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mercoledì 18 marzo 2020

Giovanni Verga

Giovanni Verga

Giovanni Verga (1840-1922) è il nostro grande prosatore della seconda metà dell'800. Nacque a Catania, dopo l'unità si trasferì a Firenze, allora capitale del regno, e quindi passò a Milano, dove più ricca  ferveva la vita artistica e letteraria e dove I problemi sociali  del paese erano più vivamente  sentiti gli ultimi  ventinove anni li trascorse nella città natale, dove morì  dopo una vita sostanzialmente povera di avvenimenti esteriori amareggiato dalla incomprensione del pubblico  e dei critici per la sua opera.
La sua esperienza letteraria fu ricca e molteplice. Iniziò  con romanzi storici  o languidamente sentimentali o ambientati nel mondo  aristocratico  frivolo e vuoto.
Maturatosi attraverso la lettura dei naturalisti francesi, trovò la sua vera via ispirandosi alla sua terra e alla sua gente, di cui  conosceva  il modo di vivere e di pensare I sentimenti le passioni e le sofferenze. Scrisse due raccolte di novelle, Vita nei campi ('80) e Novelle rusticane ('83)  che descrivono  personaggi semplici, povera gente della campagna, incatenati  a una vita di stenti  e di sacrifici accettati con rassegnazione  come se si trattasse di leggi fatali contro cui è inutile ribellarsi. Di un progettato ciclo di romanzi  intitolato  "I vinti " perché con essi voleva dimostrare che gli uomini sono dei vinti dalla vita  a qualunque ceto appartengano, Verga ne compose solo due I malavoglia ('81) e Mastro don Gesualdo ('89): il primo racconta la storia di una famiglia di poveri  pescatori di Aci Trezza travolta da una serie di disavventure e di disgrazie che solo alla fine vede profilarsi  la speranza di risollevarsi dalla malasorte  il secondo narra la vita di un muratore che col lavoro e la tenacia si arricchisce e sale nella scala sociale ma finisce miseramente  nel più completo isolamento e fallimento spirituale.
Il mondo verghiano è animato  dal pi cupo pessimismo : la vita è una lotta  nella quale si è destinati  alla sconfitta malgrado l'intensità e la costanza  dell'impegno che vi si mette. Ma la vera grande importanza dell'opera verghiana consiste nel linguaggio nello stile. Lo scrittore non racconta, ma lascia per così dire che le cose si raccontino  da sè: la vicenda procede come vista e filtrata dalla coralità dei personaggi che la vivono ripensandola e commentandola con la propria esperienza e sensibilità. La lingua  e la sintassi di Verga sono un'assoluta novità : la forte  impronta dialettale dà particolare rilievo  di autenticità e di verità  a cose e persone, portandole in un certo senso alla luce dall'interno  della coscienza  dei protagonisti e di chi gli si muove attorno.
Le rimanenti  opere narrative verghiane romanzi e novelle non sono ambientate in Sicilia me non hanno perspicuità e la grandezza delle quattro che abbiamo citato. Questo forse comprova quanto l'arte di Verga sia legata al linguaggio e alla terra d'origine.

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