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giovedì 27 giugno 2024

Il purismo - la questione della lingua

 IL purismo - la questione della lingua


Il ravvivarsi della tradizione nazionale nella coscienza letteraria si manifesta anche nel rinascere della questione della lingua, intesa come lingua scritta, non parlata , e come stile, secondo un'impostazione armai plurisecolare del problema. Si  è visto come, nel corso dei secoli,  tale questione non fosse stata una mera invenzione di retori, ma la manifestazione forse unica dell'ideale sentimento di una comune italianità  proposto dalla comune tradizione letteraria, anche se quasi del tutto privo di riscontri sul piano politico. Ora tuttavia si ha una consapevolezza maggiore che il problema della lingua coinvolge quello dell'unità culturale italiana - e quindi della produzione di testi atti a essere divulgati per tutto il Paese - ed è  espressione, come afferma il Monti , d'uno  "spirito di nazione", dato che la comune lingua letteraria è "l'unico  tratto di fisionomi ache ci conservi l'aspetto di una ancor viva e sola famiglia".

Intenzione comune è quella di reagire alla sciatteria dei prosatori dell'ultimo settecento e al loro uso indiscriminato di francesismi, attuando un ideale di prosa classicamente elaborata e più conforme alle tradizioni espressive e al genio della lingua italiana, e legata, al tempo stesso, alla vita moderna europea. Anche qui, però, le soluzioni proposte riflettono  il contrasto dell'epoca  fra il vecchio e il nuovo, fra il tradizionalismo gretto e uno moderno e progressivo. Al primo appartengono i puristi di stretta osservanza, quali il napoletano Basilio Puoti  e colui che fu salutato come il maestro del purismo, il veronese padre Antonio Cesari(1760-1828), che pr pugnò  il ritorno ai modi e persino al lessico del Trecento, strumento adeguato, a suo avviso  per tutte le esigenze della cultura moderna. Il merito  maggiore di questi puristi sta nell'edizione e nella divulgazione di testi trecenteschi e nella ristampa accresciuta e corretta, opera del Cesari, del dizionario della Crusca. La loro soluzione del problema linguistico  era invece inattuale. 

Più moderna fu quella del piacentino Petro Giordani (1774- 1848) , scrittore  forbito che unì a un moderato purismo  linguistico una concezione classica dello stile. Nelle sue numerose prose d'arte (discorsi, elogi, panegirici, come quello  dedicato a Napoleone, scritti critici, epigrafi) volle unire lingua del Trecento e stile greco, giungendo ad attuare una forma di eloquenza limpida e sobria, che non fu senza effetto sul giovane Leopardi, Vagheggiò l'ideale di una letteratura colta e fervida di affetti, ispirata a nobili idealità  morali ed educative, rivolte ai legislatori, ai giovani, all'elevazione del popolo, animata da un sentimento degli ideali e delle glorie nazionali, che egli propugnò coraggiosamente negli scritti e nella vita, tanto che, dopo il 1815, subì frequenti preseguzioni e anche il carcere.Mancò alla sua opera vigore creativo, ma la sua figura appare fra le più nobili del suo tempo per la probità e per l'influsso che esercitò sui giovani: bati ricordare al sua amicizia con Leopardi, di cui intuì subito la grandezza. Anche la sua soluzione del problema linguistica restò tuttavia troppo aristocratica.