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mercoledì 29 novembre 2017

Giosuè Carducci

Giosuè Carducci

CENNI BIOGRAFICI

Il Carducci è l'espressione più originale e vigorosa dell'anima poetica dell'Italia nella seconda metà de secolo XIX.
Egli nacque  in Val di Castello frazione Pietrasanta in Versilia il 27 luglio  1835 secondogenito dal medico Michele d'antico  sangue fiorentino  e da Ildegonda Celli.
Il padre carbonaro per i fatti del 183 in Toscana, patì prigionia  e relegazione passò per le sue idee politiche di condotta in condotta  e nell'aprile  del 1849  da Saiatico  riparò in Firenze  dove studiò  presso i Padri  Scolopi.
Laureatosi a Pisa nel '56 ebbe una cattedra nel ginnasio granducale di San Miniato al Tedesco.
Nel '58 vinse il concorso per il ginnasio municipale di Arezzo, ma per l'accusa di empietà religiosa il governo non rettificò la nomina. In seguito  alla morte  del padre e del fratello maggiore Dante passò a Firenze dove studiò alacremente  e cercò di provvedere  anche alla madre ed al fratello minore Valfredo  curando le edizioni  di classici per l'editore Barbera.
Nel '59  sposò Elvira Menicucci da cui ebbe 4 figli di questi Dante morì  bimbo di tre anni con suo sconsolato dolore.
Nell'agosto del '60 era professore al liceo di Pistoia quando Terenzio  Mamiani  ministro dell'istruzione lo chiamò ad insegnare letteratura italiana nell'Università di Bologna.
La sua vita fu tutta dedita alla poesia alla scuola alla famiglia e alle battaglie civili.
Verso il '60  era stato liberale  sabaudo dopo i fatti di Aspromonte fu repubblicano. In tale qualità venne eletto  deputato al Parlamento per il Collegio di Lugo, nel '76.
Verso l'80 si  riconciliò con la monarchia per quell'onesto  senso della storica necessità cui si erano già spiegate le tempre di Garibaldi e Crispi  cioè l'amore patrio preminente  ad ogni considerazione di partito.
Nel '90 fu nominato Senatore del regno. Nel 1904  gravi condizioni di salute lo costrinsero a lasciare l'insegnamento  dopo quarant'anni di servizio, cui  aveva atteso con mirabile zelo e con fiero senso del dovere.
Ebbe dal governo  la medesima pensione assegnata al Manzoni  nel 1906:
La Svezia gli conferì il premio Nobel  per la letteratura.
Il 16 febbraio 1907 morì a Bologna.

LE OPERE

Iuvenilia - contengono disdegni del Carducci  per il romanticismo  disdegni che si concretano spesso con gli ammonimenti patrii e morali. Il poeta si fa vindice del suo  pensiero "nello squallore de l'etade obliqua".

Levia Gravia- Raccolta nella quale compaiono  vagheggiamenti  nella natura quadri storici  e celebrazioni  pattriottiche.

Inno a Satana - E' suggestivo in alcune immagini  specialmente in quella finale  del treno ferroviario; l'inno tratta materiale che sarà sempre poi caro al poeta. IN Satana il Carducci  vede non l'anticristo  ma il moderno Prometeo, che rompe le secolari catene che lo legano per agire secondo verità e pure civiltà.

Giambi e Epodi - Poesie che, per lo sdegno satirico, si atteggiano come i Giambi di Archiloco poeta greco e per il contenuto politico ricordano gli Epodi di Orazio poeta latino. Di fronte al generale sconforto  degli italiani  per la sconfitta di  Lissa e Custoza il poeta si leva indignato a fustigare i fiacchi e gli imbelli.

Intermezzo - segna il passaggio dai Giambi ed Epodi alle Rime Nuove; contiene canti di polemica letteraria diretti non solo  contro i Romantici  ma contro tutti gli assertori o seguaci di tendenze alle quali il Carducci  si sentiva contrario.

Rime Nuove - Queste hanno varie inspirazioni . IN esse spira una serena contemplazione della natura  e una sentimentale ondata di memorie giovanili. Il canto  più famoso è senza dubbio "Davanti San Guido " dove il poeta immagina di conversare con i cipressi che lo videro bambino e adombra della novella della nonna Lucia il dileguarsi del giovanile incanto lamentato nel sonetto Traversando la Maremma Toscana.

La Canzone di Legnano  e  Ca ira - Qui canta ribelli ed eroi; assurge evocare i fasti della Lega Lombarda nella prima e nei sonetti Ca ira rappresenta i primi terribili episodi della Rivoluzione Francese.

Le Odi Barbare- L'arte carducciana nella Odi Barbare raggiunge la più alta espressione. Queste Odi  sono chiamate barbare dal poeta perché cerca di rendere  gli schemi della metrica della poesia greca e latina con il sistema accentuativo anziché quello  quantitativo rivelando così che sono scritti da un barbaro cioè da un poeta non greco né romano. In esse si fondano i primi essenziali e vitali elementi della ispirazione del Carducci e l'unità di sentimenti diventa melodiosa euritmia.
Vate della terza Italia egli da Toma trae i più fulgidi auspici; vuole compiuta l'Italia sino ai suoi confini etnici; esalta  le figure dei liberatori di Garibaldi in specie.

Rime e Ritmi - In questi componimenti poetici più intimi si fanno i colloqui con l'infinito  che attende il poeta nel suo mistero e su chi la già respinte fede di Cristo getta un raggio e diffonde un cantico.

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