi, che enunciano con grande lucidità e sintesi una poetica. I commentatori richiamano opportunamente una frase di Baudelaire ( la natura non è che un ammasso incoerente di materiali che l'artista invitato ad associare e a mettere in ordine) ma nel testo pascoliano c'é qualcosa di nuovo. Si osservi:

a) l'affisarsi del poeta che indica una strenua volontà di penetrazione in un universo torbido : in un mondo che non può offrire di sé se non un'immagine caotica;

b) il cogliere e chiudere l'universo in una parola lucida (ossia luminosa) e in un verso  dolce  che indicano un porre un ordine  coerente in una realtà fluida e dispersa portandovi la luce dell'intelletto  e la dolcezza umanizzante del sentimento;

i due fuchi
c) il creare, da parte del poeta  un sentire umano, opposto  a una realtà d'incubo (ombre vane  spettri nudi ) di continuo  visitata e devastata dalla morte.

L'universo  magmatico è quello offerto al Pascoli dalla sua educazione positivistica, ma privato  della luce di razionalità che la scienza pensava di avervi ritrovato e ridotto a una perenne vicenda di forze incognite incessanti d'un flusso  vitale continuo  di metamorfosi  d'un continuo morire e rinascere (ma anche il nascere era per il poeta un nascere per morte  come ci dirà nel '99 nel darle un volto attraverso una molteplicità di simboli


Tu poeta, nel torbido universo
t’affisi, tu per noi lo cogli e chiudi
3in lucida parola e dolce verso;

sì ch’opera è di te ciò che l’uom sente

tra l’ombre vane, tra gli spettri nudi.
6Or qual n’hai grazia tu presso la gente?

Due fuchi udii ronzare sotto un moro.
Fanno queste api quel lor miele (il primo
diceva) e niente più: beate loro!

E l’altro: E poi fa afa: troppo timo !




sabato 9 gennaio 2021

Giovanni Pascoli - le concezioni

 Giovanni Pascoli - le concezioni 

Giovanni Pascoli


la concezione pascoliana della realtà è fondata sull'avvertita, dominante  presenza di un mistero insondabile al fondo della vita dell'uomo e del cosmo . Mentre il positivismo, fiducioso nella scienza, aveva relegato l'inconoscibile ai margini della conoscenza, conoscenza, concependolo tuttavia come una sorta di territorio ignoto da sottoporre progressivamente a una ricerca condotta con metodo sperimentale il Pascoli ne fa il centro, l'interesse dominante e, in sostanza, statico d'una sofferta meditazione. 

La scienza a suo avviso ha confermato la sanzione della morte ha ricondotto nel momento in cui riconosceva di essere impotente di fronte a essa e incapace di vincerla, la mente dell'uomo alla coscienza del suo destino inesplicabile. D'altra parte, ha infranto  l'antica fede religiosa, anch'essa, peraltro, fallita dal momento che in tanti secoli non è riuscita a distruggere il lievito cattivo, per il quale sono ora temute a un tempo guerre coloniali, nazioni ed etniche.

Queste parole scriveva il Pascoli  nel discorso L'era Nuova  allo scadere del secolo XIX(l'era di cui parlava era il Novecento ) aggiungendo al timore di guerre sterminatrici rese più cruente dalla potenza delle macchine, quello d'una dura rivolta sociale delle classi oppresse. Ma la condizione attuale di pena era poi quella di sempre. L'uomo  brancola da sempre nel buio ignaro della sua origine e delle finalità del suo vivere; è un  essere fragile mosso da impulsi spesso insondabili e ciechi che lo spingono spesso all'odio e alla violenza. L'atteggiamento del Pascoli di fronte alla realtà è di conseguenza caratterizzato dalla vertigine provata davanti al mistero dell'essere da una perplessità angosciosa davanti al problema insolubile del dolore, del male, della morte.

L'era nuova terminava esortando l'uomo ad abbracciare con lucida consapevolezza il suo destino di creatura mortale. Questa doveva essere la sua nuova religione, congiunta a una rinnovata solidarietà con altri nell'amore e nel dolore Ne deriva un messaggio di fraternità e di pace che si ritrova  in molte liriche pascoliane, come nei Due Fanciulli .

Si tratta di un messaggio vagamente cristiano privo però di un tema essenziale del Cristianesimo  ossia del riconoscimento della responsabilità individuale  e fondato d'altra parte sulla volontà  di una suprema giustificazione della vita e su una ricerca ansiosa del divino che rimasero nel Pascoli  sempre insoddisfatte.

Se mai  il messaggio pascoliano potrebbe essere paragonato a quello leopardiano della Ginestra se non che manca nel Pascoli  la volontà della lotta eroica contro la natura e il destino. La natura è per il Pascoli buona  è una madre dolcissima contemplata e amata sia nella quiete  e nella dolcezza dei paesaggi campestri sia negli spazi sterminati dei cieli. Se i primi sembrano sussurrare una parola arcana ma dolce, i secondi ispirano spesso un senso di vertigine e di smarrimento col continuo nascere e morire anzi crollare in lo di mondi  e per la loro infinità che sembra quasi annullare il limitato destino dell'uomo. Certo  quello del Pascoli è uno spazio sterminato senza una direzione dove l'infinitamente grande  e l'infinitamente piccolo  -l'astro e il filo d'erba  - si toccano partecipano egualmente  dell'unico mistero della vita ; ma questa col suo continuo essere e rinnovarsi  con la vastità infinita e imponderabile è amata e poeticamente vissuta  dal poeta.