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mercoledì 11 gennaio 2023

Giovanni Pascoli riassunto

 Giovanni Pascoli riassunto 



Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855 da una famiglia piccolo borghese di buone condizioni economiche.

L'infanzia è stata funestata dalla morte del padre che è stato assassinato senza motivo, il delitto è rimasto impunito, Questo ha comportato il peggioramento della situazione economica aumentando le difficoltà della famiglia.

Ha avuto anche altri lutti, la madre, due sorelle e i fratelli rendendolo una persona insicura 

Nel 1873 si iscrive alla facoltà di Lettere a Bologna grazie a una borsa di studio, è allievo di Carducci. Ma ben presto perde la borsa di studio per aver partecipato a una manifestazione contro il Ministro della Pubblica istruzione. Viene arrestato per aver partecipato ad una manifestazione socialista. Si laurea ne 1882 in letteratura greca. Diventa insegnante di liceo 

Nel 1891 inizia la pubblicazione della prima raccolta poetica Myricae  nel 1897 i poemetti, nel 1903 i Canti di Castelvecchio.

Senza nessuna relazione andò a vivere con le sorelle per ricostruire il nucleo familiare di origine.

Nel novembre 1911 con un discorso ka grande proletaria si è mossa fa una dichiarazione a favore dell'impresa coloniale in Libia, passando dal  socialismo al populismo conservatore.

Muore a Bologna il 6 aprile 1912.

IL DECADENTISMO

Dal 1876 l'economia si bloccò e iniziò così una grande crisi economica che influenzò la cultura e si diffuse un grande pessimismo. iniziò quindi il Decadentismo, nato in Francia esaltava l'irrazionalità e la sfiducia verso la scienza. Gli scrittori che vivevano in sregolatezza da rifiutando tutte le regole della società vennero chiamati poeti maledetti che per sfuggire alla realtà ricorsero a droghe e alcool. I decadentisti scrivono di esperienze oltre la realtà e l'esaltazione dei sentimenti. Nel linguaggio poetico conta non solo il significato ma anche il suono. I poeti vengono chiamati simbolisti, le sensazioni spiegate attraverso simboli, si allontanavano dalla realtà creando luoghi artificiali.  Anche Pascoli si rifugiava nel nido domestico attraverso l'idea di fanciullino scappando dalla realtà di tutti i giorni.

IL FANCIULLINO 

Il fanciullino fu un racconto in prosa su come fosse la sua poetica e secondo lui il poeta è un fanciullino, che è quella parte infantile che rimane anche se nascosta a causa della ragione ma che i poeti fanno venire a galla  quando scrivono.

Il fanciullino guarda la realtà con occhi diversi da un adulto, in questo modo può scoprire ciò che c'è nascosto dietro ogni cosa, cioè verità nascoste.

IL SIMBOLISMO 

Le verità nascoste si vedono grazie al simbolismo, Pascoli rappresenta i particolari che non sono realistici che nascondono sempre una realtà nascosta e segreta. Tutto ciò che descrive ha un significato profondo che passa oltre l'oggettività.

LE OPERE 

Le poesie sono racchiuse in raccolte.

Myricae il cui nome viene preso da Virgilio nel testo la quarta bucolica e significa tamerici, cioè piante umili perchè le piccole cose per Pascoli sono molto importanti.

Questa raccolta contiene poesie scritte in un periodo piuttosto lungo quindi le poesie sono lontane nel tempo e nel significato,

Sono collegate dai soggetti che riguardano tutti  la natura, paesaggi che però hanno un significato simbolico.

I poemetti sono testi narrativi lunghi in cui la vita campestre è protagonista. Sono scritti in terzine, con molti termini presi dal dialetto anche americanizzato.

I canti di Castelvecchio  una raccolta di poesie musicali con nuove metriche in cui si possono trovare sia la natura che la famiglia.

LINGUAGGIO 

Pascoli vuole fondere la tradizione con nuove tecniche, utilizza un linguaggio semplice ma aggiungendo un tocco di bellezza tipico dell'estetismo decadente.

Con il suo linguaggio vuole sottolineare il simbolismo, utilizzando moltissimo onomatopee, e analogie, rompe legami logici ma anche di sintassi.

Pascoli  aumenta il vocabolario utilizzato anche con termini tecnici e prova nuove metriche.








giovedì 14 gennaio 2021

i due fuchi - Giovanni Pascoli

 i due fuchi - Giovanni Pascoli 

Pubblicata nel 1887 accolta nella 2° edizione di Myricae e profondamente rielaborata nella 3°, la lirica svolge un tema tipico del Decadentismo : l'incomprensione del poeta da parte del pubblico ( i due fuchi incapace di produrre il miele e cioè di produrre e comprendere la poesia). Ma il titolo rischia di essere fuorviante, perché ignora l'importanza dei primi cinque versi, che enunciano con grande lucidità e sintesi una poetica. I commentatori richiamano opportunamente una frase di Baudelaire ( la natura non è che un ammasso incoerente di materiali che l'artista invitato ad associare e a mettere in ordine) ma nel testo pascoliano c'é qualcosa di nuovo. Si osservi:

a) l'affisarsi del poeta che indica una strenua volontà di penetrazione in un universo torbido : in un mondo che non può offrire di sé se non un'immagine caotica;

b) il cogliere e chiudere l'universo in una parola lucida (ossia luminosa) e in un verso  dolce  che indicano un porre un ordine  coerente in una realtà fluida e dispersa portandovi la luce dell'intelletto  e la dolcezza umanizzante del sentimento;

i due fuchi
c) il creare, da parte del poeta  un sentire umano, opposto  a una realtà d'incubo (ombre vane  spettri nudi ) di continuo  visitata e devastata dalla morte.

L'universo  magmatico è quello offerto al Pascoli dalla sua educazione positivistica, ma privato  della luce di razionalità che la scienza pensava di avervi ritrovato e ridotto a una perenne vicenda di forze incognite incessanti d'un flusso  vitale continuo  di metamorfosi  d'un continuo morire e rinascere (ma anche il nascere era per il poeta un nascere per morte  come ci dirà nel '99 nel darle un volto attraverso una molteplicità di simboli


Tu poeta, nel torbido universo
t’affisi, tu per noi lo cogli e chiudi
3in lucida parola e dolce verso;

sì ch’opera è di te ciò che l’uom sente

tra l’ombre vane, tra gli spettri nudi.
6Or qual n’hai grazia tu presso la gente?

Due fuchi udii ronzare sotto un moro.
Fanno queste api quel lor miele (il primo
diceva) e niente più: beate loro!

E l’altro: E poi fa afa: troppo timo !




sabato 9 gennaio 2021

Giovanni Pascoli - le concezioni

 Giovanni Pascoli - le concezioni 

Giovanni Pascoli


la concezione pascoliana della realtà è fondata sull'avvertita, dominante  presenza di un mistero insondabile al fondo della vita dell'uomo e del cosmo . Mentre il positivismo, fiducioso nella scienza, aveva relegato l'inconoscibile ai margini della conoscenza, conoscenza, concependolo tuttavia come una sorta di territorio ignoto da sottoporre progressivamente a una ricerca condotta con metodo sperimentale il Pascoli ne fa il centro, l'interesse dominante e, in sostanza, statico d'una sofferta meditazione. 

La scienza a suo avviso ha confermato la sanzione della morte ha ricondotto nel momento in cui riconosceva di essere impotente di fronte a essa e incapace di vincerla, la mente dell'uomo alla coscienza del suo destino inesplicabile. D'altra parte, ha infranto  l'antica fede religiosa, anch'essa, peraltro, fallita dal momento che in tanti secoli non è riuscita a distruggere il lievito cattivo, per il quale sono ora temute a un tempo guerre coloniali, nazioni ed etniche.

Queste parole scriveva il Pascoli  nel discorso L'era Nuova  allo scadere del secolo XIX(l'era di cui parlava era il Novecento ) aggiungendo al timore di guerre sterminatrici rese più cruente dalla potenza delle macchine, quello d'una dura rivolta sociale delle classi oppresse. Ma la condizione attuale di pena era poi quella di sempre. L'uomo  brancola da sempre nel buio ignaro della sua origine e delle finalità del suo vivere; è un  essere fragile mosso da impulsi spesso insondabili e ciechi che lo spingono spesso all'odio e alla violenza. L'atteggiamento del Pascoli di fronte alla realtà è di conseguenza caratterizzato dalla vertigine provata davanti al mistero dell'essere da una perplessità angosciosa davanti al problema insolubile del dolore, del male, della morte.

L'era nuova terminava esortando l'uomo ad abbracciare con lucida consapevolezza il suo destino di creatura mortale. Questa doveva essere la sua nuova religione, congiunta a una rinnovata solidarietà con altri nell'amore e nel dolore Ne deriva un messaggio di fraternità e di pace che si ritrova  in molte liriche pascoliane, come nei Due Fanciulli .

Si tratta di un messaggio vagamente cristiano privo però di un tema essenziale del Cristianesimo  ossia del riconoscimento della responsabilità individuale  e fondato d'altra parte sulla volontà  di una suprema giustificazione della vita e su una ricerca ansiosa del divino che rimasero nel Pascoli  sempre insoddisfatte.

Se mai  il messaggio pascoliano potrebbe essere paragonato a quello leopardiano della Ginestra se non che manca nel Pascoli  la volontà della lotta eroica contro la natura e il destino. La natura è per il Pascoli buona  è una madre dolcissima contemplata e amata sia nella quiete  e nella dolcezza dei paesaggi campestri sia negli spazi sterminati dei cieli. Se i primi sembrano sussurrare una parola arcana ma dolce, i secondi ispirano spesso un senso di vertigine e di smarrimento col continuo nascere e morire anzi crollare in lo di mondi  e per la loro infinità che sembra quasi annullare il limitato destino dell'uomo. Certo  quello del Pascoli è uno spazio sterminato senza una direzione dove l'infinitamente grande  e l'infinitamente piccolo  -l'astro e il filo d'erba  - si toccano partecipano egualmente  dell'unico mistero della vita ; ma questa col suo continuo essere e rinnovarsi  con la vastità infinita e imponderabile è amata e poeticamente vissuta  dal poeta.

giovedì 3 dicembre 2020

Giovanni Pascoli - la sua poesia

 Giovanni Pascoli - la sua poesia 


La modernità della poesia pascoliana è legata soprattutto ai caratteri originali della sua sensibilità  e della sua tecnica espressiva 

Anche per lui la poesia fu soprattutto la via per cogliere, negli aspetti consueti dell'esistenza nelle piccole cose comuni e quotidiane la rivelazione di una vita segreta, un  profondo mistero da cui l'uomo si sente avvolto. Per questo gli oggetti della realtà più comune acquistano nella sua poesia rilevanza simbolica, costituiscono un costante richiamo alla concezione generale che egli ebbe della vita. I riferimenti simbolici che più costantemente ritornano sono quelli che si ricollegano alla nostalgia della casa e degli affetti familiari, di un piccolo mondo chiuso e protetto come un nido.

La poesia di Pascoli è quindi pervasa di un senso di solitudine  della condizione dell'uomo che trova il solo conforto nel ripiegamento verso la natura : questa non è però mai descritta con un discorso disteso e completo, ma con brevi tocchi con impressioni appena accennate sensazioni visive o musicali attraverso un linguaggio che si distacca nettamente dalla tradizione ottocentesca.

Esso non mira a definire ed a descrivere con esattezza, tende a suggerire atmosfere indefinite, ed ha nella ricerca della suggestione musicale la sua caratteristica fondamentale. La particolare musicalità pascoliana nasce soprattutto dall'uso di parole  frasi scelte per il valore onomatopeico, cioè capaci di rendere con l'accento ed il suono l'immagine che viene evocata.

Anche la metrica è scelta in funzione di questa ricerca espressiva : predominano i versi brevi, le strofe sono semplici e le rime facili .

Così pure la lingua si distacca da quella poetica tradizionale : nel descrivere aspetti comuni della natura Pascoli abbandona le forme auliche, si avvicina alla lingua comune, talora ricorre ad isolate voci dialettali 

Questa apparente facilità della musicalità, della metrica, della lingua nono deve però trarre in inganno: l'insieme di questi elementi tende ad evocare un mondo di emozioni indefinite e complesse, attraverso cui il poeta cerca di cogliere il senso misterioso della vita, del dolore e della gioia, della morte in cui tutto senza rumore scompare e da cui talvolta qualcosa riaffiora per farci provare la dolcezza della nostalgia, l'amarezza della speranza delusa o del sogno svanito.

Le più belle liriche sono raccolte nei volumi Myricae, Primi e Nuovi poemetti, canti di Castelvecchio; la prima raccolta è caratterizzata da rapidi quadretti e suggestive impressioni, le altre ne riprendono i motivi approfondendo la ricerca dei significati simbolici attraverso un linguaggio più complesso ed allusivo. Vanno ricordate poi le raccolte in  cui Pascoli si avvicina con sensibilità moderna al mondo classico (I poemi conviviali ed i poemetti in latino, Carmina) ed alcune prose tra le quali è notissima quella che contiene la teoria poetica di Pascoli, intitolata Il fanciullino.

mercoledì 6 dicembre 2017

Giovanni Pascoli

Giovanni pascoli

CENNI BIOGRAFICI

Giovanni Pascoli  quarto di dieci frattelli  ( Margherita, Ida, Giacomo, Luigi,  Raffaele, Carolina, una seconda Ida, Giulio) nacque  a San Mauro di Romagna  il 31 dicembre 1855 quattro minuti prima della fine dell'anno  nella casetta materna da Ruggero (amministratore della tenuta Torlonia) e da Caterina Allocatelli  Vincenzi.
Il periodo di tempo  1855-1862 segnò gli anni suoi felici dei giochi dei sogni dei primi studi.
Nel 1862 la prima ombra  di morte calò sulla sua famiglia serena portando via sua sorella Ida di sette mesi; da allora la morte sembrerà coi suoi funebri colpi battere al ritmo della giovinezza del Pascoli.
Nell'autunno di quell'anno 1862 assieme ai fratelli Luigi, Giacomo e Raffaele  fu condotto ad Urbino nel Collegio Raffaello tenuto dai Padri Scolopi. Qui Giovanni  compì le scuole  elementari  e dal 1865 frequentò il Ginnasio. In questo stesso anno  un'altra eco di morte risuonò nella sua casa; morì infatti sua sorella Carolina di cinque anni.
Nel 1867 e precisamente il 10 agosto alle ore 18 morì suo padre assassinato  mentre tornava a casa su di un calessino tirato da una cavalla storna.
Una scena veramente tragica e di profonda commozione si presentò nei colori più sconsolati alla famigliola che man mano andava assottigliandosi  la cavallina storna sul calessino insanguinato riportava a casa il padre di tante creature.
Poco dopo morì la primogenita di 18 anni. Nel 1868 consunta dal dolore morì la madre dell'ormai inconsolabile Giovanni.
Rimasero sette fanciulli  con scarsissimi mezzi e senza conforto di affetti. Nel 1871 Giovanni terminata la prima liceale e lasciata Urbino trovò rifugio nella famiglia Tognacci poi a Rimini presso il fratello Giacomo  perito agrimensore dove frequentò la secondo liceale . In questo anno morì il fratello Luigi.
Nel 1873 lasciò Firenze dopo aver sostenuto gli esami di licenza liceale  fu però rimandato in scienze  e si recò a Cesena dove in ottobre per i meriti letterari ottenne la licenza. Vinse la borsa di studio per l'Università.
Nell'anno 1876 morì il fratello Giacomo  già padre di due figli. Giovanni così rimase il capo della famiglia ridotta ormai a sole cinque persone.
Miseria e angoscia furono  le caratteristiche di questo periodo nel quale non dalla tristezza fu dominata l'anima di Giovanni ma dalla ribellione. Irreligione e spirito di rivolta o meglio di giustizia sociale distinsero in quegli anni la vita di Pascoli.
Dal 1876 al  1880 passò  cinque anni di ignavia e di ira. Nel 1879  dopo varie dimostrazioni socialiste per dei compagni condannati fu arrestato e rinchiuso nel carcere di San Giovanni al Monte vi stette dal 7 settembre al 22 dicembre.
Uscì assolto  ma ancora la fame lo tormentò fu su punto di uccidersi ma lo distolse la voce ammonitrice della madre morta.
L'ingiusta povertà e l'assassinio furono il fermento per tutto il suo umanissimo pensiero e la poesia futura.
Uscito dal carcere riprese gli studi  si laureò e iniziò la sua carriera di insegnante prima nel liceo di Matera 1882 poi in quello di Massa 1884-1887 e quindi  in quello di Livorno 1887-1895 in qualità di professore di latino e di greco.
Nel 1895 insegnò da straordinario grammatica greca e latina nell'Università di Bologna quindi senza concorso fu nominato Docente di Letteratura latina nell'Università di Messina dal romagnolo Giovanni Bonghi ministro dell'istruzione.
Nel 1903 si trasferì a Pisa e nel 1907 fu chiamato a succedere al Carducci nella cattedra di letteratura italiana nell'Università di Bologna.
Il 18 febbraio del 1912 già grave fu trasferito dalla sua casetta di Castelvecchio a Bologna dove il 6 aprile alle ore 15.30 morì.