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mercoledì 24 aprile 2019

il mito troiano - Ugo Foscolo

il mito troiano - Ugo Foscolo

Negli ultimi versi del carme conclude il discorso poetico e celebra il valore civile della poesia in quanto questa si sostituisce, perpetuandone la memoria e la funzione ai sepolcri  quando saranno consumati dal tempo. Il ricordo delle imprese gloriose degli antenati in questo modo non scompare perchè resta affidato alla poesia, la cui voce dura in eterno : il mito troiano ne é una prova.
Attraverso la rievocazione del mito troiano e della figura di Omero il poeta ribadisce, come si è detto, l'alto valore umano e civile della poesia che, conservando I valori del passato, ispira le conquiste spirituali presenti e future della civiltà.
Infatti per Foscolo la civiltà dipende dalla poesia che ne consente lo sviluppo e l'arricchimento perché, rendendo immortali glorie e sventure, eroismi  e sacrifici, impedisce che il tempo  cancelli quanto l'umanità ha fatto lottando  per i propri ideali. E su questi valori e su questi ideali si fonda appunto la civiltà e il suo  significato di perfezionamento interiore degli uomini e dei popoli.
Dove un giorno fu la città di Troia  ora non c'è più nulla, eppure quel luogo è eternamente famoso, proprio in grazia  della poesia. Quando la ninfa Elettra, amata da Giove, si sentì  prossima alla morte, lo pregò di rendere immortale il suo ricordo e ne ottenne l'immortalità per la propria tomb. In quella tomba furono sepolti I suoi discendenti, fondatori di Troia ed essa diventò sacrario della città.
Ivi Cassandra profetizzò la caduta e la rovina della patria, annunziando, a consolazione delle divinità protettrici le quali sarebbero rimaste tra le rovine, che un giorno sarebbe venuto tra le macerie un poeta cieco : ascoltata la tragica vicenda di Troia, egli avrebbe immortalato I Greci vincitori  ma anche il glorioso sacrificio di Ettore  e dei suoi

martedì 23 aprile 2019

le tombe di Santa Croce - Ugo Foscolo

le tombe di Santa Croce - Ugo Foscolo

Quando parla delle tombe di santa croce esalta la funzione civile delle tombe dei grandi, che spingono gli animi generosi ad imitare l'esempio dei più nobili e gloriosi tra gli antenati, dei quali rendono perenne ricordo e fanno rivivere, inalterato, lo spirito.
Le tombe dei grandi rendono belle e sacra la terra che le ospita. Così è di Firenze. Quando  Foscolo visitò la chiesa di Santa Croce con le tombe di Macchiavelli, di Michelangelo  e di Galileo, gridò la sua ammirazione alla città fortunata per il clima ridente e salubre per aver dato a Dante I natali e a Petrarca i genitori e la lingua, ma soprattutto perché conserva le tombe in Santa Croce le glorie italiche le uniche che ci sono rimaste dopo invasioni  e predominio straniero di secoli. A queste tombe dovranno venire ad ispirarsi gli Italiani, quando nuovamente proveranno desiderio di gloria, proprio come vi veniva Alfieri, angosciato dalle sventure presenti della patria ed animato dalla speranza nel futuro. Anch'egli  ora é sepolto  in Santa Croce : dal sacro silenzio del tempio spira una voce, la voce dell'amor patrio, quella stessa voce che spinse I Greci a lottare contro I Persiani a Maratona. Le tombe dei vincitori di Maratona fanno rivivere agli  occhi del navigante, nella quiete notturna, I fantasmi eroici della gloriosa battaglia, rinnovando nel suo animo I sentimenti  degli eroi caduti per la libertà della loro terra.
Il passaggio dalla celebrazione del tempio di Santa Croce all'antica Grecia dà alla lirica un respiro  più vasto  e universale. La passione civile e politica che freme tra i versi e la rievocazione della leggendaria battaglia di Maratona mostrano chiaramente la complessa spiritualità di questo poeta che sull'educazione  e sul culto dei classici innesta una fremente sensibilità romantica.

lunedì 15 aprile 2019

i Sepolcri - Ugo Foscolo

I Sepolcri

La poesia della fine del '700 fu caratterizzata prevalentemente da due tendenze la neoclassica e la preromantica. La  prima tendeva alla celebrazione dell'antica Grecia, simbolo di bellezza e di armonia, la seconda indulgeva a sentimenti malinconici e a descrizioni  lugubri. Nel gusto preromantico rientra la così detta poesia sepolcrale che canta le tenebre notturne, i cimiteri e il triste pensiero della morte, e che fiorì  soprattutto in Inghilterra ed è rappresentata ad esempio dalla famosissima Elegia su un cimitero di campagna di Thomas Gray (1716-1771). Il carme foscoliano pubblicato ne 1807 rientra nel genere sepolcrale, ma si stacca dai modelli contemporanei per la sua ispirazione civile e morale : lungi dall'essere un lamento per l'ineluttabilità della morte. I Sepolcri foscoliani sono una celebrazione della vita eroica e dei valori spirituali che guidano l''uomo. Prendendo spunto dall'imminente estensione all'Italia di Saint-Cloud che vietava le sepolture entro gli abitati urbani il poeta riflette sull'utilità dei sepolcri per concludere che essi non portano nessuna utilità ai defunti, ma sono importanti per i vivi perché danno loro l'illusione che i morti non sono morti del tutto se una tomba continua a perpetuarne il ricordo  tra i viventi. In questo modo il culto dei morti che non lascia perire il ricordo dei trapassati e degli ideali in cui credettero, consente e garantisce lo sviluppo della civiltà in quanto questa si fonda appunto sulla conservazione del patrimonio di quei valori spirituali e sull'esempio dei sacrifici che ciascuna generazione ha saputo affrontare per realizzarli : in particolare vale il culto degli spiriti  più grandi  del passato in cui i popoli riconoscono e al cui insegnamento ritornano nel momento della rinascita nazionale.
Così per gli italiani  la chiesa di Santa Croce in Firenze, dove sono sepolti i grandi del passato è il tempio sacro della patria, che di lì parla ai suoi figli  attraverso quei sepolcri  ispirandoli a lottare per la libertà. Quando le tombe cadranno distrutte dal tempo il loro messaggio sarà perpetuato dalla poesia che è eterna : ne è la prova la lirica di Omero che ancor oggi fa rivivere in noi il sacrificio di Ettore per la salvezza della patria troiana.

martedì 26 marzo 2019

A Zacinto - Ugo Foscolo

A Zacinto - Ugo Foscolo

Il poeta in esilio, lontano dall'isola nativa, dove trascorse l'infanzia serena, e ripensa a lei con profonda nostalgia, sapendo di non potervi mai più tornare, la rivede con il cuore nella sua smagliante bellezza, tra le acque  del mare, da cui nacque la dea Venere, simboli di bellezza e della vita, la quale con il suo primo sorriso donò a quelle isole lo splendore di una ricchissima vegetazione e un clima incantevole.
Quell'incanto  di cielo e di verde rivive nella poesia del più grande poeta greco, Omero; ma nei suoi versi è anche raccontata la storia tristissima di Ulisse, costretto dal fato a navigare per tanti mari  avversi, prima di poter riabbracciare, reso ormai illustre dalla fama e dalla sventura, la sua nativa Itaca, un povero isolotto pietroso. Il Foscolo però ha un destino assai più amaro  dell'eroe greco, perché rivedrà mai più la sua bellissima terra: a lei  potrà lasciare  solo la sua poesia, mentre il suo cadavere verrà sepolto in terra straniera e nessuno piangerà sulla sua tomba .
In questo sonetto accanto al motivo dell'esilio  e del tormento per non  poter più rivedere l'amata terra natia, il poeta esprime la propria incantata ammirazione per l'antica civiltà greca, simboleggiata appunto dalla bellezza di Zacinto e dall'altissima poesia di Omero.
Il culto  della Grecia, come ideale di purezza, di armonia  e di perfezione rientra  nel gusto neoclassico, ma non fu estraneo  neppure ai romantici  che videro nella Grecia una specie di paradiso perduto dove poter dimenticare  i loro tomenti interiori.
Anche nella Grecia esisteva il dolore : ne è  la prova l'esilio di Ulisse. Ma alla fine Ulisse  ritornò in patria ritrovando pace e felicità, cosa che è negata al Foscolo


Nè più mai toccherò le sacre sponde
    Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
    Zacinto mia, che te specchi nell’onde
     Del greco mar, da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
    Col suo primo sorriso, onde non tacque
    Le tue limpide nubi e le tue fronde
     L’inclito verso di colui che l’acque

Cantò fatali, ed il diverso esiglio
    Per cui bello di fama e di sventura
     Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
    O materna mia terra; a noi prescrisse
     Il fato illacrimata sepoltura.
ace e felicità, cosa che è negata al Foscolo

venerdì 22 marzo 2019

in morte del fratello Giovanni - Ugo Foscolo

in morte del fratello Giovanni  - Ugo Foscolo

Il poeta, vagante in esilio lontano da Venezia, pensa al fratello morto, ma non sa quando potrà fermarsi e tornare a piangerne la giovinezza, immaturamente stroncata dal destino, sostando sulla sua tomba. Presso di essa ora è solo la vecchia madre :  alla spoglia che non può darle risposta parta del fratello esule, il quale da lontano pensa a loro, angosciato dalla sventura e tanto profondamente deluso dalla vita. Quando il poeta dalla sua terra d'elisio saluta col cuore la patria perduta, allora comprende meglio le avversità della vita e i tormenti, che sconvolsero la beve esistenza del fratello, e ne invidia, desiderandola anche per sé, la pace che finalmente ha trovato nella morte. Di tante speranze giovanili ora non resta dunque che l'attesa della morte, portatrice di pace, che ponga fine ai travagli e alle delusioni. Ma perché il pensiero della morta sia più dolce, il poeta rivolge un'accorata preghiera agli stranieri, presso i quali morirà esule : restituiscano allora il suo cadavere alla povera madre, che ne avrà lieve conforto. E con lei  lo stesso poeta.
Il sonetto è ispirato al famoso carme che il poeta latino Catullo compose sul sepolcro del fratello nella lontana Bitinia, raggiunta dopo un lungo viaggio: ma mentre nel carme latino il motivo ispiratore è il dolore fraterno, qui al centro della poesia foscoliana  campeggia il dramma dell'esule che non può piangere sulla tomba del fratello né consolare la madre. La triste sorte dell'infelice famiglia è simboli della profonda infelicità dell'esistenza, che sono nella morte può trovare la pace.
Si noti la delicatezza del poeta, che non accenna al suicidio del fratello: è un tratto di fraterna pietà, che rende ancora più suggestiva e poetica la figura del giovane di cui lascia nel vago i profondi travagli spirituali. Il giovane Giovanni Dionigi Foscolo, ufficiale di artiglieria nell'esercito napoleonico, si uccise a vent'anni, nel dicembre del 1801; il sonetto è stato scritto l'anno successivo



IN MORTE AL FRATELLO GIOVANNI


Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
     Di gente in gente; mi vedrai seduto
     Su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
      fior de’ tuoi gentili anni caduto:

La madre or sol, suo dì tardo traendo,
     Parla di me col tuo cenere muto:
     Ma io deluse a voi le palme tendo;
      E se da lunge i miei tetti saluto,

Sento gli avversi Numi, e le secrete
     Cure che al viver tuo furon tempesta;
      E prego anch’io nel tuo porto quiete:

Questo di tanta speme oggi mi resta!
     Straniere genti, l’ossa mie rendete
      Allora al petto della madre mesta.

mercoledì 20 marzo 2019

alla sera - Ugo Foscolo

alla sera - Ugo Foscolo

La sera è particolarmente cara al poeta, perché  essendo l'immagine della morte, gli arreca pace e serenità. In ogni  stagione, sia quando essa giunge accompagnata dalle limpide nubi  dell'estate e dai tiepidi venticelli primaverili, sia quando  porta agli uomini, dal cielo gonfio di neve, le incerte e lunghe tenebre invernali  il poeta invoca la sera, che gli scende nell'animo  con infinita dolcezza. I suoi  pensieri vagano allora verso la morte e il nulla che ad essa segue; intanto il tempo  passa e con lui se ne vanno i dolori e gli affanni che lo tormentano. Immerso nella contemplazione della pace serale, il poeta dimentica se stesso, mentre il cuore si placa quello spirito di ribelle scontentezza che perennemente freme nel suo animo.
Il sonetto unisce  due elementi tipici della lirica romantica: il senso della natura e il senso tomentoso della vita. La natura è sentita come specchio e conforto dell'anima : l'uomo in essa si riconosce e in essa soltanto può trovare pace alle sue sofferenze interiori. Il cupo tormento spirituale del poeta descritto  sullo sfondo della serena dolcezza della sera ci mostra drammaticamente il destino di dolore e di angoscia di un uomo che sa di poter trovare l'agognata pace sono nella morte.

                                          
ALLA SERA
Forse perchè della fatal quïete
    Tu sei l’immago a me sì cara, vieni,
    O Sera! E quando ti corteggian liete
     Le nubi estive e i zeffiri sereni,

E quando dal nevoso aere inquiete
    Tenebre, e lunghe, all’universo meni,
    Sempre scendi invocata, e le secrete
     Vie del mio cor soavemente tieni.

Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme
    Che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
     Questo reo tempo, e van con lui le torme

Delle cure, onde meco egli si strugge;
    E mentre io guardo la tua pace, dorme
     Quello spirto guerrier ch’entro mi rugge.
           

martedì 19 marzo 2019

Ugo Foscolo

Ugo Foscolo

Ugo Foscolo (1778-1827) ebbe la ventura di vivere una vita ricca di esaltanti esperienze e fremente di generose passioni, una vita tipica di un "eroe romantico" con tutti gli slanci e le contraddizioni  di quell'età . Nato nell'isola ionia di Zacinto  da padre veneziano  e da madre greca respirò nell'infanzia i miti e il fascino dell'antica Ellade, che gli lasciò nel cuore  la nostalgia di un'età luminosa e irrepetibile di bellezza e di armonia. Alla morte precoce del padre, ancora ragazzo seguì la madre a Venezia, dove conobbe miseria e povertà , ma fervido d'ingegno com'era, studiò profondamente i classici antichi, gli autori  contemporanei e gli illuministi facendosi ben presto una vasta cultura letteraria e filosofica e mettendosi anche in luce per una adesione tanto appassionata  alle idee rivoluzionarie che lo costrinse all'esilio. Ammiratore entusiasta di Alfieri e di Napoleone, l'uno cantore vigoroso e l'altro campione indiscusso della libertà, partecipò  alla vita politica della appena nata repubblica democratica di Venezia finchè  il trattato di Campoformio, con cui la città fu ceduta all'Austria, lo prostrò  in una profonda e amara delusione nei confronti sia di Napoleone  verso il quale, a causa di questo tradimento , da allora guardò sempre con diffidenza, sia degli italiani amanti della libertà  a parole ma sostanzialmente vili e spiritualmente schiavi dell'animo . Da quel tragico evento cominciò  il suo lungo esilio lontano dalla patria diletta e dalla madre amatissima : passato a Milano e a Bologna, in qualità di ufficiale dell'esercito della Repubblica Cisalpina partecipò gloriosamente alla compagna del 1799-1800 ricevendone encomi e ferite. Dopo un breve soggiorno a Firenze e a Milano - dove pubblicò  le sue prime opere : Le ultime lettere di Jacopo Ortis, I sonetti e le odi  - nel 1804 seguì l'esercito napoleonico sulle coste della Manica per la progettata ma mai effettuata  invasione dell'Inghilterra; incapace di sopportare un lungo periodo di inattività, dopo due anni tornò a Milano , pubblicò i Sepolcri  (1807) , tenne per un breve tempo  la cattedra di letteratura all'Università di Pavia per passare quindi a Firenze  in un clima più libero perchè politicamente meno ossequiente a Napoleone : qui iniziò  il poema Le Grazie , lunga e ininterrotta fatica dei suoi ultimi anni, destinato a rimanere incompiuto. Alla caduta di Napoleone si precipitò a Milano , riprese il suo posto nell'esercito, ma  quando  gli Austriaci  ritornati padroni del Lombardo-Veneto  pretesero il giuramento di fedeltà da parte degli ufficiali, solennemente rifiutò  e preferì  andare in esilio : dopo un breve soggiorno in Svizzera, nel 1816 si stabilì definitivamente nella libera Inghilterra dove trascorse  a Londra , gli ultimi anni  tra crescenti difficoltà, stenti, malattie. Nel 1871 , quando Roma diventò la capitale di quell'Italia  che egli aveva sognato rinata alla virtù, alla dignità civile alla libertà, le sue ossa furono traslate dall'oscuro cimitero inglese di Chiswick alla chiesa fiorentina di Santa Croce, che egli aveva celebrato nei Sepolcri come il tempio sacro alle glorie della patria.
Alle vicende che abbiamo  appena narrato e che ci hanno mostrato un Foscolo appassionato difensore della libertà e amante della patria, coraggioso, intemerato, incapace di doppiezza e viltà, strenuo lottatore per le proprie idee e per la propria opera di uomo, di soldato e di scrittore, bisogna aggiungere la lunga serie degli amori e delle passioni  che travolsero la sua esistenza senza dargli quella pace interiore a cui tormentosamente anelava : delle numerose figure femminili  che sconvolsero il suo cuore ricorderemo solo la "donna gentile" Quirina Mocenni Magiotti, che  con le sue lettere da lontano lo confortò  nell'esilio londinese e fu la donna più spiritualmente vicina alla sua anima generosa , ma perennemente travagliate e inquieta.
La produzione lirica del Foscolo comprende due odi, dodici sonetti il carme I Sepolcri e il poemetto Le Grazie, rimasto incompiuto.
Mentre l'ispirazione e il linguaggio delle Odi e delle Grazie sono classicheggianti  ed esaltano la bellezza come l'armonia formale e spirituale, il mondo poetico dei Sonetti nasce da una sensibilità intensamente romantica  che richiama le Ultime lettere di Jacopo Ortis : in essi  infatti vibrano  il tormento della sua anima ribelle, l'angoscia dell'esilio, il senso cupo di un destino avverso che solo con la morte porrà termine alle sofferenze e darà l'agognata pace. La vicenda personale del poeta si allarga alla natura e a tutti gli uomini : con i Sepolcri investe l'intera storia dell'umanità per trovare consolazione e conforto nella poesia